interviste
Motta La fine dei vent'anni, Roma e Riccardo Sinigallia. Motta prova a raccontarsi
L’appuntamento lo fissiamo su Skype, mentre Francesco Motta si trova a Livorno. Dove il cantautore toscano sta ricaricando le pile in vista della ripresa del tour. Qualche giorno di riposo, meritato peraltro, poi si riprende, fino al prossimo ottobre. Sul palco le versioni live di La fine dei vent’anni (e non solo), uno degli album italiani più intensi e riusciti di questo 2016. A capirlo sono stati in tanti, e non è certo un caso: “Il tour sta andando benissimo – spiega Motta –, ci stiamo divertendo a suonare (che non è banale) e sta venendo un sacco di gente ai nostri concerti”.
Come stanno suonando le tue canzoni dal vivo? Le canzoni stanno finalmente suonando come volevamo noi. Cesare, Giorgio, Leo, Fede, Andrea (il nostro fonico) e io adesso abbiamo le idee chiare: i brani dal vivo ora hanno più intro e code strumentali. Abbiamo già fatto una trentina di concerti, per cui è normale che lo spettacolo sia molto migliorato.
In scaletta c’è anche qualcosa dei Criminal Jokers? A proposito, cosa ti è rimasto addosso della tua vecchia band?
Sì, stiamo suonando anche dei pezzi dei Criminal Jokers. Cosa mi è rimasto di loro? Direi il giusto (ride, ndr)!
Nel club dei trentenni, in realtà, entrerai solo il prossimo 10 ottobre: è un passaggio che aspetti con ansia o lo stai vivendo senza grosse aspettative?
Nessuna aspettativa se non quella di cercare di essere felice. E questo non lo sto aspettando con ansia. In ogni caso, sono molto sereno del lavoro che ho fatto, ho lavorato tantissimo e questo mi ha portato serenità.
Un tempo compiere trent’anni significava passare all’età adulta, oggi non è più così. Come vivi la mancanza di certezze e fino a che punto la musica può salvarti?
Devo dire che i miei genitori mi hanno sempre dato una mano. La musica non è una salvezza per me, lavorare con la musica è tutt’altro: è disciplina, sacrificio e trovare il modo di buttare il cuore sul tavolo. Non sto bene quando scrivo, ma quando ci riesco sto benissimo.
Hai dedicato una canzone a tuo padre (Mio padre era comunista): direi che non senti molto il distacco con la generazione che ha preceduto la tua…
No, dal momento che chi l’ha preceduta riconosce le differenze. E incontrare persone che le differenze le riconoscono mi capita spessissimo. Per cui la cosa non mi pesa affatto.
Come hai vissuto il trasferimento a Roma e in che modo cambiare città ha agevolato tuo cammino artistico?
Roma è stata fondamentale per me. Roma dice la verità, bella o brutta che sia, ma dice la verità. E mi ha aiutato a cercare la mia verità.
Suona un po’ come un atto di accusa nei confronti di Livorno. Che facciamo, citiamo Francesco Guccini? Piccola città, bastardo posto…
No, sono io inadatto a una città come Livorno, già solo per il fatto che sono pisano (ride, ndr)!. È una città magnifica, si sta bene, ci sono delle persone alle quali voglio bene, ma per il lavoro che faccio non è stimolante. Ovviamente per altri non è stato così, per questo il problema è mio, non di Livorno.
Come è andata con Riccardo Sinigallia?
Doveva darmi una mano per un paio di testi, poi abbiamo iniziato a lavorare su tutto il disco. Mi ha insegnato tanto, ma soprattutto è nata un’ amicizia sincera e stimolante.
Cosa ti ha insegnato in particolare?
Che se dici la verità nelle canzoni, le canzoni ti emozionano quasi sempre.
E il lavoro in studio? Immagino che tu arrivassi con delle idee e lui…
E lui le ha sempre rispettate. Spesso mi diceva che alcune canzoni non erano ancora pronte e allora ci mettevamo a lavorare insieme: non ci sono mai state incomprensioni.
Nemmeno tensioni?
Momenti di sconforto da parte mia sì, perché più che passava il tempo e più ero dentro al disco più mi sembrava difficile uscirne, però tensione no.
C’è qualche tuo collega che apprezzi particolarmente?
Riccardo Sinigallia e IOSONOUNCANE e, in generale, tutte le persone che passano molto tempo a lavorare sulle canzoni.
Ti ritieni un cantautore, suppongo…
Sì, e il fatto che poi io passi mesi o anni sugli arrangiamenti delle canzoni è solo una conferma di quanto per me siano importanti i testi e le parole.
Vedi, spesso i critici, e parlo soprattutto di riviste cartacee, tendono a sminuire la nuova scena cantautorale italiana, specie quando scatta il confronto con gli anni ’70. Partendo dal presupposto che certe differenze sono innegabili, da cosa credi derivino certi atteggiamenti? Si tratta di uno scollamento generazionale o, per metterla sul drastico, credi che a una certa età si dovrebbe smettere di scrivere di musica?
Si deve smettere di scrivere musica quando non si ha più voglia di farlo, non c’entra niente l’età! Non so da cosa derivino certe critiche ma non le giustifico: fra cinquant’anni si ricorderanno di Riccardo e IOSONOUNCANE nello stesso modo in cui oggi ci ricordiamo di Francesco De Gregori e di Rino Gaetano. Se non sarà così, il problema non sono le canzoni e la loro qualità.
Che poi più che di critiche, in fondo, si tratta di sufficienza: sì, bravino Motta, bravino IOSONOUNCANE, però De Gregori, però Guccini… tutta un’altra storia…
Eh vabbè ma, come ti dicevo, ne riparliamo fra un po’. Sinceramente, in questo periodo della mia vita ascolto molto più volentieri Riccardo Sinigallia che Guccini. E, secondo me, spesso anche le persone che scrivono queste stronzate!.
E comunque sia il tuo disco è stato accolto bene, sul web, poi, è stato un plebiscito. Perché non provi tu ad avanzare una critica su “La fine dei vent’anni”?
Guarda, me ne sono fatte talmente tante mentre scrivevo il disco… che adesso voglio godermelo e basta!
Link:
https://www.facebook.com/francescomottaufficiale/?fref=ts
http://www.bigtimeweb.it/francesco-motta
http://www.woodworm-music.com/