Green Day

live report

Green Day Roma, Ippodromo Capannelle

05/06/2013 di Arianna Marsico

Concerto del 05/06/2013

#Green Day#Rock Internazionale#Punk

Non vedevo un concerto dei Green Day dal lontano 2005, anno dell’Heineken Jammin Festival di Imola. E tante cose sono cambiate. Tra i presenti si trova ogni fascia di età. Dai quaranta-cinquantenni  scatenati (non necessariamente venuti per accompagnare i proprio pargoli) ai sedicenni passando per i trentenni un po’ nostalgici. Ma tanta varietà si abbina a diverse reazioni da parte del pubblico ai brani. A parte qualche eccezione da Dookie , sono pochi i brani post American Idiot (2004) che scatenano i sedicenni e li fanno cantare. Un po’ mi amareggia, un po’ forse è anche giusto così, ad ogni età i suoi inni.

Ma veniamo allo spettacolo.

Billy Joe 41 anni e non sentirli! A dispetto delle recenti vicissitudini in rehab, Billy non si risparmia per due ore e mezza. Corre qua e là e salta con tutto il fiato in corpo. La band lo segue a meraviglia. A prescindere dai dischi non sempre all’altezza (Warning o  l’ultimo ¡TRÉ!) on stage i Green Day non hanno perso un colpo, e questa è una gran gioia. Billy trasuda energia ed amore per il pubblico, tra esortazioni a tenersi stretta la gioia e bestemmie in italiano che gli vengon fatte leggere per uno scherzo dello staff.

Si inizia con 99 revolution e Know your enemy. Una botta di adrenalina dal passato più recente per la band, che prosegue per un bel po’. Ma visto che nonostante il successo recente i nostri eroi non si sono scordati delle radici, da Holiday si ricomincia ad zigzagare un po’ anche per il passato più remoto (con grande gioia di chi non è più teenager da un po’). Vecchio e nuovo vengono sapientemente dosati per tenere unito il variegato pubblico. Boulevard of broken dreams è cantata da tutti al punto che Billy potrebbe quasi far riposare le corde vocali. E’ però con Nice guys finish last che si riassapora appieno la verve irriverente del trio californiano. Waiting e Missing you appaiono piacevoli diversivi rispetto all’arrivo di Burnout  e della tagliente e surreale Hitchin' a ride (“Cold turkey's getting stale, tonight I'm eating crow. Fermented salmonella poison oak no”). E poi il primo colpo basso al cuore con Welcome to paradise, con le immagini dei  degradati slums da cui è germogliata la loro creatività e l’attacco potente e commovente insieme “Dear mother can you hear me whining?”. La nichilista Longview scalda i più grandi ma non i sedicenni e porta dritta a quello che per la scrivente è stato il più bel regalo della serata. Un pezzo che non pensavo avrei mai sentivo dal vivo, nonostante la buona abitudine dei Green Day di suonare anche qualcosa dal loro primo album 1,039/Smoothed Out Slappy Hours (1990). Ed arriva quel flower-punk che parla di amori sbocciati e tremanti, quella piccola perla che è Going to Pasalacqua. Davvero un colpo basso. Quasi mi vengono gli occhi lucidi e tanti bei ricordi mi sbranano viva.

 Fa capolino dal passato anche il divertissement di Knowledge e poi si ritorna al passato più recente con  la scoppiettante St. Jimmy.Ma è solo un attimo, perché poi arriva un trio al fulmicotone degno del miglior pogo nelle prime file: When I come around, Basket case e She senza lasciare un attimo di respiro. Adolescenti paranoici di ieri e di oggi cantano e saltano tutti insieme, senza differenza alcuna.

La divertente King for a day fa da traino ad un medley che include anche  (I can't get no) Satisfaction ed Hey Jude, tanto per non scontentare nessuno. Minority con la sua armonica accompagna alla chiusura della prima parte del concerto.

Il bis inizia con il feroce attacco a Bush Jr di American Idiot, un dettagliato elenco delle malefatte dell’ex presidente USA con una determinata affermazione di ribellione “Don't wanna be an American idiot”. Arriva poi la maestosa suite di Jesus of Suburbia, piccolo concept nel concept, stranamente mancano gli accendini per accompagnarla. Brutal love dall’ultimo  ¡TRÉ! Scalda i cuori ma fa quasi temere che I Green Day ci tirino un brutto scherzo. Ed invece eccola lì, splendida senza orpelli se non la chitarra, Good riddance (time of your life). I violini assenti sul palco suonano nel cuore di ognuno. Le barriere tra sopra e sotto il palco si annullano, è tutto un cantare all’unisono.

 E anche stasera ognuno se ne torna con un tatto of memories  da tenersi stretto stretto e ricordare con un dolce sorriso.

Setlist

99 revolutions

Know your enemy

Stay the night

Stop when the red lights flash

Letterbomb

Oh love

Holiday

Boulevard of broken dreams

Stray heart

Nice guys finish last

Waiting

Missing you

Burnout

Hitchin' a ride

Welcome to paradise

Longview

Going to Pasalacqua

Knowledge

St. Jimmy

When I come around

Basket case

She

King for a day

Medley: Shout/Teenage kicks/Always look on the bright side of life / (I can't get no) Satisfaction/Hey Jude

X-kid

Minority

BIS

American idiot

Jesus of Suburbia

Brutal love

 

Good riddance (time of your life)