live report
Garland Jeffreys Rodeo Bar - New York
Concerto del 03/08/2012
Il bello di New York, per noi poveri innamorati del rock’n’roll che la vita ha relegato a vivere ai margini dell’Impero, è che basta aprire il Village Voice in un giorno qualunque e si torna immediatamente bambini, felici come poco prima di scartare i pacchetti regalo davanti all’albero di Natale.
Così, proprio in un giorno qualunque, si può scoprire che un Bar qualunque sulla 3rd Avenue offre Garland Jeffreys come resident per i primi tre venerdì di Agosto.
Ma il buon vecchio Garland non è uno qualunque: classe di ferro 1943, direttamente da Brooklyn, compagno di scuola di Lou Reed, ed in pista già dai primi anni ’70.
Per metà afro americano e per metà portoricano, in una decina di dischi dal 1973 ad oggi, Garland si è sempre dimostrato songwriter eccellente, che tra i primi ha saputo tracciare una via black al rock’n’roll, imbastardendolo con le morbidezze del soul, la sensualità del reggae, l’energia del funk.
Il tutti impreziosito da una qualità narrativa speciale, che gli ha permesso di raccontare l’American Dream dalla parte del buckwheat, del meticcio, mostrando le dolorose contraddizioni della questione razziale.
In estrema sintesi, un maestro che ha insegnato a tanti.
Il Rodeo Bar che lo ospita, come da copione propone ottime birre, squisito junk food ed un’ambientazione tra il western ed il rockabilly. Arrivando con congruo anticipo nella sala concerti, separata dal resto del locale, si trova il solo Garland in compagnia di qualche amico. Quando alle 22 inizia il set, ci sono circa dodici persone sedute ai tavolini e, dietro di loro, qualche altro avventore in piedi. Arriverà altro pubblico nel corso della serata, ma il saldo finale sarà inferiore al centinaio di persone.
Il che non è un problema per il Nostro, che non si risparmia e per due ore offre il meglio del proprio repertorio e della propria esperienza da vecchio leone del palco, supportato dai Coney Island Playboys, solido quartetto elettrico composto dall’ottimo Brian Stanley al basso, da Mark Bosch alla lead guitar, da Tom Curiano alla batteria e da Gray Reinhard a tastiere e chitarre.
Si parte energici con un paio di brani dall’ultimo lavoro del 2011, The King of Between, le tiratissime Coney Island Winter ed I’m Alive, e subito Garland si getta tra il pubblico, sale sui tavolini, lascia il microfono e canta camminando per la sala, dando il cinque ed abbracciando gli avventori, accompagnando i nuovi entranti al tavolo e creando una atmosfera magnifica e calda che aiuta a rendere perfetta la serata.
Siamo presto tutti in piedi a ballare e cantare, entusiasti di questo quasi 70enne straordinario e vitale che ancora sa divertirsi e regalare musica ed emozioni come fosse un ragazzino.
Il concerto mostra il melting pot di influenze che hanno plasmato negli anni la musica di Jeffreys: rock’n’roll dal sapore fifties come Mystery Kids, ballad di matrice soul come NY Skyline, i sapori funk di The Contorsionist, infernali blues elettrici come ‘Til John Lee Hooker calls me, gli abbandoni reggae di I may not be your kind, Matador e We the People, incursioni tex mex come Spanish Town, le sfuriate elettriche quasi punkeggianti di Wild in the Street, ispirata da una vicenda di stupro accaduta nel Bronx.
L’omaggio a Dylan con A hard rain’s gonna fall, e un’indimenticabile versione di Hail Hail rock’n’roll completano il tutto.
Alla fine Jeffreys si aggira per la sala pronto ad abbracciare ogni singolo avventore chiedendogli di non mancare il venerdì successivo, perché siamo in America e “business is business, man”.
Esco sorridendo e volteggiando a mezz’aria, canticchiando 96 Tears e ripercorrendo nella mia mente ogni istante della serata, felice come un bambino davanti all’albero di Natale.
I know, it’s only rock’n’roll, but I like it, I like it, yes I do…..
Set List:
Coney Island winter
I’m alive
35 millimeter dreams
I may not be your kind
The contorsionist
‘Til John Lee Hooker calls me
Mystery Kids
Hard Rain’s Gonna Fall
Modern Lovers
NY Skyline
Spanish Town
We the People
Matador
Wild in the Streets
Hail Hail Rock’n’roll
96 Tears