interviste
Mosquitos Ronzio rock
Risponde alle nostre domande Gianluca Testani, bassista dei
Mosquitos, |
Mescalina:
Andiamo subito al sodo: credi
che oggi il rock abbia ancora una forza eversiva? Gianluca Testani: Questione spinosa che richiederebbe un discorso lungo e tortuoso. Non è mai bianco o nero. Personalmente, non credo tanto ai sostenitori della morte del rock quanto agli ingenui entusiasti di questo tempo piuttosto grigio. E comunque, storicamente, il rock è stato "davvero" eversivo soltanto tre volte: nel '56, nel '68 e nel '77. Da un prospettiva diversa, si potrebbe dire che il rock sia stato "sempre" eversivo, e continua ad esserlo, ma non nell'omologazione voluta dal mercato. Il suo potere va giudicato sugli effetti che riesce a produrre sulle singole persone piuttosto che sui tessuti sociali. Mescalina: Scusa questo approccio così frontale, ma ho il dubbio che troppo spesso sia ormai una questione estetica e che solo in alcuni minori ci sia davvero questa tensione … Gianluca Testani: Da "minori" si è più liberi, è ovvio. Chiunque abbia a che fare con l'anticamera del successo se ne sta ben attento a non disturbare le regole e le convenzioni, tanto politiche quanto sonore. E poi c'è un altro estremo, quello dei grandissimi, dei potenti, di quelli (pochi) a cui è concesso tutto. Per essere più chiari, a un esordiente su major verrebbe rifiutato un "Metal Machine Music" o una "Let's Impeach The President", ma a Lou Reed e a Neil Young no. La questione estetica di cui tu parli è più una sorta di pigrizia creativa generalizzata. I più misurano il loro talento con il minimo richiesto per ottenere uno straccio di visibilità. Mescalina: I Mosquitos ci provano ad essere eversivi? Una band con un nome che è un rimando a Stan Ridgway e Faulkner ha il dovere di essere fastidiosa, anche se magari riesce a lasciare solo dei piccoli segni, come punture di zanzare … Gianluca Testani: Tutto provano i Mosquitos meno che a essere fastidiosi, quantomeno non nel senso di rivoltare le regole o alzare polemiche gratuite. L'unico fastidio di cui ci sentiamo portatori sani è quello del ronzio dell'elettricità, degli amplificatori, delle distorsioni, dei feedback. Comunque, sì, l'idea dei piccoli segni ci piace. Mescalina: Mi sembra che tra l'altro tentiate di costruirvi un vostro ambiente, con dei confini ben delimitati, sia dal punto di vista del suono che dei testi … Gianluca Testani: Il nostro ambiente è la nostra sala prove. È come un microcosmo dentro cui proiettiamo noi stessi, le nostre singole personalità e le complesse dinamiche di gruppo. È lì dentro che "succede" tutto: i desideri, le fantasie, le ansie, le gioie. Facciamo solo quello che ci dà soddisfazione come esseri umani e come, ehm, musicisti. Non suoniamo tanto per suonare o per vedere che effetto fa o per stupire chi ci ascolterà, ma per ascoltare la nostra musica preferita fatta dalle nostre persone preferite (noi stessi). Mescalina: Le vostre canzoni suggeriscono spesso un ambiente urbano tormentato, abitato da uomini feriti o armati … Gianluca Testani: A parte la fascinazione che abbiamo subito dalla letteratura e dal cinema, c'è che anche consciamente riconosciamo alle situazioni difficili la capacità di far risaltare, amplificare e anche distorcere i comportamenti umani. Non entriamo nel campo della sociologia o della psicologia, restiamo in quello dell'osservazione. E osservare delle persone in pericolo è molto più stimolante che non coglierle nella stasi e nel benessere. Mescalina: Vivere un conflitto o metterlo in scena nel modo più veritiero possibile è uno dei punti fermi del rock … Gianluca Testani: Vero, ma noi non puntiamo alla definizione di un conflitto epocale o di classe. Il nostro sguardo è più spesso posato sulle relazioni tra due persone, o su una persona e il meccanismo in cui è incastrata. Mescalina: Forse esagero, ma mi viene da dire che è quello che cercate di fare anche voi nei vostri pezzi: creare tensione mi sembra l'obiettivo che vi ponete suonando … Gianluca Testani: Non c'è vita senza tensione. Il che vale in senso figurato, ovviamente, perché le nostre esistenze sono piuttosto placide. Mescalina: Una lezione che avete appreso dal rock underground americano? Gianluca Testani: Sì, ma anche dal cinema e dalla letteratura. Mescalina: Penso a band come Thin White Rope, Dream Syndicate, Green on Red, ai primi R.E.M. o ai Giant Sand … Gianluca Testani: E ai Velvet Underground e ai Modern Lovers e ai Feelies e a John Coltrane e ai Can e a mille altri. Le nostre discoteche private sono ben fornite. Mescalina: Lo sospettavo già dalle tue prime risposte … comunque ognuna di queste band ha più o meno avuto qualche atmosfera western o attinto al country e al blues, cosa che fate anche voi come in "By the gun" dall'ultimo disco … Gianluca Testani: "By The Gun" non è nata come un pezzo western e non credo che basti un suono di tastiera a definire uno stile. Però è vero, talvolta ci piace affondare in quel tipo di atmosfere. Probabilmente è per colpa di Cormac McCarthy. Mescalina: Anche la vostra prima uscita citava un pezzo di Joe Ely "I only use my gun whenever kindness fails" … Gianluca Testani: In realtà il pezzo è di Robert Earl Keen. Mescalina:Vero, Ely però ha contribuito a rendere più noto il pezzo … Gianluca Testani: In quel caso, comunque, il riferimento non era tanto musicale quanto "letterario". Mescalina: Un senso di pericolosità, ma anche di abbandono: penso a certe vostre copertine con l'immagine di un'insegna cadente o di un vecchio ventilatore … Gianluca Testani: Di "gloria passata", più che altro. Di cose che hanno vissuto tempi migliori. Ci ricordano la caducità della vita e l'impossibilità di vivere fino in fondo le proprie speranze e le proprie ambizioni. Mescalina: Dai, diciamolo siete dei cultori del rock … forse anche un po' feticisti … penso all'Ep di cover "Brian di Nazareth" … Gianluca Testani: Altroché! Non c'è nulla di più eccitante che costruirsi un immaginario mettendo in connessione scampoli di memoria apparentemente distanti. I Pixies e i Monty Python? I Byrds e Bob Marley? Sì, perché no? Nel nostro essere feticisti tentiamo almeno di non replicare pedissequamente le fonti, ma di rivoltarle a nostro piacimento. |
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Mescalina:
Mi sono stupito che abbiate inserito le tastiere in quest'ultimo
disco: neanche tanto poi, perché non avete perso in tensione
… ammetto che la mia domanda è viziata dal fatto che le tastiere
sono uno strumento a rischio nel rock, soprattutto nell'underground
… Gianluca Testani: Le tastiere sono uno strumento a rischio nel rock almeno fino a quando una tastierista non viene presa in sposa dal cantante. Questa è la dura realtà. E Simona, per dirla tutta, ha fatto salire in superficie la nostra parte femminile, che altrimenti sarebbe rimasta pericolosamente latente. Mescalina: Direi che ha anche accentuato le ombre new wave e indie del vostro suono… Gianluca Testani: Contando che Simona è una pianista classica - proprio nel senso di diplomata al conservatorio - lo prendo, e lo prenderà anche lei, come un complimento. Noi sentivamo un suono di tastiera qui e uno là, e abbiamo cercato di inserirli. Poi se tu ci senti echi new wave o indie, hai ragione tu. Tu hai un distacco critico che noi non possiamo concederci. Mescalina: O forse sono suggestioni altrettanto personali, chissà … domanda da mille dollari: il vostro suono è maturato con questo disco? Gianluca Testani: Sicuramente è più pulito, equilibrato e definito, il che significa tutto meno che maturato. Siamo maturati noi, con gli errori che abbiamo fatto in passato e le cose che non siamo riusciti a realizzare. Ma non è detto che non si possa tornare a un suono più sporco, grezzo e diretto. Anzi, credo che quando faremo il nostro disco più scarno e mal suonato, allora potremo dire di aver raggiunto il vero centro dell'espressione. Mescalina: Di sicuro non fate una musica che va per la maggiore, almeno qui in Italia, e immagino non avrete molto di che vivere dai numeri del cd o dei concerti, no? Gianluca Testani: Ognuno di noi ha un lavoro "vero", ci mancherebbe. Quelli che in Italia vivono di musica, oltre i turnisti e i tecnici e le star, sono pochissimi e generalmente molto più giovani di noi. Abbiamo smesso da tempo di credere alla favola del "ce la faremo!". Non è questo che vogliamo dalla musica. Per pagare le bollette abbiamo altre fonti. Mescalina: Quanto conta il fatto che non suonate italiani e che nel nostro paese c'è poca cultura di questa musica? Gianluca Testani: Conta, ovviamente, ma non al punto da farci abdicare dal proposito di fare quello che ci piace. Non abbiamo mai sperato di dare l'assalto alla carovana. Ci basta avere un cavallo solo nostro, pure che sia un ronzino. Mescalina: Bè in Italia qualche band che fa rock c'è, ma sempre relegata ai margini: Cheap Wine, Joe Leaman, Valentina Dorme, Songs for Ulan … Gianluca Testani: Ce ne sono mille altre che non hanno mai pubblicato un disco, però. Mescalina: Vero. Vuol dire che il rock è ormai destinato a viaggiare solo su "strade secondarie"? Gianluca Testani: Nessuno può prevedere il destino del rock. Se il rock se ne accorge, ti frega sul più bello. E comunque le "strade secondarie" sono per definizione "rock". Mescalina: In fondo ha sempre vissuto ai margini e lo fa anche nelle vostre canzoni … Gianluca Testani: Proprio così. La spettacolarizzazione, cioè il mercato, del rock è solo una minima componente dello spirito. Lo spirito resta, forse soprattutto, nei piccoli numeri. Mescalina: Quanto conta per voi il fatto di essere provinciali, o comunque periferici, rispetto alle grandi città dove c'è il giro che conta? Gianluca Testani: Si ha più difficoltà a suonare, perché le spese, e dunque il cachet, lievitano leggermente. Per il resto, in epoca ultratecnologica, non fa differenza se vivi ad Aosta o a Siracusa. Mescalina: Giusto per finire come si era cominciato con un'altra bella botta: vi dovreste sentire comunque portatori della forza eversiva del rock … ogni gruppo rock dovrebbe esserlo! Gianluca Testani: Considerata la roba che si ascolta alla radio e che ascolta la maggioranza, compresi i nostri congiunti, noi siamo e saremo sempre quelli strani. Alternativi ai gusti omologati e massificati, questo è essere eversivi. |