interviste
Johann Sebastian Punk La rinascita del Glam
La rivelazione dell'anno: il modo più semplice per descrivere Johann Sebastian Punk è questo. Il debutto discografico ha fatto drizzare le antenne a tutti, tanto da valergli prima la candidatura, poi l'essere tra i finalisti delle Targhe Tenco per la miglior opera prima. Come il loro disco, già la sola nomination è una ventata d'aria fresca per la nostra musica. Abbiamo fatto qualche domanda a loro sui premi Tenco, sulla musica italiana, la situazione in cui si trova e sulle loro influenze. E anche in questo caso si sono rivelati ben poco banali, così come la loro musica.
Mescalina: Partiamo dalla fine. Targa Tenco. Cosa significa per voi essere tra i finalisti per l'opera prima, visto soprattutto il fatto che raramente viene nominato qualcuno che utilizza l'inglese per le proprie produzioni?Johann Sebastian Punk: Potrei sbagliarmi – capita persino a me –, ma mi pare si tratti proprio del primo caso assoluto di un finalista in lingua inglese. La candidatura stessa colse di sorpresa tutti, essere arrivati in finale è già un traguardo straordinario. Ora, contro le previsioni che ci danno per spacciati, non ci resta che sognare. Personalmente, senza maledettismi a tutti i costi, ammetto che non ci dormo la notte. Penso che una nostra vittoria, al di là del fatto che la nostra musica possa piacere o meno, sarebbe un bel segnale per la musica italiana. Un segnale di rivoluzione, di coraggio, di amore dell'arte per amore dell'arte. Far vincere un album dal respiro internazionale (non è una questione di lingua) significa avere a cuore l'inversione di una tendenza che ha portato il mercato musicale mondiale ad essere totalmente indifferente alla musica d'autore italiana. Inversione che non possiamo più procrastinare; ce lo chiedono Vivaldi, Verdi, Battisti, Morricone.
Mescalina: Cosa ne pensate dei vostri concorrenti al premio?
Johann Sebastian Punk: Adoro accettare provocazioni di questo tipo e dire la mia schiettamente su tutto, ma mi è stato chiesto dall'alto – dato il momento delicato – di provare a essere un po' democristiano. Mi limiterò a dire dunque, sgomberando comunque il campo da ogni ipocrisia, che nessuno degli altri concorrenti incontra il mio gusto musicale personale. Prescindendo però dall'apprezzamento o meno che resta soggettivo, tra me e gli altri concorrenti esistono delle sostanziali differenze di natura oggettiva. Innanzitutto a livello di esposizione mediatica: Levante è in costante airplay radiofonico da un anno e mezzo; Graziani jr. è stato a Sanremo e solo questa settimana è apparso sia in Rai sia sulla tivù commerciale; Capovilla, Fiori e Parente surfano con classe il midstream da oltre quindici anni, incontrando tra l'altro il favore di tutto l'ambiente Tenco. E poi ci siamo noi, dei Carneidi la cui vittoria non farebbe gli interessi di nessuno. Poi, guardando ai contenuti musicali, mi pare che le intenzioni siano molto diverse: si tratta di cinque dischi pop, ma il nostro è un disco che prova in maniera decisa a staccarsi dalla “mondanità” delle cose ponendosi come un'opera dal carattere “universale”.
Mescalina: In caso di vittoria cosa dovremmo aspettarci sul palco dell'Ariston?
Johann Sebastian Punk: Uno spettacolo che nel bene o nel male passerebbe alla storia.
Mescalina: Su cinque candidati come miglior opera prima, solo voi e Levante siete under 30: pensate che sia un brutto segnale per la musica italiana?
Johann Sebastian Punk: Direi proprio di sì. Secondo una teoria che mi sento di condividere – basti dare uno sguardo ai dati anagrafici dei grandi della musica leggera e confrontarli con le date d'uscita dei loro lavori più significativi – è nella fascia d'età che va dai ventuno ai ventotto anni di vita che si ha la fase creativamente più esplosiva di un artista. Io stesso, che ho venticinque anni e sono il più giovane candidato alle Targhe, mi sento terribilmente vecchio e su questo tema ci ho scritto un disco. Negli anni mi sono sentito dire che ero troppo giovane per essere sostenuto, che avrei dovuto fare gavetta, che avrei dovuto raggiungere la maturità. Se si fosse sempre ragionato così avremmo bruciato tutti i grandi talenti della storia dell'Arte. Premesso ciò: la Targa Tenco al miglior debutto non può trasformarsi in un mini-premio alla carriera. Il Premio Tenco, quello che si assegna ad ottobre, è un premio alla carriera. La Targa al miglior esordiente deve essere una cosa per i giovani, per chi non ha spazio ma ha qualità. Se dopo la vittoria di Appino dell'anno scorso quest'anno la Targa andrà ai Betti Barsantini o a Capovilla – ferma restando l'indiscutibile qualità intrinseca delle loro opere e l'assoluta rispettabilità delle loro carriere –, passerà un messaggio molto netto: “i giovani non valgono nulla”. E le Targhe Tenco, intitolate a un titano della canzone italiana che si tolse la vita a ventotto anni, sono un premio troppo prestigioso e troppo serio per dare un segnale del genere.
Mescalina: Passiamo al disco. More Lovely and More Temperate sta riscuotendo un ottimo successo di critica e pubblico. Pensate che se qualcuno avesse prodotto il disco il risultato sarebbe potuto essere anche migliore?
Johann Sebastian Punk: Decisamente. Uno dei grandi limiti dell'album è proprio la produzione artistica, che ho curato io stesso che non sono un tecnico e che ho dovuto chiedere l'ausilio di Enzo Cimino – che mi ha sistemato un po' tutto facendo un gran lavoro – laddove non sono stato più capace di venire a capo dei miei deliri. E' un disco che è costato zero, che ho suonato quasi interamente da solo, ma che non potevo più tenere nel cassetto. Se non lo avessi fatto uscire avrei rinunciato alla musica per sempre. Spero che per il secondo disco, che sto scrivendo in questi mesi, ci sarà un budget adeguato alle mie ambizioni. Covo dei piani diabolici.
Mescalina: Ascoltando il disco ci si rende conto della voglia di destrutturare ogni genere a cui venite accostati. Ma anche voi avrete delle influenze da cui vi rifate. Quali sono?
Johann Sebastian Punk: Abbiamo tutti gusti molto diversi. Albrecht (batterista) è un patito di black metal e synth pop, Pino (bassista) è un tuttologo che ha lasciato un grosso pezzo di cuore negli anni Novanta, di Johnny (tastierista) so solo che è un grande fan dei REM ma con lui parlo poco di musica e molto di vita. Io sono un altro onnivoro ma, banalmente, i miei punti di riferimento sono i Beatles e David Bowie. Poi adoro il baroque pop degli anni Sessanta, la mùsica popular brasileira, il progressive, il punk '77, e i due autori che negli ultimi dieci anni ho più apprezzato sono Patrick Wolf e Phil Elvrum. Poi ho i miei periodi di fissa, ad esempio adesso sto scoprendo il meraviglioso mondo della musica melodica napoletana: abbiamo un patrimonio musicale straordinario, non possiamo permetterci di dilapidarlo come stiamo facendo.
Mescalina: E Cyndi Lauper è tra queste?
Johann Sebastian Punk: “She's so Unusual” è un grandissimo album pop. Vinse tra l'altro il Grammy alla miglior opera prima. La Lauper all'epoca aveva appena compiuto trent'anni e alcuni storsero il naso sostenendo fosse un po' troppo avanti con l'età per vincere nella categoria dei debuttanti.
Mescalina: A quale decennio musicale pensate di essere più legati?
Johann Sebastian Punk: Agli anni Settanta. Ma del XXI secolo.
Mescalina: Il gusto per la teatralità è tra le vostre caratteristiche portanti: è difficile riproporre dal vivo questa attitudine?
Johann Sebastian Punk: Il live e il disco sono due discorsi molto diversi. Chi si aspetta di sentire il disco dal vivo rimarrà deluso, così come la maggior parte di chi ci ha conosciuto live è rimasto deluso una volta ascoltato l'album. E' un live esplosivo, scintillante, interattivo, che trae linfa vitale dall'antico fuoco che animò il rock'n'roll. E la teatralità resta intatta, ma ha un'altra forma, forse persino più marcata.
Mescalina: Cosa ci dobbiamo aspettare dal vostro futuro imminente?
Johann Sebastian Punk: Fuoco e fiamme.
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Si ringrazia Johann Sebastian Punk e l'ufficio stampa Sfera Cubica.