
interviste
Daniele Ronda L’anima rivoluzionaria della musica Folk Italiana
Siamo a Piacenza, per incontrare uno dei più accreditati interpreti del cantautorato italiano e nuovo fenomeno del Folk nazionale: Daniele Ronda. Attesa come una intervista modello e dunque tradizionale nella sua stesura, nel corso della stessa si è rilevata diversa, inedita ed intima. Va detto infatti che nel preparare le domande, si è creduto che ad oggi lo stesso cantautore avesse rilasciato solo poche interviste, in virtù anche del suo giovane percorso professionale, e dunque si era immaginato un incontro dal quadro critico canonico nella sua completezza. A poche ora dal colloquio invece, aiutati anche da una ricerca sul web, si è scoperto, non con poca meraviglia, che ci saremo trovati al cospetto di un artista del quale si è già detto e scritto di tutto, attraverso diverse dichiarazioni, interviste e rassegne stampa. A questo punto, volendo dare un profilo distinto e differente a questa intervista, lontana dal dejavù giornalistico, si è deciso di evitare tutte le domande già pronte sulla Moleskine, alle quali lo stesso intervistato aveva già ampiamente risposto in altri incontri, e si è scelti di proseguire a braccio, ad intuito, con la sola speranza di far conoscere a tutti, un Ronda magari insolito.
MESCALINA: Grazie per aver accettato di concedermi questa intervista per Mescalina Musica. Non avendo un testo e degli appunti a cui ispirarmi, in controtendenza con lo standard, parto dalla domanda che solitamente la scuola Marzulliana propone invece alla fine di ogni intervista. Per aver fatto così tante dichiarazioni pubbliche, ne hai di cose da dire, da raccontare, allora ad oggi, qual è la cosa che ancora nessuno ti ha chiesto e che tu vorresti dire? DANIELE RONDA: Grazie di essere qui. E’ un vero piacere. Una cosa che tendenzialmente non mi è mai stata chiesta, e che secondo me è molto importante in questo momento storico musicale, è il rapporto, o meglio la differenza che c’è tra la musica nella sua accezione puramente artistica e la musica come mercato attraverso il management. Credo infatti che le due cose non vadano di pari passo perché negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento radicale in questo mondo. Il mercato musicale è in crisi, ma la musica non lo è. La gente infatti ha bisogno della musica molto più di prima anche se non compra più i dischi come una volta, ed è per questo che io vedo una forte spaccatura tra la parte artistica e la parte commerciale. E questo mutamento io lo vivo attraverso il nostro progetto che è fuori dagli schemi e che non segue le regole dettate dallo show business, avendo così l’occasione di avere la parte gestionale della mia produzione al servizio di quella artistica.
MESCALINA: Come tutti i cantautori oggi di successo, sei partito anche tu dal basso, dalle prime esibizioni nei localini sei salito sul palco di Piazza San Giovanni a Roma, e passando per lo Stadio Olimpico sei arrivato a San Siro. Alla luce di questo, possiamo affermare che nella tua carriera il più è stato fatto e che ora ti manca il meno per raggiungere quella consacrazione che tutti stanno aspettando?
DANIELE RONDA: Personalmente vivo la mia carriera quotidianamente come un punto di partenza rispetto a tutto quello che è accaduto in passato, e necessariamente rispetto a quello che muove il mio essere per costruire un punto di partenza verso il futuro. Questo per dire che il più non è fatto qualsiasi cosa dovesse accadere, e anche se un giorno i nostri progetti toccherebbero vette di una carriera stellare, attraverso una crescita costante, come tra l’altro, sta accadendo per fortuna, io non dirò mai che manca il meno, perché ogni volta nuove motivazioni ti portano ad una nuova sfida, ad una nuova realtà da costruire. E questo è quello che conta.
MESCALINA: Vedo che spesso ti esprimi al plurale. E questo mi porta a ricordare che nel tuo percorso, a differenza di molti tuoi colleghi che si servono dei turnisti, tu hai mantenuto sempre la tua band storica: il Folklub. C’è qualcosa che va oltre la musica in questo rapporto Ronda/Folklub?
DANIELE RONDA: C’è la musica che va oltre la musica. La musica è fatta di sensazioni. Ed avere sul palco un ambiente, una squadra, che è una vera famiglia artistica, mi fa sentire a casa in qualsiasi posto. Siamo amalgamati, c’è complicità, basta un gesto per capirsi tant’è l’intesa, e pensare di vivere una dimensione del genere con dei professionisti che cambiano in ogni tour, non credo sia possibile. Il nostro rapporto è tale che addirittura riusciamo a mescolare la vita quotidiana con quella artistica.
MESCALINA: Se ti dico in dialetto Napoletano: “Chest'è l'Africa favurite bon appetito ” a cosa pensi?
DANIELE RONDA: Penso ad una collaborazione con un grande artista partenopeo che nasce da una stima reciproca, che nasce senza conoscersi, dalla voglia di mescolare delle culture, delle differenze, delle diversità. Enzo Avitabile è un mostro sacro della World Music italiana e ha duettato con tutti i più grandi artisti della terra. E questo incontro musicale che abbiamo avuto proprio su questo brano che parla di povertà, di bambini, di Africa, mescolando i nostri dialetti, mi ha permesso di costruire un nuovo ponte culturale, umano e artistico tra nord e sud.
MESCALINA: Vieni da una terra pregna di tradizioni popolari, che ha dato i natali a giganti del panorama musicale italiano. E forse anche per queste tue origini hai scelto un percorso legato ai colori delle tue radici, un percorso musicale in lingua, che qualche autorevole Folk Singer ha definito “diverso, distante dall’universo commerciale, un percorso che non troverete mai in promozione su Mtv o passato nei Mega Hertz delle radio nazionali”. Senza falsa modestia, diciamocelo chiaramente: un autore del tuo livello e con il dono di una voce così Pop/Rock non avrebbe avuto la strada spianata nella musica leggera Italiana, magari raccogliendo l’eredità di Ligabue, al quale tra l’altro il tuo timbro di voce si avvicina molto, rimanendo pur sempre unico ed originale? Perché invece questa scelta diversa?
DANIELE RONDA: Sono pervaso dalla convinzione di voler dire alla gente che mi segue, sempre e solo la verità. E per me, dire la verità è significato seguire questa strada, l’unica che fino ad ora mi ha dato la forza di credere nella cosa giusta. Certo, i momenti difficili che decretano una crisi, ci sono stati e ci saranno, e ad onor del vero, qualcuno mi ha anche consigliato in tempi meno fortunati, quello che mi hai appena chiesto, ma ripeto, io seguo la strada che sento più mia, a prescindere da tutto e tutti.
MESCALINA: Ascoltando le tue dichiarazione, ma anche quelle di diversi artisti che fanno il tuo stesso percorso, ho colto questa espressione: “ il dialetto è qualcosa che apre e non che chiude”. Certo è una bella metafora. Ma cosa significa realmente?
DANIELE RONDA: La diffidenza verso le altre culture impedisce alle persone di cogliere l’occasione di cambiargli la vita, o molto spesso di andarci vicino. Pensa che nel nostro paese basta fare venti km e ti accorgi che cambia l’accento della lingua, cambia il piatto tipico, le storie i personaggi. Ma in mezzo a tutte queste diversità io ho scoperto che c’è un legame forte di territorialità. E girando in lungo e in largo per l’Italia, grazie a questa occasione così grande di scoperta e conoscenza, sento di essere cresciuto tanto sotto molti punti di vista.
MESCALINA: Assistendo ad un tuo concerto sul palco si ha l’impressione di trovarsi al cospetto di un grandissimo Frontman, un artista di quelli dannati e impossibili, padrone della scena, che sprigiona una energia contagiosa e da una carica al pubblico straordinariamente coinvolgente. Poi incontrandoti nel backstage conosci un giovane cantautore mite e disponibile a tratti introverso, quasi timido. Dottor Jekyll e Mr. Hyde o semplicemente due volti della stessa medaglia?
DANIELE RONDA: Guarda, in effetti ho fatto anch’io questa scoperta, e capisco che in certi momenti è veramente un pò così. Credo che sia per il fatto che abbia sempre preso la musica in maniera molto seria. Dunque quando lavoro e sono sul palco, le mie energie e le mie concentrazioni sono rivolte solo ed esclusivamente a questo viaggio che in qualche modo faccio durante ogni concerto. Vivo invece la scesa dal palco come l’arrivo di questo viaggio che ho iniziato salendoci, e dunque l’arrivo di un viaggio, si sa, ti porta inevitabilmente a rilassarti, a “sbracarti”.
MESCALINA: La critica musicale, spesso in modo arduo, usa metri di paragone in questo mondo. Molti giornalisti, ma anche diversi addetti ai lavori, dicono che sei l’erede naturale di Davide Van De Sfroos. Io che per una fortuita coincidenza ho conosciuto Davide proprio alla tua età, quasi agli inizi del suo percorso, e seguendolo in modo costante ancora oggi, posso dire anche alla luce della mia formazione professionale, che tu con lui, non hai assolutamente nulla in comune. Sei d’accordo?
DANIELE RONDA: Quando scopri qualcosa di nuovo, per natura, si avverte il bisogno di accumunarlo a qualcos’altro di simile, e questo perché si ha paura di vivere senza riferimenti, senza segnali stradali. E dunque capisco anche chi ha il bisogno di trovare queste somiglianze. Con Davide Van De Sfroos abbiamo palesemente delle cose in comune, vuoi per l’uso del dialetto del nord, vuoi per l’attaccamento comune alle radici e al territorio, e questo certo mi lusinga. Ma fondamentalmente se si va in fondo ai nostri progetti, ascoltando la nostra musica si percepisce che sono due mondi diversi, e sono felice quando qualcuno come te, che di questa materia ne fa una ragione di vita, lo capisce e lo esterna.
MESCALINA: Qualche giorno fa un tuo collega, Alessandro Mannarino (che in controtendenza con il discorso fatto pocanzi, io vedo invece a differenza di Davide, molto vicino al tuo percorso artistico) durante una intervista rilasciata al Tg2, in uno sbrocco frontale anti religioso ha professato a viso aperto un ateismo radicale. Qual è invece il tuo rapporto con Dio e con la Fede? DANIELE RONDA: Questa è una domanda molto difficile, è un argomento molto delicato, e preferirei non parlarne.
MESCALINA: Facciamo una pausa? DANIELE RONDA: In effetti, vista la quantità e la qualità delle domande, più che una intervista, con te qui mi sembra di essere al Premio Pulitzer, quindi andiamo pure avanti.
MESCALINA: In verità ho cercato di evitare le classiche domande sull’ultimo album, sulla tua canzone preferita, sui sogni nel cassetto e sulle solite menate, varie ed eventuali. Ma alla fine una domanda che ti avranno fatto mille volte te la devo fare anch’io, e spero che la tua risposta sia diversa dalle altre mille. Qual è la tua vera Rivoluzione?
DANIELE RONDA: La mia Rivoluzione è non lasciarmi rivoluzionare da tutto quello che mi succede intorno. Sto lavorando ad un disco nuovo, che uscirà in estate, e sarà sempre e solo il frutto della mia ricerca interiore, conterrà il suono di quello che sento, senza condizionamenti. Questo per me è Rivoluzione.
MESCALINA: In conclusione una ultima curiosità: non sei il solo artista che sul palco usa in maniera quasi ossessiva sempre lo stesso dress code. Scaramanzia e superstizione a parte, perché sul palco indossi sempre le stesse scarpe, lo stesso pantalone e le stesse bretelle?
DANIELE RONDA: Sicuramente in primis è proprio una sorta di superstizione. Ma è soprattutto sentirsi a proprio agio. Quando indossi qualcosa che ti appaga, sembra una stupidaggine, ma diventa dura cambiare, e non è una questione di moda o di tendenze. Che poi può essere anche il contrario. C’è infatti chi si sente appagato dal cambiarsi continuamente sul palco, vedi Madonna o Lady Gaga, o se vogliamo, vedi lo stesso Direttore Giannetta che ha sempre le scarpe e il borsello abbinato [ndr: ride di gusto]
MESCALINA: Grazie molte, è stato un piacevole incontro, alla prossima intervista nei camerini di San Siro. DANIELE RONDA: Grazie molte davvero!
Link:
http://www.danieleronda.it/splash/ https://www.facebook.com/DanieleRondaOfficial?ref=ts&fref=ts
Si ringraziano Daniele Ronda, Parole e Dintorni per la concessione dell’esclusiva sull’intervista e il produttore Jonny Malavasi per la disponibilità.