Roberta Giallo

interviste

Roberta Giallo Il canto della lavatrice: il nuovo video di Roberta Giallo

27/07/2022 di Laura Bianchi

#Roberta Giallo#Italiana#Canzone d`autore

In occasione dell'uscita del video ispirato al suo brano Il canto della lavatrice, Roberta Giallo ha accettato di raccontare per noi la genesi del video e la sua visione artistica.
D. Ci spieghi la genesi del progetto Canzoni da museo?

R. Ero stata invitata al Museo Maxxi di Roma per esibirmi piano e voce durante la mostra di Giovanni Gastel (notissimo fotografo e poeta). Quel giorno presentava il libro scritto a quattro mani con il poeta Davide Rondoni (nostro amico in comune e fondatore del Centro di Poesia Contemporanea a Bologna); libro al quale, per volere dell’editore Lamberto Fabbri, avevo partecipato anche io con una mia piccola dissertazione sulla Bellezza. Bene, incontro di anime. Ascolto Gastel parlare della sua poetica e percepisco un’affinità potentissima. Lui ama la mia musica, io le sue poesie, la sua “visione”. Così, già da tempo innamorata di alcune liriche del poeta Rondoni, metto insieme l’idea di unire le “nostre anime” e poi musica e poesia: musicare quei versi per presentarli poi nei luoghi d’arte, a partire dai musei, ma non solo. L’Italia è un Museo a cielo aperto. I luoghi di bellezza sconfinata sono innumerevoli. Poi, per chiudere il cerchio ho pensato dovessi sentire il nipote del Poeta Roversi, intellettuale e poeta tra i più grandi del secolo predente, amico di Pasolini, nonché autore dei primi tre album dell’amico Dalla. Chiamo Antonio (nipote del poeta), e lui mi regala alcuni versi un tempo destinati proprio a Lucio. Quindi, chiudo il cerchio. Musico i versi. Poi giro alcuni video nei più bei Musei della mia città del cuore: Il Museo e Biblioteca internazionale della Musica e il Museo d’Arte Moderna MAMbo. Tutto, grazie al prezioso supporto della mia città, Bologna Unesco City Of Music, e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Se non fossi partita da quei versi, non avrei mai potuto concepire quelle melodie, quei passaggi, quelle atmosfere, e anche numerose opere grafiche (per lo più quadri e disegni su cartone o in digitalart), che poi ho esposto e proiettato durante i miei concerti… Ecco, questa è parte della genesi e del discorso. Questo è lo spirito di questo album: un vernissage di canzoni, un incontro tra le arti! Un progetto multidisciplinare!

D. Quali ritieni siano stati i momenti più intensi del tuo confronto con intellettuali come Roberto Roversi, Davide Rondoni o Giovanni Gastel?

R. Ci sono momenti sottratti al tempo. Sono i momenti della lettura sentita e empatica, quelli in cui avverti la vicinanza con l’autore, oppure, diciamo così, “la voce che ha scritto” ti chiama e ti tocca l’anima. Non puoi sottrarti, rispondi! Io ho risposto alla necessità di musicare quei versi, e ora quei versi hanno una “seconda vita” in musica. Bello no? Chissà se quei versi se l’aspettavano? Sembra una battuta, ma la poesia per me è lo spazio del Sacro. E io ho risposto alla chiamata sacra di questi versi. E più che confronto, con la poesia io parlerei di visione, di suggestioni estatiche ed empatiche, di incontro con se stessi… con “Dio”. Di ispirazione dunque! Un doveroso grazie va al produttore artistico Enrico Dolcetto, con il quale abbiamo arrangiato insieme i pezzi. Enrico ha saputo seguirmi nel viaggio lontanissimo che volevo compiere… e impreziosire l’opera con la sua sensibilità de finesse e le sue svariate e approfondite competenze musicali. 

D. Il video de “Il canto della lavatrice”, brano in cui tu hai musicato una poesia di Roberto Roversi, appena uscito per la regia di Nicolò Donati, trasforma l’elettrodomestico in una persona, colei che lava: qual è stato il momento in cui questa idea si è sviluppata?

R. Forse ho sempre letto quella poesia visualizzando “colei che ama”, e prima di visualizzarla sentivo l’anima della “Lavatrice”, come qualcosa di presente, di tangibile… pur se non visibile… nel senso, i simboli, le emozioni ciò in cui crediamo, direbbe Leopardi, sono reali! Magari non sono “portatori di verità scientifiche”: “provami l’esistenza degli dei!”… cosa potrei mai rispondere?! Non ci sono le prove dei miei mondi interiori, ma esistono, sono reali, dal momento in cui li percepisco. Quindi, sebbene all’inizio abbia pensato alla lavatrice come elettrodomestico, quell’elettrodomestico ha quasi immediatamente risvegliato in me una sorta di figura archetipica… “La lavatrice”, colei che lava. Quindi il momento è stato improvviso e quasi immediato!

D. Le riprese sono state effettuate al MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna: c’è un motivo preciso per questa scelta?

R. Volevo un Museo. Ma un Museo Essenziale, dalle linee pulite. Un Museo del secolo scorso, perché Roversi è uomo e anima del ‘900.  Poi, dopo aver visitato le aree disponibili per poter girare, mi sono detta: “è perfetto!”.  Quelle aree erano vuote, e la “Lavatrice”, l’anima di colei che lava poteva essa stessa farsi opera, danzare. Darsi performativamente come anima danzante. Prendere corpo e spazio. In bianco e nero. Eternamente viva, eternamente morta, come tutte le cose che sempre sono, perché sempre sfuggono… E poi devo dire che il videomaker ha saputo “fare un’altra magia”, la fotografia è splendida!

D. Come lavori sulla tua vocalità, che diviene sempre più espressiva? Quali sono i tuoi modelli?

R. Dalla Callas a Piaf, dai Beatles a Dalla, da De André a Cindy Lauper, da Antony and The Johnsons a Enya… e chi lo sa? Ma chi lo sa poi, chi sono i miei modelli? I nostri modelli sono tutte le persone e le cose che amiamo… e non sono solo quelli che ho elencato sopra. Non sono soprattutto solo “modelli musicali”. Dico sempre anche grazie a Giacomo Leopardi per avermi spinto oltre la siepe, e a Virginia Woolf per avermi spinto a osare, ad essere padrona delle mie azioni artistiche. La libertà espressiva è, nel bene e nel male, il mio modo di procedere… e tutti quelli sopra, me lo hanno insegnato!

D. Come pensi di poter rendere la forza evocativa del tuo disco nella dimensione live?

R. Il mio corpo. La mia voce. I gesti. La danza. I veli e Gli stracci che indosso. Le installazioni e le opere proiettate alle mie spalle, altre esposte sul palco. Gli strumenti “veri”, analogici e l’elettronica… i miei compagni di viaggio sul palco e la voce amica dei poeti che ho musicato e delle loro storie che porto con me. L’ispirazione. L’amore per quello che porto in scena. Ecco, dico in scena, perché questo concerto è una rappresentazione, è un nuovo concetto di “Tragedia”, di opera. Non classic/Non pop… è Giallo!