Devo

live report

Devo @ Congress Theater Chicago Il

05/08/2010 di Andrea Rossi

Concerto del 05/08/2010

#Devo

Nella formidabile cornice del Congress Theater di Chicago, dopo un estenuante dj set di oltre 2 ore ed un buon opening act dei Dirty Projectors, intorno alle 23, con clamoroso ritardo sull’orario previsto, il maxischermo posizionato come sfondo del palco introduce i Devo con una rapida carrellata di immagini tratte dai video storici del gruppo, che accompagnerà parte del concerto.
Mamme americane che preparano il mashed potatoes, ciambelle nel cui buco si infilano patatine fritte volanti, tostapani verso cui si lancia Booji Boy, il personaggio del bambino de-voluto creato ad inizio ’70, astronavi e rapimenti alieni, scene di sesso debitamente censurate, allusive pompe di benzina, hamburger e tutto l’armamentario dell’american dream secondo la prospettiva della Devolution.
Loro entrano subito nel vivo della faccenda, irrompendo di corsa sul palco in tenuta militare, ed attaccando una versione irresistibile di ´Don’t Shoot´, dal recente album ´Something for Everybody´, seguita a ruota da ´Peek a Boo´, ed alternando puntualmente brani nuovi e vecchi.
Il pubblico li aspetta da ore, sotto il palco si ondeggia circondati da teste che indossano con orgoglio gli energy dome (i copricapi inventati nel periodo Freedom fo Choice, ispirati da Bauhaus e tempi aztechi, ma a forma di vaso da fiori), mentre in platea si pavoneggiano anziani fan in tuta bianca applauditi dal resto del pubblico…viene da pensare che la Devoluzione esista davvero.
Senza rallentare un attimo i Devo sparano il primo gruppo di brani, suonando millimetrici, allineati, diretti e senza una sbavatura, trainati dal carisma di Mothersbaugh, la cui vocalità ironica e dolente appare in gran forma, dalla batteria tirata ed essenziale di Freese, e dagli inseguimenti di chitarre e synth .
Il set si impenna con ´Fresh´, in versione marcia nevrotica, seguita da capolavori come ´Girl U Want´, una ´Whip It´ che sembra suonata da un mutante a spasso per Nashville, e ´Planet Earth´.
Dopo il doveroso lancio di energy dome sul pubblico, qualche secondo per un rapido cambio d’abito e i ´ragazzi´ tornano correndo sul palco in tuta gialla (finalmente!) per attaccare un secondo set in cui le tastiere sono abbandonate (le userà saltuariamente il solo cantante) per passare ad una frontline di chitarre, che sostengono versioni stellari di Mongoloid (si può ancora dire punk?), Jocko Homo, e Smart Petrol/DNA.
E’ Mark Mothersbaugh che guida le danze, saltellando sul palco travestito da pon pon girl, strappando pezzi di tuta alla band, che alla fine resta in tenuta ´sportiva´ con tee, pantaloncini e parastinchi, e gettandosi sulle prime file per farle cantare. Unica sbavatura, un assolo di chitarra di Bob Mothersbaugh che è poco in linea con l’insieme, ben lontano da clichè mainstream.
Pubblico entusiasta, seguono un paio di bis con il cantante in tenuta Booji Boy a scaldare ulteriormente gli animi lanciando palle di gomma sul pubblico festante, fine dei 90 minuti d’orologio di musica e tutti a casa.
Certo, ad oggi nel 2010, rimangono alcune dolorose questioni di fondo, perché è scontata la risposta su chi abbia vinto tra music biz e gli alfieri della Devolution, dato che il loro tentativo di rovesciare il sistema dall’interno non è riuscito e la forza disturbante della loro musica si è fisiologicamente diluita nel tempo.
Detto questo, è però innegabile che i Devo siano stati uno dei gruppi più geniali della scena ’80, che il loro concept di rivolta postmoderna sia ancora un punto di riferimento, e che un loro live sia sempre un ´great show´.
Perché, alla fin fine, hanno comunque ragione loro: we are not men! E in serate come questa va bene così.

Line up:
Gerald Casale: basso, synth
Mark Mothersbaugh: voce, synth
Bob Mothersbaugh: chitarra
Bob Casale: chitarra, synth
Josh Freese: batteria

Setlist:
Don’t Shoot (I’m a Man)
Peek-a-Boo
What We Do
That’s Good
Fresh
Girl U Want
Whip It
Planet Earth
Uncontrollable Urge
Mongoloid
Jocko Homo
Smart Patrol/Mr. DNA
Gates of Steel

Bis:
Freedom of Choice
Beautiful World