interviste
Gio Evan La forza dell'amore e dell'arte nelle fragilita'
In occasione dell'uscita di "Ribellissimi", suo quarto lavoro discografico, una piacevole conversazione con Gio Evan sul suo album, su spunti e riflessioni che sono scaturite da esso.
Il rapporto tra la fragilità e la figura dell’artista (quelli da te citati nel disco), quanto incide nell’espressione del sé nelle opere?Con la poesia non posso raccontare questo rapporto, invece la musica mi dà quella libertà che mi consente di usare delle “zone di metafora”, dei riferimenti. La fragilità la posso far diventare un Ulay, perché Ulay in un determinato momento della sua vita ha avuto una fragilità e ha parlato di una rottura con la sua compagna, ma lo fa diventando un archetipo, un simbolo: la figura dell’artista che reagisce all’insuccesso. Questa è la bellezza che fa l’artista; nelle mie canzoni spiccano queste figure retoriche perché amo parlare dei simbolismi.
Molti artisti da te citati (Andy Warhol, Ulay, De Dominicis, Fontana e Carrà) furono anticonformisti nell’esprimere ciò che avevano dentro: quanto è importante essere anticonformisti per far vedere nell’arte ciò che si prova?
Io sono anticonformista per educazione, mi sembra un dovere al giorno d’oggi, perché è un sintomo di grande salute contro un sistema che non lo è, come diceva Tiziano Terzani. L’anticonformismo è alla base della salute, perché ti può portare a un amore autentico, come quello tra Ulay e Marina Abramovic e quello vissuto da altri artisti prima di loro.
Nel disco emerge un rapporto molto forte con la propria interiorità: quanto è fondamentale per l’artista ritrovarsi in essa e in quella della persona a cui le canzoni e le poesie sono destinate?
Per l’artista è essenziale scavare nella propria interiorità, non patinarla, non fossilizzarla e tutto ciò che ti ispira ti conduce a tante superfici. È importante scavarsi e ritrovarsi dentro di sé, ma non solo per l’artista, anche per l’uomo. Io non sempre mi sono ritrovato nelle interiorità, a volte ho fatto fatica ad accoglierle, ad accettarle e a volte ho fatto sempre di tutto per non vederle; però andarci è fondamentale, perché poi quando torni a galla dopo essere stato nell’abisso, c’è sempre un tesoro incastrato negli scogli. È un gesto importante da fare, perché c’è chi ha lo spazio di profondità ed ha la tenacia per andare sotto e vederlo.
Nella parte del disco dedicata alla poesia musicata, e anche in brani come Susy e Vittoria, emerge l’importanza di avvalorare se stessi e la propria essenza: quanto è importante nell’esprimere le proprie sensazioni?
Riconoscere di essere di valore è sacro, perché poi diventi incorruttibile e molti miei pezzi sono sospinti dall’avvalorarsi. Io valorizzo molto la scrittura (non solo la mia), l’arte in generale e anche le mie opere. Il valore per me è imprescindibile, investire tempo e vita e dedicarsi al proprio valore. Oggi si possono valorizzare degli oggetti, ma quanto valore si riesce a dare alle persone? Quando è un tuo parente, tendiamo a dire che non ha valore perché è difficile farlo quando c’è il sacro di mezzo, perché non è vero che non ha prezzo, è che non ha IL prezzo, non esiste perché cambia la valuta ed è troppo grande per queste piccolezze.
Nell’opera emerge l’elemento della solitudine; quanto serve per ascoltarsi, per riconoscersi e per esprimere le proprie profondità?
Prima di tutto, la scrittura nascere per esprimere la solitudine. Io per scrivere ho bisogno dei miei tempi; questi tempi e la solitudine mi hanno permesso una maggiore crescita personale, una maggiore riconoscenza. La solitudine è quell’arte che ti permette di rendere raffinate le domande che ti poni nella vita, è un po’ passare la cera sulla struttura del tuo cervello e renderlo più lucido ed autentico. Una persona che non si dedica della solitudine, è una persona che non pensa, perché quando sei con gli amici puoi fare dei discorsi e delle filosofie, che sono “elasticizzazioni” del pensiero. È quando sei solo che ti avvali, però, del pensiero e ti accorgi di quanto possa averti fatto male il gesto di una persona. La solitudine è una livella che ti metti addosso e vedi quanto sei equilibrato, squilibrato e quanto tu stia soffrendo o andando bene in quello che vuoi. Chi dice che faccia male, sbaglia perché la confonde con l’isolamento; quando una persona vuole stare sola, la solitudine è una benedizione, non lo è quando è costretta a stare da sola.
Nelle tue opere spicca sempre il rapporto tra poesia e musica: quanto è importante per te unirle per dare a entrambe sguardi espressivi differenti?
Per me poesia e musica sono già unite, sono la stessa gestazione, la poesia è una canzone che non stai intonando e la canzone è una poesia a cui stai dando una melodia. Penso che artisti come Gaber, Piero Ciampi e anche Dalla abbiano fatto capire al mondo che le due arti sono la stessa cosa. Io non ci vedo differenza e anche il mio pubblico la vede così; qualcuno mi ha detto che Graffi è una canzone bellissima o su Susy mi hanno detto stupiti “Ma che poesia è?”. Questa per me è la vittoria più grande, quando faccio la canzone e la gente la definisce poesia e viceversa, quello è un mio goal. Questo album sta riuscendo, come gli altri, proprio in virtù di questo rapporto ed anche perché siamo un’anomalia nel mercato e siamo gli unici (io e il gruppo) a fare questo lavoro, pur raccomandandomi di non sentirmi solo nel farlo e a non cedere a chi mi chiedeva “Perché lo fai?”.
È di lunga data la collaborazione musicale con Tommaso Sgarbi, che compone e produce la musica che accompagna i tuoi testi: quanto è importante per te e per le tue opere la sua figura? Quanto vi influenzate a vicenda artisticamente?
Tommaso è importante, con lui non è solo capirsi, ma anche carpirsi. Una persona che ti capisce è in grado di farlo anche quando tu ti spieghi male, Tommaso ha accettato di mettersi a tavolino e dare un senso alle mie visioni. Io gli ho spiegato come avrei voluto determinati suoni e lui, con una grande pazienza, ha saputo inserire elementi che mi hanno sorpreso. Spero che la nostra collaborazione possa continuare, perché ormai non si tratta più di conoscersi: sembra ci sia un qualche superpotere, perché c’è un’affinità di cui non so spiegarmi. È come quando ti innamori di qualcuno, l’affinità è così importante che resti stupito, perché non è più un riconoscersi, ma vibrare nelle stesse frequenze e, nel percorso evolutivo, essere nella medesima fascia d’onda.
Ti ringrazio per la gentilezza e la disponibilità.
Grazie a te.
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Foto: Danilo D'Auria