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Dente Canzoni per metà... presenti, passate e future

29/09/2016 di Kevin Ben Alì Zinati

#Dente#Italiana#Alternative

Che essenzialità sia la parola d’ordine del nuovo album di Dente lo si capisce in fretta. Prima ancora che dal titolo, “Canzoni per metà”, che apre alle più diverse interpretazioni e a cui lo stesso Giuseppe Peveri partecipa non dando soluzioni definitive. Prima ancora che dalla track-list, dove tra le ben venti canzoni spiccano alcune che durano addirittura meno di un minuto ma guai a parlare di incompiutezza. L’ultimo lavoro del fidentino bada al sodo e lo si percepisce fin dalla conferenza stampa con cui, lunedì 13 settembre al Santeria Social Club di Milano, ha presentato il suo ultimo album (per l’etichetta Pastiglie e distribuito da Sony). Uno sgabello, un proiettore e lui, Dente, a meno di cinque metri da una trentina di giornalisti preso in un botta e riposta dove spiega i chi, i cosa, i come e i perché di “Canzoni per metà”. Nessun giro di parole, nessuna acrobazia verbale. Nessun D’Annunzio insomma, solo Ungaretti. Proprio come l’album, diretto, essenziale e semplice. Un album alla Dente, dunque, che il cantante ha scelto di anticipare in modo originale realizzando, su Facebook, tredici dirette in dodici ore del singolo “Curriculum”, da mezzogiorno a mezzanotte in diverse location sparse per Milano.
Mescalina: Dente, partiamo dall’inizio. Ci spieghi il titolo del tuo nuovo album “Canzoni per metà?”.

Dente: È un titolo esplicativo. Sono delle canzoni scritte per delle metà. Le metà che ho avuto, che ho e che forse avrò. Non si riferisce al fatto che le canzoni sono incomplete. Possono sembrarlo visto che alcune sono davvero molto brevi, come “Curriculum”, ma per me anche così sono complete. Ci sono cose che mi muovono la scrittura e altre no. Credo poi che ci siano canzoni che parlano dei pensieri che ho ma ci sono anche riflessioni e domande, mi faccio molte domande in questo disco. Oltre che a delle metà, le canzoni sono dedicate anche ai miei pensieri

 

M: Che cosa ti piace del tuo disco? 

D: La copertina. L’immagine non è stata fatta apposta per il disco, l’ho vista su Instagram, mi è piaciuta, ho contattato l’autore e così è diventata la copertina. È opera di un artista argentino che si chiama Fefhu il quale è un collagista. Mi piaceva l’idea di una persona sola che prende delle immagini e le mette tutte insieme: il disco è esattamente così. Un’altra cosa che mi piace è pensare che l’ho fatto e suonato tutto da solo. L’idea di fare un disco “in solitaria” c’era da un po’ di tempo. Volevo fare un disco “in casa”, come facevo una volta, e così l’ho anche registrato ma molto male e quindi poi l’ho ri-registrato in studio. Mi piaceva l’idea che fosse tutto molto mio

 

M: Per presentare “Curriculum hai optato per una scelta promozionale particolare. Puoi spiegarcela? 

D: La scelta è nata con Francesco Imperato (regista e videomaker, ndr). Con lui abbiamo ragionato sul produrre in videoclip di “Curriculum”. È una canzone con una dignità da canzone, anche se dura poco, e dunque volevo fare un video e non un teaser. Abbiamo pensato tante cose ma tutte sembravano anche belle ma non smuovevano nulla. “Che segno lasciamo al pianeta se facciamo un videoclip?” gli chiedevo. E quindi, ragionando, ci è venuta questa idea di fare il video in diretta “così siamo sul pezzo e siamo come i giovani veri” ho pensato. Da lì è nata la follia di tredici dirette una volta all’ora su Facebook. Ha funzionato anche bene, mi sono divertito tantissimo, è stato meglio di aver fatto un videclip normale penso.

 

M: Quindi credi che i social stiano prendendo un ruolo sempre determinante anche nella musica e nella promozione musicale?

D: Sono sicuramente importanti. Quanto non lo so, non ho delle statistiche ma credo lo siano soprattutto in questa generazione digitale.

 

M: In “Canzoni per metà” ci sono brani che durano davvero meno di un minuto. Credi che la sinteticità possa essere un limite? 

D: Assolutamente no, anzi, è una forza, la uso spesso. Pensiamo ad Ungaretti. Una frase detta bene, nel modo e nel momento giusto può essere più efficace di un romanzo di 2000 pagine. 

 

M: Come mai hai scelto di mettere nell’album ben 20 canzoni? 

D: E perché no? Scrivo in continuazione e quando ho un certo numero di canzoni le scelgo e le metto insieme. Queste venti secondo me stavano bene tutte insieme, sono tutte canzoni per metà ma non sono incompiute. Poi non tutte sono brevi quindi non è un disco stile favole per bambini.

 

M: Il tuo lavoro come autore con “Favole per bambini molto stanchi” ha influito sulla creazione di questo album? 

D: Inconsciamente un po’ ha aiutato a non mettere soltanto una canzone corta ma a metterne di più. Forse mi sono sentito legittimato a farlo. Se non avessi fatto quel libro avrei fatto un disco diverso probabilmente, chi può saperlo. 

 

M: Con Canzoni per metà” sei tornato un po’ verso le tue origini. Come mai questo ritorno proprio in questo momento? 

D: L’ho fatto un po’ con il gusto della controtendenza. Si tende tutti ad andare sempre più verso il volere del pubblico, quindi spesso non è più l’artista che detta un gusto ma è il pubblico che decide, l’artista è quasi come se fosse sotto scacco dal pubblico. Per questo volevo fare una cosa più artistica che andasse incontro al mio desiderio di fare musica e e di fare canzoni senza sovrastrutture, senza pensare a venderle o tutto il resto. Ho sempre fatto canzoni con grande sincerità ma poi sceglievo quelle che erano un po’ più “da disco”. Ora invece ho scelto canzoni che stavano bene insieme, che possono sembrare delle figlie minori delle altre ma che non lo sono affatto. Non voglio seguire nessuno, voglio essere io davanti alla fila - ride - e non dietro.

 

M: Hai qualche aneddoto particolare legato a “Canzoni per metà”? 

D: Devo dire che non amo molto l’anedottica, forse il mio cervello si chiude in questo senso. L’unica cosa che mi ricordo è che ho passato un mese e mezzo a Livorno, una città davvero particolare. È come se fosse rimasta bloccata al 1978. Mi hanno fatto molta impressione le edicole, che lì sono dei negoziati piccoli e pieni di giornali. Quella città è tutta un aneddoto. 

 

M: Ti senti un cantautore? 

D: Si, mi piace la definizione. Un cantautore è quello che si scrive i testi e canta le sue cose. Non necessariamente è un musicista tecnico o un interprete bravo. È uno che scrive, suona e canta le sue cose in base alle sue capacità e alle sue difficoltà. Accetto questa definizione