live report
Steve Earle & The Dukes Pusiano - Buscadero Day
Concerto del 04/07/2018
#Steve Earle & The Dukes#Americana#Songwriting The Masterson Steve Earle & The Dukes
"Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria"
Non credo che Steve Earle abbia mai ascoltato De Andrè, però, probabilmente, i due si sarebbero apprezzati e reciprocamente ammirati. La cosa sicura è che il verso di Smisurata Preghiera sembra appositamente scritto per il fuorilegge di Fort Monroe. Una vita che ne racconta altre dieci, sempre sul filo del rasoio, a volte oltre, cadute rovinose e incredibili resurrezioni, denominatori comuni l'orgoglio, il coraggio e la fierezza. Pochi compromessi, diplomazia zero, ipocrisia meno di zero. Riavvolgo il nastro di una serata in cui il Lago di Pusiano abbraccia il Parco Comunale in una morsa tra caldo e zanzare, Giove Pluvio decide che stasera vuole godersi anche lui una bella serata di r&r, per cui rimanda a piu' tardi l'appuntamento con lampi, tuoni e pioggia. Aprono la serata Chris Masterson e Eleanor Withmore, al secolo The Mastersons, duo texano da alcuni anni in pianta stabile nell'organico dei nuovi Dukes. All'attivo per loro anche una carriera in proprio, con tre buoni dischi di classic country rock. L'esibizione di stasera è fresca e piacevole, lei al violino e boce, lui alla chitarra, propongono in prevalenza brani dall'ultimo lavoro Transient Lullaby. Spiccano la title track, You Can Be Wrong e l'ironica Don't Make Me Smile. Nel cambio palco mi trovo ad affrontare un feroce combattimento senza regole contro un panino con dentro un animale ancora quasi vivo. Alle 21.00 in punto si materializza sul palco Steve Earle, in fronte un'improbabile bandana, alle spalle i fidi Dukes versione 2.0. Oltre ai gia' citati Mastersons, lo accompagnano Kelley Looney al basso, con lui dal 1988 di Copperhead Road, Ricky Ray Jackson alla pedal steel, Chris Clark alle tastiere e Brad Pemberton alla batteria. L'inizio e' un po' incerto anche a causa di un audio non ben bilanciato. Precedenza ai pezzi dell'ultimo disco, per cui ecco in pista So You Wannabe An Outlaw (nel disco in duetto con Willie Nelson), Lookin' For A Woman, The Firebreak Line, Walkin' In L.A., Sunset Highway e News From Colorado. Brani che ripropongono Steve ai suoi livelli migliori, intrisi come sono di suoni roots, outlaw country, honky tonk polveroso, hillbilly e rock. Il primo colpo al cuore arriva quando imbraccia l'acustica e le note inconfondibili di My Old Friend The Blues invadono la platea. Brividi sottopelle e un groppo in gola per una delle sue ballate piu' belle e struggenti. Il libro dei ricordi ormai è aperto, Steve vi pesca a piene mani, perche' arrivano una dietro l'altra perle luminose come Someday e Guitar Town, rocckate come si conviene e una trascinante I Ain't Ever Satisfied cantata in coro da tutta Pusiano. I'm Still In Love With You rispolvera il bluegrass del fantastico The Mountain, disco con The Del McCoury Band, mentre in You're The Best Lover That I Ever Had ricorda l'ex ultima moglie Allison Moorer. E' uno Steve Earle rilassato, ironico e pungente come sempre, parla di guerre, morti, bombe e confini tra i popoli, poi intona Jerusalem, cruda e dolente. Si viaggia attraverso un variegato universo musicale, in cui trovano spazio Belfast e l'Irlanda, per cui, mandolino in resta, ecco a voi Johnny Come Lately, Galway Girl e Little Emperor, birra a litri e irish hillbilly a tutto spiano. Aquainted With The Wind, da Terraplane, occhieggia al rock'n'country blues di Hank Williams e Townes Van Zandt. Colpisce di nuovo al cuore il buon vecchio Steve quando parte Copperhead Road, un altro inno collettivo, epico e rollingstoniano, Taneytown tira dritto, granitica e potente, mentre Hard Core Troubadour e The Week Of Living Dangerous riscoprono il rock piu' stradaiolo, quasi al confine tra Texas e Messico. Di nuovo spazio alla produzione ultima con If Mama Coulda Seen Me e Fixin' To Die, prima che una potente e adrenalinica Hey Joe riscuota l'applauso anche del caro vecchio Jimi. Tutti sotto al palco per i bis e Dixieland e' un altro viaggio in territorio bluegrass, mentre Ben McCulloch torna in Irlanda con Train A Comin'. La conclusiva Christmas In Washington chiama a raccolta Woody, Emma Goldman, Joe Hill, Malcolm X e Martin Luther King in uno splendido canto corale, sussurrato, tremendamente emozionante, quasi una preghiera collettiva "So come back, Woody Guthrie". Di nuovo brividi, questa volta anche lacrime, senza vergogna. Eccolo li, pugno chiuso e teso, vero, reale, fiero, sincero. Lui è Stephen Fain Earle o più semplicemente Steve. Lui c'è e ci sarà. Nudo e crudo.
My old friend the blues.