interviste
Paolo Benvegnù poeta fondamentalista
#Paolo Benvegnù#Italiana#Canzone d`autore Indie-rock Alternative
Potremmo definirlo, nel rigore e nella sincerità della sua passione, un “poeta fondamentalista”: l’ex leader degli Scisma Paolo Benvegnù, al suo terzo album da solista, Hermann, ricco di riferimenti stratificati a figure emblematiche della storia sempre diversa, eppure ciclica, dell’uomo, resta coerente con la sua visione della musica. Alieno a qualunque compromesso con la commercialità, così come con i canoni di qualunque nicchia facilmente osannata, dipana la sua epica “inattuale” e senza tempo, dell’uomo di oggi e di sempre. Sconvolge le acque stagnanti di chi è abituato ad avere tutto (e non prestare attenzione ad alcunché) con la sua ricerca inesausta e colta, che scava e si conquista linguaggi, spessore, profondità di figure ed immagini, e con la sua autenticità cocente, che scorre come sangue vero nella musica accuratamente elaborata di quello che ormai è un gruppo e un collettivo. Paolo Benvegnù, anti-divo irrequieto e tormentato, non interessato fortunatamente a pose da frontman da copertina, lancia le sue domande, le sue verità relative alla ricerca di ciò che è veramente essenziale e non superfluo nella vita, le sue riflessioni frutto di una “contemplazione” come filtro interiore del reale come parole di un profeta laico, forti ed efficaci come dardi infuocati. Quella generata dalla sua musica e dalla sua figura è allora una fascinazione indiretta e intima, che brucia l’epidermide per scivolare nei meandri oscuri del pensiero e cercare di illuminarli.
Ecco come si è raccontato a Mescalina in una lunga chiacchierata di aprile.
Mescalina: L’album Le labbra appariva un po’ come uno sguardo interiore nelle stanze dell’animo e negli interni di vita. In Hermann invece sembra che ci sia in qualche modo un passaggio dal personale all’universale, al tipico, al sociale, allo storico. Le stesse molteplici indicazioni spazio-temporali riportate accanto ad ogni brano fanno pensare a storie determinate, ma che possono accadere più volte…Concordi con questa impressione? C’è un progetto preciso dietro a quest’ispirazione più ampia dei brani, con personaggi che, più che essere dei singoli, sembrano appunto collettivi, simbolici?Ecco come si è raccontato a Mescalina in una lunga chiacchierata di aprile.
***Paolo Benvegnù: Sì, assolutamente. Ritengo che l’uomo, una volta esaurito il problema della sopravvivenza, cioè il riuscire a procacciarsi del cibo, abbia sempre gli stessi problemi (io stesso non ne sono scevro, anzi), riuscire ad armonizzarsi con quello che è il mondo esterno, che sia l’universo, l’Altro o gli altri. Per questo motivo le storie sono reiterate, per questo in questo disco (che presuntuosamente contiene riferimenti alla letteratura, ma è anche la colonna sonora di un film mai realizzato), l’idea è stata proprio di pensare i brani ambientati in tante situazioni diverse. Ad esempio, Andromeda è la figura della donna di oggi: rappresenta tante donne, anche se non tutte. Ritengo ci siano molte donne imprigionate, in primis in sé…Poi gli alibi per queste catene possono essere l’amore tormentato, la difficoltà di sentirsi nel branco, possono essere tantissimi. L’idea è quella di raccogliere degli archetipi e di parlarne storicamente, anche in questo momento storico, dove il vuoto che ci circonda è assolutamente simbolico. Penso ad esempio a quante persone sui social network assumono identità diverse da quelle reali. Questi archetipi sono stati spostati, anche solo di un piccolo grado di prospettiva, per farne una cosa nuova. Nulla di più, oppure…nulla di più pretenzioso! (ridiamo)
***Mescalina: A proposito appunto del singolo, Andromeda Maria…nel testo di questa canzone si disegna un po’ la complementarietà tra un femminile accogliente, misterioso, sacro e il maschile, con la sua forza, ma anche le sue inevitabili fragilità. Hai accennato un po’ alla scelta della figura di Andromeda, ma perché Maria?
***Paolo Benvegnù: Maria perché, in teoria, è una figura assolutamente non umana e in ogni Andromeda c’è una Maria. I versi “Io sono miele e vita e ti seguo per accogliere / il padre, il guerrigliero e l’avaro e l’assassino / e la madre che è in ogni bambino” fanno riferimento a questo. Per me l’uomo è supplementare, non è complementare alla donna. Siamo tutti figli di una donna: sembra retorico e ovvio, ma se ogni tanto ci soffermassimo su questo tema, su quanto sia importante il legame inesprimibile che c’è tra il creatore e la creatura, forse agiremmo in maniera diversa. Parlo in generale. Ti faccio un esempio, sciocco magari: anche le persone più orrende (e ce ne sono tante in questo momento in Italia, peraltro chiuse in questo momento a Montecitorio) io non riesco a non vederle anche come dei bambini. Il problema è che loro non riescono a vedersi con quello stupore, con quell’egoismo sano dei bambini, che porta alla formazione. Esaurita la formazione, l’uomo in teoria dovrebbe andare verso l’elevazione, ma molte persone non ci riescono... Molte volte mi pare di vedere dei suicidi di massa, anche se queste persone sono vive: sono suicidi personali, di vita, di ambizione, di seduzione, di presunzione. Per questo motivo io sono veramente furibondo. Non avrei mai pensato si arrivasse fin qui.
***Mescalina: Forse a volte manca la consapevolezza dei propri limiti, delle proprie fragilità, da cui ripartire nel processo di formazione?
***Paolo Benvegnù: Le persone fragili sanno benissimo cos’è la fragilità; sono le persone che non si sono mai guardate dentro che hanno più gravi problemi rispetto alla fragilità e sono dominatrici…!Penso che l’uomo avrebbe potuto essere il vero animale rivoluzionario in questo pianeta. E non lo è. La sua missione è fallita ed è un peccato, è una possibilità mancata. Siamo troppo ricchi per renderci conto di questo. Non parlo della ricchezza economica, ma del superfluo. Io preferirei una società un po’ più sobria, ecco.
***Mescalina: La cifra della tua scrittura credo sia inconfondibile e sia rimasta immutata anche in questo disco: è legata in qualche modo a degli scarti o scatti da “profeta laico”, come mi piace definirti (sorridiamo), perché c’è una forza di predicazione in quello che dici, ma non è connessa a un credo. Sono affermazioni laiche che riguardano la vita. Però negli album precedenti questo tipo di affermazioni, anche in veri brani-manifesto, erano supportate anche da una certa esplosività della musica (penso ad es. a Io e il mio amore oppure a Suggestionabili). Invece in Hermann si sente una maggiore riflessività, pensosità, ad esempio in Anima avanzate o Io ho visto…Credi sia così? Se sì, è stata una scelta o un caso?
***Paolo Benvegnù: Innanzitutto mi complimento per quello che hai desunto, perché sono completamente d’accordo con quello che hai detto. Direi però che Suggestionabili e Io e il mio amore sono due pezzi di implosione, perché, per certi versi, in maniera primigenia potevano sembrare esplosivi, ma in realtà la semantica e il contenuto del testo facevano in modo che fossero implosivi. Sono momenti di prostrazione per me. Infatti spesso faccio molta fatica a farli dal vivo, perché mi ci riconosco. Per questo motivo posso sembrare più pensoso in questo disco. Sono convinto del fatto, nonostante non riesca ad essere coerente, che il mio percorso sarà quello di una contemplazione. Non mi trovo tantissimo in Io e il mio amore per questo, per quanto ci siano sicuramente delle verità specifiche in quel brano. In questo disco, soprattutto nei pezzi scritti da me (poi c’è uno scritto da Guglielmo Ridolfo Gagliano e alcuni di Andrea Franchi) sono più contento, sono più vicino alla mia essenza. Studio. Cerco di diventare uomo, non è così semplice, oggigiorno. Ci sono difficoltà di ogni tipo nel quotidiano per fare musica come la vogliamo fare noi in Italia in questo momento, anche per pagare l’affitto o cambiarti i calzini. Rispetto a canzoni-manifesto, come le definivi prima, come Suggestionabili e Io e il mio amore, abbiamo pensato di andare un po’ più in basso, capire realmente il perché le parole sono le parole,e andare molto di più verso l’alto, anche con leggerezza, obiettivo che mi proporrò anche di qui in avanti.
***Mescalina: Come dicevi prima, in questo disco c’è un pezzo di Guglielmo Ridolfo Gagliano e vari di Andrea Franchi: come mai sono stati inclusi nell’album? Loro ti hanno fatto ascoltare dei brani su cui stavano lavorando, ti sono piaciuti e hai deciso di scriverne il testo o c’è stata proprio a priori l’intenzione di una scrittura ed elaborazione collettiva per questo progetto?
***Paolo Benvegnù: Sì, l’idea era proprio di fare un’operazione collettiva. Quando ci siamo trovati per pensare a questo disco, l’idea era di fare tutti un passo indietro, magari per farne due in avanti tutti insieme. Io ho avuto la fortuna di pensare al contenitore e poi il primo giorno in cui ci siamo trovati insieme, il disco era già scritto; abbiamo ascoltato i brani che erano stati scritti nel frattempo e abbiamo scartato le cose che ci sembravano minori. Poi ovviamente abbiamo dovuto imparare bene a suonare questi brani, abbiamo cambiato delle piccole cose, ecc. A me sembra un grande passo in avanti da un punto di vista umano, ed è per come è nato che è un disco un po’ più stilizzato rispetto agli altri, ha la forma di un romanzo storico fondamentalmente, con cambi di stile durante lo svolgimento. La parte sul Novecento, che è stato il secolo veloce, da Sartre a Date fuoco, è estremamente stilizzata. Dal punto di vista anche del contenitore, in questo caso sono stato contento, come un regista o un cineasta che smette di fare video amatoriali. E’ il primo passo di avvicinamento verso Orson Welles, ma non ce la faremo mai!
***Mescalina: Prima citavi Sartre…A proposito dei riferimenti letterari che ci sono nel disco, una delle canzoni più significative del disco (c’è un consenso pressoché unanime da parte della critica su questo, a quanto ho visto)è Achab a New York. Il capitano Achab di Mody Dick di Herman Melville era ossessionato dal desiderio di vendetta nei confronti della balena bianca: anche questo Achab ha desiderio di vendetta? Di chi o cosa potrebbe vendicarsi a New York?
***Paolo Benvegnù: Achab si sta già vendicando da tempo di noi, perché secondo me un periodo aureo dell’umanità, quanto meno nei paesi occidentali, è stato il secondo dopoguerra. Terminato l’incubo assassino, nonostante tutto, c’è stata una grande pulsione di vita e di stupore, fomentato e trascinato anche dall’innovazione tecnologica. In quel momento è comparso quell’Achab che va a New York, il capitano d’industria, quello vero, quello che non ha scrupoli. I suoi conti sono ultragovernativi e ultrapersonali, vanno al di sopra delle persone e le schiacciano. Rappresenta le multinazionali, che ormai governano questo mondo e non si fermeranno mai. Per questo “io sono molto più veloce di loro”, a seconda dei punti di riferimento. Questo spiega lo stare fuori, ai margini di quella che è la società. L’uomo ha una possibilità bellissima, ha la vista e un mondo meraviglioso a disposizione in cui potersi esprimere, anche senza entrare in quei vortici in cui si consuma questo brano, passando per l’allegoria. Ma noi siamo solo degli avamposti…Per questo storicamente Napoleone o anche Hitler non sono riusciti a conquistare la Russia, perché erano avamposti in un territorio sconfinato: procedendo, avanzando, ti lasci dietro il nemico. Mi auguro che questi capitani d’industria che danno agli uomini delle cose superflue e spaventose vengano battuti dal fatto che gli uomini possano tornare a pensare a ciò che è importante realmente, numero uno, procacciarsi del cibo e numero due, amare le cose. Ma non sono sicuro che ce la facciamo. Penso che scomparirò, tra l’altro simpaticamente e molto tranquillamente, senza vedere questa evoluzione degli uomini.
***Mescalina: Ci sono molti personaggi in questo disco, ognuno sempre con coordinate temporali e spaziali molteplici, che vanno dall’antichità al futuro. Però c’è un solo personaggio nel titolo e in copertina, Hermann, che fa da trait d’union. Come descriveresti e spiegheresti questo misterioso e fantomatico nome singolo di Hermann?
***Paolo Benvegnù: Ci sono tanti significati in questo nome, che per me è molto indicativo, ed è stato scelto per questo motivo…Alcuni sono collegati alla psichiatria, ma i significati più palesi sono ad esempio che è un nome tedesco di origine ebraica, che unisce quindi persecutore e perseguitato. Poi, se guardiamo alla lingua anglosassone, c’è il pronome personale femminile e l’uomo che ne deriva, tornando al discorso che facevamo prima. Poi ci sono anche altre chiavi di lettura: in tedesco arcaico “hermann” indica l’uomo guerriero e questa è fondamentalmente anche la storia dell’uomo guerriero; si tratta infatti di un disco di epica, epico, inattuale, per certi versi senza senso e assolutamente utopico. Però ne vado fiero, perché io sono così in questo momento della mia vita, sono un utopista e non riesco ad essere leggero!Sono epico, tendo all’assoluto, sono matto, lo dico senza problemi perché lo so, lo so con certezza...Però ti faccio un esempio: riesco a sentire come parli tu e come dici le cose ed è bellissimo…Mentre stavi parlando prima, hai avuto un salto di tono, che mi ha fatto immaginare un tuo gesto inconscio, uno spostamento d’asse del tuo viso, della tua bocca. Ecco questo secondo me è compito di chi fa in questo momento canzoni, o di chi fa il pittore, non vendere dischi o fare mostre senza senso. Hermann è un disco di folli.
***Mescalina: Beh, ma io credo sia assolutamente da elogiare questa tua coerenza nei confronti della musica come arte, nel senso che appunto stai illustrando…Resti lontano sia da qualunque compromesso con la facilità commerciale, sia da canoni che hanno certi ambienti, sia cantautorali, sia dell’indie…Però, ecco, un’altra definizione che potrei dare di te, che per me indica senza dubbio un pregio, è “poeta fondamentalista, integralista”: si sente che pensi sempre a ciò che vuoi esprimere e non alla ricezione che un tuo brano avrà, al numero di dischi che venderai. Però questa tua identità pensi ti abbia un po’ svantaggiato, sia nel rapporto con il pubblico (al livello di popolarità) che nel rapporto con la critica? Non essendoci appunto nessun tipo di adeguamento alle “mode” neanche di un certo tipo di nicchia che è ritenuta di qualità, forse sei un po’ meno spinto e un po’ meno premiato rispetto ad altri tuoi colleghi?
***Paolo Benvegnù: Mah, penso che il vero premio per me sia suonare con le persone con cui suono! E questo per me è già un premio Oscar...Poi c’è una soddisfazione enorme, dal momento in cui per esempio le mie canzoni possono interessare a te e fare in modo che ne parli con me…No, non mi sento sottovalutato. Diverso è un altro aspetto. Probabilmente io e i miei compagni saremmo stati accettati in ambienti un po’ più probanti, se non ci fosse un problema altamente razzista, cioè che “puzziamo di povertà”. “Puzzare” è una parola terribile, che cerco sempre di non usare, ma è proprio questo il senso…Il fatto di essere poveri, di provenire da situazioni di disagio è un grande pericolo per coloro che sono sempre stati ad esempio in campo musicale al primo piano. Diamo noia…Io do noia anche fisicamente: non sono bello, non mi interessa sedurre e questa è una cosa che spiazza. Detto questo, sono molto contento di essere povero e di testimoniarlo giorno per giorno. Quando parlo di povertà, mi riferisco alla miseria, alla verità…che è la fonte a cui mi abbevero da tempo…Sono partito da una famiglia con dei grossi problemi di comunicazione, poi attraverso parecchie sciagure, attraverso il dolore ho cercato di trovare la strada per elevarmi. Questo è il mio personale e quotidiano successo. Ovviamente non puoi portare queste cose al primo piano, dove ci sono persone che non hanno mai avuto la possibilità di comprendere quanto sia importante prima di tutto capire come sopravvivere e poi come orientare la propria vita, elevarla verso l’amore, come a-mors, contro la morte. Questo è il mio tipo di dolore, che è altamente gioioso, ma questo è ciò che credo di aver capito…!(sorridiamo)
***Mescalina: Sì, quindi insomma c’è anche una specie di “timore” nei confronti della tua musica per questo…Si dice banalmente che il sazio non creda al digiuno: anche al livello emozionale forse non ci si riesce a calare in ciò che non si è mai provato, in una certa autenticità di ispirazione…
***Paolo Benvegnù: Sì…Poco fa ho parlato del dolore, e ho vissuto momenti difficili, ma sono una persona fortunata comunque…In questo momento per esempio, guarda, sono a posto…Sto lavorando con un gruppo che mi dà fiducia come produttore artistico, vedo delle colline bellissime qui intorno, questo è un momento altissimo…!Per me o per te questi sono momenti altissimi, perché sei attenta, concentrata, gioiosamente portata verso questo, ma ci sono persone che sono gioiosamente portate verso la sopraffazione degli altri. Io sono assolutamente un nemico di questa cosa e perciò anche di queste persone. Proprio per questo motivo è impossibile venire accettati in un certo tipo di contesto.
Mescalina: Eppure, nelle riflessioni che suscita anche questa incomunicabilità che ci può essere tra te e un mondo in cui la musica non è arte, ma prodotto, io mi chiedo: come mai gli Scisma, che pure per arrangiamenti e testi (immaginifici, ermetici…) presentavano nelle loro canzoni un certo tipo di complessità, riuscirono ad entrare nel circuito delle major? E’ cambiata la discografia? Le major sono meno coraggiose nell’investire in certi tipi di progetti? Oppure? Io non posso pensare che gli Scisma che venivano da Bombardano Cortina fossero più “semplici” di ***Paolo Benvegnù…
***Paolo Benvegnù: Mah… gli Scisma avevano al loro interno una personalità molto seducente, ovvero Sara Mazo, che era una ragazza consapevolmente seducente e questo fece in modo che i famosi abitanti del primo piano di cui ti parlavo si interessarono immediatamente a noi, una volta compreso in maniera specifica il colore degli Scisma. Ma se al posto di Sara Mazo ci fossi stato solo io come cantante, non avremmo mai avuto quel contratto discografico. Gli Scisma sono entrati in quella situazione, perché c’erano tre ragazze, te lo dico senza nessun tipo di problema, non per i brani, non per l’idea, non per la volontà, non per il talento…Il nostro è un talento da trattori, molto meccanico, diciamo una meccanica d’amore, perché ci siamo veramente appassionati molto, ma se non ci fossero state loro tre, gli Scisma non avrebbero mai potuto firmare quel contratto con una major e lo dico con cognizione di causa e con grande esattezza: sono sicuro di questo. Poi si possono fare altri discorsi. Non dovevano esserci necessariamente tre donne: sarebbe bastato anche un uomo fatto in maniera diversa, senza queste turbe che mi tormentano sull’etica, per esempio…Non so come dire…Le cose entrano in certi circuiti perché c’è sempre dietro una seduzione, sia verso il primo piano, sia da parte di chi vuole entrare in questo tipo di situazioni. Bisogna essere seduttivi. Io purtroppo non lo sono. A volte mi viene da dire “per fortuna”. Finalmente, dopo tanto tempo, ho preso una decisione specifica qualche anno fa, che è proprio interiore: io non sono seduttore e capisco tra l’altro quanto sia difficile essere seduttori in questo momento in cui tutto è seduzione. Seduzione come sedazione, come sedativo, diciamo così (ridiamo). Se tu ti spendi per piacere a tutti, resti alla superficie del piacersi sciocco, che può anche dare felicità ed essere divertente, ma io mi diverto con cose molto diverse.
***Mescalina: Vabbè, ci credo che tu stia parlando con cognizione di causa, ma è terribile il quadro della situazione…!!(risata allibita). Ho capito il senso di quello che affermi su di te, però non penso affatto tu non abbia fascino. Il problema è appunto che quella “vincente” spesso è una seduzione esteriore, dell’apparenza e attraverso l’apparenza, perché per il resto…non penso che tu possa avere alcun tipo di problema a confrontarti con qualunque altro frontman…! (sorridendo)
***Paolo Benvegnù: No, credimi…io non penso di essere una persona affascinante: penso di essere una persona con tutti i suoi tumulti, i suoi tormenti, le sue gioie meravigliose…Però hai ragione: io in questo momento, nonostante gli anni, mi sento un ragazzino di cinque anni che fa le elementari. Se potessi farlo, ora starei tutto il giorno a casa o in biblioteca a studiare, farei 20-30 anni di studio, fino a quando non mi sento pronto di nuovo ad uscire e a fare questa cosa…mentre ci sono persone che questo problema non se lo pongono e il più delle volte hanno delle posizioni sociali molto agevolate. Bisognerebbe tornare alla saggezza vera, che è sia padre che figlia…Però ad esempio io sento anche la voglia di dimenticare per certi versi, di provare e sperimentare, l’ho sempre fatto per una parte importante della mia vita…
***Mescalina: Per fortuna…! Quello che in altri casi spesso, purtroppo, rovina la musica è proprio che ad un certo punto questa voglia di sperimentare non c’è più e ci si adagia…
***Paolo Benvegnù: Ci sono tanti esempi lampanti di questo, soprattutto nella musica popolare italiana, ma va bene…E’ proprio una questione di posizione: quando uno pensa che qualsiasi cosa faccia può essere interessante per qualcun altro soltanto perché compra, è la fine, la fine, la fine…della creatività!
***Mescalina: Già della creatività, non delle vendite, sfortunatamente…
***Paolo Benvegnù: Beh, sì, proprio in quel senso…(ride)
***Mescalina: Continuano infatti a vendere e in parte quindi hanno ragione gli artisti che fanno quel ragionamento…ma non è più arte…
***Paolo Benvegnù: Sì, non è un problema, ma non è che l’albero che fa più mele è l’albero che fa le mele migliori…
Mescalina: Infatti…!(ridiamo)Prima accennavi al fatto che in questo momento ti trovi in uno studio di registrazione con una giovane band di cui sei il produttore artistico. Sei uno degli artisti più disponibili alla produzione di giovani gruppi: quali sono le caratteristiche musicali, di stile, di concezione della musica, ecc. che ti colpiscono maggiormente e convincono a produrre una band?
***Paolo Benvegnù: Mah, in realtà, tante volte guardo veramente l’aspetto umano: quando vedo delle persone che sono realmente innamorate di ciò che fanno, la cosa che mi viene da pensare è di cercare di fare in modo che ciò che fanno, attraverso l’esperienza, sia veramente apprezzabile. Mi innamoro più delle persone che formano un progetto, che del progetto dal punto di vista musicale in senso stretto. Il più delle volte riesco a percepire in maniera specifica la volontà di comunicazione e cerco di agevolarla, con le caratteristiche che mi sembrano maggiormente presenti in quelle persone: mi metto veramente al servizio, mi sembra di essere un po’ una levatrice e questa è una cosa molto bella!
***Mescalina: Ti ringrazio, è stata veramente un’intervista ovviamente molto interessante…
***Paolo Benvegnù: Io ringrazio moltissimo te…!