interviste
The Niro Naturalezza, cura e profondità
Una voce sublime che lancia staffilate di brividi, un sound accurato e studiato, eppure caratterizzato da equilibrio e naturalezza. Ecco a voi The Niro in una chiacchierata sui temi delle sue canzoni, tra intimo e sociale, e sul suo percorso musicale.
Davide Combusti, in arte The Niro, è un fuoriclasse: sarà per questo che dietro e dentro la sua musica c’è cura e studio, nell’elaborazione degli arrangiamenti, nelle linee vocali che salgono le scale musicali lanciando staffilate di brividi, nei testi che si muovono tra intimo e simbolico per narrare il reale, eppure ogni elemento sembra combaciare con naturalezza. In questi mesi ha vinto due sfide, quella di cantare in italiano e quella di affrontare il palco dell’Ariston con la consueta maestria (nonché con un brano notevole, profondo e complesso, lontano anni luce dalla classica canzonetta). La nostra recensione dell’album 1969 (Universal) precisa:Il nuovo disco di The Niro è il primo composto da brani con testi in italiano e non in inglese, ma il cambiamento linguistico non ha di certo inficiato la sua musica attraverso contaminazioni con i caratteri deteriori della musica italiana (retorica, eccessi melodici o melodrammatici, ecc.). Il suo sound resta infatti rigorosamente e deliziosamente esterofilo, tra chitarre acustiche folk-rock e arpeggi o acuti radioheadiani (ad es. in Non riesco a muovermi, che poi esplode in una delle più apprezzabili accelerazioni rock del disco), suoni sintetici, sacrali o sognanti, che accompagnano con incedere solenne anche i pezzi più pop (Ruggine), e architetture articolate e cangianti, talora con gusto quasi prog o psichedelico.
Qui potete leggerla integralmente: http://www.mescalina.it/musica/recensioni/the-niro-1969
Abbiamo posto a The Niro alcune domande per entrare e lasciarci condurre nelle pieghe dei suoi versi e dei nuovi brani, ripercorrere alcune tappe della sua carriera, come la partecipazione al progetto Anti Atlas di Chris Hufford, e tanto altro.
Mescalina: Dopo un’esperienza più che decennale e tre LP in inglese (se si conta anche The Ship), hai pubblicato un disco in italiano: cosa ti ha portato non a puntare su un allargamento del pubblico internazionale, continuando a scrivere in inglese e magari pubblicando un disco all’estero, ma a provare ad ampliare i riscontri in Italia, componendo brani con testi in italiano e partecipando a Sanremo?
The Niro: Volevo inizialmente dimostrare a me stesso che l’italiano non era inconciliabile con il mio mondo musicale. E ci sono riuscito! Sanremo è stata una vetrina per proporre la mia musica. Il bilancio è stato positivo, anche se sul palco mi è mancata parecchio la chitarra.
Mescalina: C’è stato qualche episodio che ti ha fatto comprendere e ti ha fornito la “misura” della visibilità offerta dalla vetrina sanremese? E sei soddisfatto del numero di ascoltatori che ha condotto alla scoperta della tua musica?
The Niro: Quando apriii il concerto di Amy Winehouse non mi chiamò nessuno.
Quando mi presero a Sanremo mi chiamarono tutti i parenti.
Sono certamente soddisfatto, anche se tutto sommato preferisco conquistarmi nuovo pubblico con i concerti.
Mescalina: 1969 parla del momento dell’allunaggio come momento di avvio di un meccanismo di seduzione/conquista/illusione/delusione incarnato dalla potenza statunitense. Nel brano rappresenta in qualche modo un punto di arrivo (la realizzazione di un sogno) e di inizio (della disillusione)? Hai mai temuto che il testo fosse troppo complesso per l’Ariston?
The Niro: Certo, ci ho pensato! Ma successivamente ho realizzato che scrivere il brano comprensibile per tutti non era da me. Sono sempre stato un po’ ermetico.
Mescalina: Il testo de L’evoluzione della specie invece passa dalle conquiste dell’uomo primitivo a cambiamenti dei costumi, pretese e istanze tipiche dell’uomo contemporaneo (“sesso senza regole”, “lavoro instabile”, “amore isterico”, “vendo l’anima”, “compro l’immortalità”): come è nata questa canzone?
The Niro: E’ nata dalla semplice considerazione che per quanto un uomo acquisti potere, alla fine, democraticamente, muore. E’ un pensiero che mi ha sempre rilassato.
Mescalina: Invece cosa ci dici di Vanità? Come mai hai pensato di dedicare un brano al trionfo dell’estetica, dell’apparenza e dell’assenza di contenuti?
The Niro: In realtà è un brano che condanna l’estetica spiccia, raccontata dal punto di vista dell’esteta. Mi piace indossare i panni di persone che vedo come opposte a me.
Mescalina: Da un punto di vista musicale invece nell’album ci sono momenti acustici imperniati sulle chitarre, brani più rock ed elettrici, canzoni con sonorità più sognanti o orchestrali (Pindaro). Che tipo di sound hai cercato per questo lavoro?
The Niro: Ci sono diversi mondi che si incontrano, ma non riesco a spiegare la musica per generi, è un mio grande limite.
Mescalina: Ora un po’ di storia: hai partecipato a vari tributi (per i Belle and Sebastian, al tributo mondiale per Elliott Smith, ma anche a un tributo per i Diaframma, cantando ovviamente in italiano): confrontarti con le cover di artisti con un peso specifico notevole nella storia della musica credi ti abbia aiutato a riflettere ulteriormente sulla tua identità musicale (considerando anche che in Io amo lei ti sei cimentato con tonalità più basse e con un cantato più piano di quello che spesso caratterizza le tue canzoni)? Forse ti ha anche incoraggiato a misurarti con canzoni in italiano?
The Niro: Cerco sempre di fare mie le cover (che tendenzialmente non amo fare perché preferisco dedicare il tempo a scrivere musica nuova), e certamente cantare Io amo lei mi ha aperto gli occhi sull’italiano. Ringrazio sempre Fiumani per il regalo che mi ha fatto invitandomi al tributo.
Mescalina: Che tipo di esperienza è stata invece quella del progetto Anti Atlas di Chris Hufford, per cui hai interpretato la placida, estatica The Travellers?
The Niro: Sicuramente una delle più importanti. Chris mi scovò su Myspace e mi propose di riarrangiare e di cantare un brano a scelta del disco strumentale Between 2. Scelsi di cantare e di ripensare il brano Coro, che inizialmente durava quasi 9 minuti ed aveva parti molto lunghe di archi, trasformandolo in un singolo di 4 minuti scarsi. La musica aveva un qualcosa di divino e mi ispirò la storia di questi due viaggiatori alle prese con una montagna da superare; il brano piacque talmente tanto a Chris che fu il primo singolo dell’album in Europa.
Mescalina: Come pensi si sia evoluto il tuo sound negli anni? È cresciuta l’attenzione e la maestria negli arrangiamenti? I suoni appaiono ben articolati, ma anche solitamente in un equilibrio tale da non cadere in accessi: si notano andamenti maestosi sì, ma di norma non barocchi.
The Niro: Ti ringrazio! Sono molto istintivo nella scrittura e successivamente curo il suono fino a quando non ho raggiunto ciò che ho in testa. Anche lasciare una virgola fuori posto mi fa stare malissimo. Tutto ciò contestualizzato a quello che sto immaginando.
Mescalina: In chiusura, il tuo nuovo album in un aggettivo.
The Niro: Autobiografico.
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Si ringrazia Roberta Giucastro – ufficio stampa Universal.