Murubutu

live report

Murubutu Milano / Serraglio

03/02/2018 di Laura Bianchi

Concerto del 03/02/2018

#Murubutu#Jazz Blues Black#Rap Murubutu Kattiveria

Il Serraglio, circolo ACSI di Milano, è sold out. Aspetta una lezione speciale, stasera: quella del professor Alessio Mariani, alias Murubutu, il cantautorapper emiliano che, attivo dagli anni '90, ha perfezionato nel tempo una cifra personalissima per interpretare le suggestioni dell'hip hop italiano.

Murubutu è la derivazione di marabutto, il nome dato nei romanzi di Verne a uno sciamano, che guarisce con le parole, unendole al ritmo; musicamedicina, che parla un linguaggio universale, che cuce le singole storie cercandone un senso collettivo, che comunica, con rap_conti, valori autentici, come la memoria storica della Resistenza, l'amore per la cultura, la passione per il viaggio, la formazione civile e critica dei giovani.

E Mariani, che insegna storia e filosofia in un liceo di Reggio Emilia, sa calcare il palco con la padronanza e il carisma di un rapper consumato, interagendo con la sua Crew, La Kattiveria Posse, questa sera in formazione a tre, per dare spazio a un concerto fatto di equilibrio fra canto, ritmo e parola, sulle basi di DJ T-Robb, ma anche composto di una complicità strettissima col pubblico, al quale viene spesso dato spazio per cori e movimenti.

Le storie dell'ultimo, riuscitissimo disco L’uomo che viaggiava nel vento e altri racconti di brezze e correnti, dalla suggestiva copertina che ricorda quella di un libro (e non a caso), sono presentate accanto ad altre meno recenti, per proporre un discorso intimamente coerente, fatto di narrazioni insieme personali e popolari: è il caso di Martino e il ciliegio, presentata con particolare intensità, o di La collina dei pioppi, anticipata da parole chiarissime riguardo all'importanza della memoria e dell'antifascismo, in un momento di confusione ed amnesia collettive.

Storia, filosofia, sfide fra uomo e macchina (come in La variante Alapin, di U.G.O., su un'apertura scacchistica, prima della quale Murubutu chiede al pubblico quanti sappiano giocare a scacchi, invitandolo a sperimentarli come esercizio critico), ma anche l'amore, visto in modo obliquo, come nella magistrale Anna e Marzio (una storia come la riscriverebbe Dalla, se fosse nato quarant'anni dopo): c'è spazio per ogni suggestione, nel mondo ricchissimo di memorie e immagini di Murubutu, lontano anni luce dalla tendenza trap e dalle sue situazioni tutte uguali, nonché dalla filosofia dell'auto-tune, che distorce e corregge la voce.


Il concerto è, proprio per questo, uno specchio autentico, fedele e convincente di quel mondo, e Murubutu coi suoi lo termina con un autoscatto eloquente: una selva di mani alzate al cielo, come se il pubblico volesse ringraziarlo per una lezione che difficilmente dimenticherà.