Murubutu

interviste

Murubutu Pioggia, rovesci, temporali, musica e vita: pensieri e parole col professor Murubutu

30/01/2022 di Laura Bianchi

#Murubutu#Italiana#Alternative

E' sempre avvincente scambiare pensieri e parole con Alessio Mariani, alias Murubutu, professore di storia e filosofia, e rap-contatore di storie e filosofie. Fuori da poco il suo nuovo lavoro, Storie d ' amore con pioggia e altri racconti di rovesci e temporali, uscito per Glory Hole Records.
D. Innanzitutto grazie Murubutu, per la possibilità di incrociare pensieri e suggestioni nate dall’ascolto del tuo ultimo album, Storie d ' amore con pioggia e altri racconti di rovesci e temporali.

E ti anticipo che è stato difficile condensare in poche domande le infinite riflessioni che le tracce suscitano…Parliamo dei “tempo-rali”: quali sono quelli che, nella composizione dell’album, ti sono comparsi per primi, e perché?

M.: Il primo ad apparire è stato Palazzo di gemme, che infatti condensa un po' tutto il concept che intreccia pioggia, multiverso e viaggi spazio / tempo. La pioggia che in ogni goccia riflette il mondo da prospettive diverse è metafora del multiverso, un concetto che va ben oltre le ipotesi scientifiche e fantascientifiche e ci rimanda ad una riflessione sulla nostra vita fra rammarico, speranza e nostalgia.


D. La tua formazione storica e filosofica continua a ispirarti, non solo nelle citazioni sparse nei testi, ma anche, mi pare, nel coraggio con cui affronti una tematica psicologica che sta diventando politica (nel senso alto del termine): la depressione. Quali sono le tue riflessioni? Hai pensato, da artista e da docente, oltre che da cittadino, a qualche proposta in merito?


M.: La soluzione sarebbe un altro tipo di società che evidentemente non è possibile. Però io penso che nelle reti solidali, nel mondo del volontariato, nelle politiche territoriali più illuminate si possa fare la differenza. Ti faccio un esempio: il mio Comune aveva messo in campo una bella iniziativa, in tempi pre-covid: volontari andavano nelle case degli anziani, soprattutto quelli che vivevano soli, e li intervistavano in più fasi per raccogliere le loro memorie e pubblicarle in una collana disponibile a tutti: una bella operazione di respiro storico, antropologico e psicologico insieme.


D. Questo è forse il tuo lavoro più distopico, eppure la ricerca di un’ipotesi di senso, che ci restituisca i simulacri delle cose autentiche, come hai scritto in Black Rain: in questa ricerca
quasi leopardiana, in quest’atmosfera alla Blade Runner, cosa vuoi, o puoi salvare?


M.: La rima che citi in realtà è nella strofa di Rancore ed è di chiara ispirazione platonica. Per quanto mi riguarda vorrei salvare le interpretazioni del mondo che sfuggono alla semplificazione manichea del bipolarismo dialettico. La dittatura che più mi spaventa è quella della comunicazione, a cui tutti inconsapevolmente concorriamo. Il dibattito attuale sulle politiche relative alla pandemia lo dimostrano ogni giorno. Non puoi
avere un pensiero complesso, viene immediatamente tritato e ricondotto alla dinamica violenta degli schieramenti contrapposti.


D. Passiamo all’arte, anzi, alla storia dell’arte: nel tuo mescolare colto e popolare, fra Caillebotte, Kandinsky, il Guggenheim e le copertine di Urania, quanto conta per te, anche come compositore, l’aspetto grafico?

M.: Sono un profano, non ho una conoscenza profonda della storia dell’arte ma forse per questo conservo la meraviglia e l’entusiasmo dei neofiti, che a volte assomiglia a quella dei bambini.
Alcuni dipinti sono pura magia, sono veramente porte verso altri mondi. Con le grafiche relative alla mia musica voglio comunicare l’appartenenza ad un mondo diverso, più vasto, articolato e antico degli stereotipi della musica urban.


D. L’impressione complessiva che emerge dal disco, in senso musicale, è quella di una ricerca, riuscita, di un equilibrio fra il canto, il ritornello (come nella splendida Multiverso) e il ritmo scuro della tua antica Kattiveria (come nella potente Legio XII fulminata). Come ci riesci?


M.: Già tanti anni fa, scherzando sulla mia carriera artistica, ho sempre detto che sarebbe stata divisa in fasi: la fase politica, la fase didattica, la fase narrativa e la fase melodica. Ora sono all’ultima fase, che ovviamente contiene una sintesi anche delle
precedenti.


D. Ultima domanda, quasi d’obbligo: sono molte e notevoli le collaborazioni, fra cui spicca quella con Rancore e Claver Gold. Come ti sei trovato a costruire un beat con artisti come loro due, Dia, En?gma, Dhany, e altri? E pensi che, quando riprenderai a fare live, potranno essere tuoi ospiti?

M.: I beatmakers hanno dato un contributo fondamentale a questo disco, aveva bisogno di nuove sonorità con cui provare a sviluppare nuove modalità espressive.
Solitamente sviluppo i brani scegliendo beats su cui l’ospite possa trovarsi a suo agio. Questo per le collabrazioni rap. Per i ritornelli invece sono io che scrivo i testi e chiedo loro di fare quello che ho immaginato stia bene cantato dalla loro voce.
Per quanto riguarda i futuri live, Dia sarà sempre con me sul palco nelle varie date, insieme alla band. Gli altri ospiti del disco spero possano essere presenti ad alcune date come in passato, quando succede sono momenti di grande festa e il pubblico apprezza tutta la sinergia e l’intesa umana ed artistica.

 

Ed ecco le prossime date: 

5 marzo, Largo Venue, Roma

18 marzo, Duel Club, Napoli

26 marzo, Viper, Firenze

1 aprile, Estragon, Bologna

22 aprile, New Age, Roncade (TV)

23 aprile, Alcatraz, Milano

6 maggio, Hiroshima mon amour, Torino