Sirjoe Polito

interviste

Sirjoe Polito Quelli che la musica e ' come una seconda pelle, oh yeah !

24/09/2022 di Silvano Brambilla

#Sirjoe Polito#Jazz Blues Black#Blues #Sirjoe Polito #Roots Music

Un disco, My Friend Ry che ha riscosso critiche positive, scacciando i timori di una pedissequa riproposizione di brani suonati dal celebre chitarrista americano. Avevamo da tempo intenzione di fare una chiacchierata con Sergio Polito per parlare di questo album ma anche dei B - Wops. Ecco il resoconto di questo piacevole incontro.
Penso ti faccia piacere iniziare questa chiacchierata dai B-Wops. La band è nata nel 1998 unendo le passioni musicali di ognuno di voi, un crossover di musica nera e bianca. Alcuni reparti dell’ambiente musicale hanno coniato quell’amalgama stilistico, prima come roots music e poi americana. Sei d’accordo con queste definizioni e ritieni che il gruppo B-Wops sia stato in Italia antesignano dei due termini sopraindicati?

Per me è stata una grande sorpresa e soddisfazione scoprire che gran parte di coloro che hanno apprezzato il mio cd My Firend Ry, conoscevano, stimavano ed avevano ancora i cd dei B-Wops. Una meraviglia, considerato che tengo in modo particolare al gruppo, essendo uno dei fondatori e l’unico che è sempre rimasto. Molti mi definiscono il leader, non mi ritengo tale, perché tutti quelli che hanno fatto parte della band hanno contribuito alla crescita e affermazione dei B-Wops. Il collante si però, perché in trentasei anni sono quello che si è sbattuto più di tutti, tessendo continuamente i rapporti. Mi fa piacere il complimento riguardo l’essere antesignani del genere chiamato roots music o americana, che trovo più adatto per il secondo cd, Italian Boots con solo pezzi nostri, che non il primo, Rhythm ’N’ Rollin’ dove abbiamo messo di tutto in quindici tracce, musica bianca e nera. Così è nato lo stile B-Wops, brani piacevoli, approccio spensierato perché noi eravamo così, poi abbiamo aggiunto i cori (qui veramente antesignani), una ritmica presente e un sax meraviglioso.

 

Oggi per la quasi totalità di certa musica è impensabile che sia supportata da qualche etichetta discografica. I due dischi dei B-Wops erano stati pubblicati dalla apprezzabile etichetta valdostana Club De Musique. Perché in decenni di attività avete registrato solo due dischi?

Ad essere sinceri ci eravamo un po’ persi, alcuni cambi di componenti, chi se ne era andato e poi è tornato, ad un certo punto eravamo rimasti in quattro, due chitarre, basso e batteria, e la conseguenza è stata soprattutto che per sopravvivere abbiamo abbandonato le nostre produzioni, basando il repertorio su brani di altri, soprattutto rock, fino a che ci siamo imbattuti in Matteo Sansonetto che ci conosceva da tempo e che ci ha portati al Blues Made In Italy, dandoci un enorme credito e dove abbiamo trovato persone che non ci conoscevano di persona ma ci stimavano, e vari addetti ai lavori che ci conoscevano fin dagli inizi. Siamo dunque ripartiti con maggiori stimoli.

Nel secondo cd, Italian Boots, permettimi una…critica, la foto di copertina(!), ci sono tredici pezzi tutti autografi. Vorrei soffermarmi su uno, Amerika, che trovo molto pertinente anche oggi circa la drammatica crescente tragedia umana. Cosa ne pensi?  

Per la copertina concordo, anche se tutto sommato gli spaghetti su un paio di stivali  fa…Italian Boots! Ma non la scelsi io. Per quanto riguarda, Amerika, nasce da una notizia di allora, l’ennesima pena di morte di una persona della quale non ricordo il nome che scatenò una mobilitazione contro quella orribile sentenza. (n.d.r. molto probabilmente si tratta di, Karla Faye Tucker, giustiziata il 3 febbraio 1998 nel penitenziario di Huntsville). Qualcuno mi disse che avevo toccato delle corde molto sensibili in ambienti di…sinistra (ed io non mi vergogno a definirmi comunista), dove si vive una eterna contraddizione, l’amore per l’America, per la sua musica, la sua storia, i nativi americani, le sue bellezze, ed una politica internazionale deprecabile e  interna che se ne frega degli ultimi. A maggio sono stato In California ed Oregon e ho visto che il divario fra ricchi e poveri si è notevolmente ampliato. A Portland sempre più gente vive per strada in tende di fortuna, scarsamente vestiti e poco assistiti e sono soprattutto i giovani.



I B-Wops esistono ancora e vi trovate ogni lunedì a suonare, però purtroppo i concerti sono pochi. Quando siete insieme, provate pezzi nuovi, personalizzate cover, o vi sostenete l’un l’altro per eventuali esperienze soliste?

Cascasse il mondo, il lunedì prove B-Wops! In realtà ultimamente siamo un pò elastici, ma non è assolutamente in discussione il nostro trovarsi. Penso e non credo di esagerare che in trentasei anni avremmo suonato almeno 200 brani, ogni volta ce n’è uno nuovo, ma più che altro cover. Si, ognuno di noi ha anche affrontato esperienze soliste.

Mi riallaccio a quello che hai detto in chiusura della precedente risposta, ognuno di noi…Quali sono state e sono le tue esperienze soliste?

Come “Sirjoe” oltre che realizzare il mio sogno, il cd su Ry Cooder, sono tornato alla mia passione degli esordi, la musica acustica, fingerpicking, il country blues, le influenze di Mississippi John Hurt, Rev. Gary Davis, Blind Blake, Jorma Kaukonen, Steve Stills, David Crosby, John Hiatt ecc, ecc. Poi ho un duo con la cantante Daisy Voltarel, in arte Mad Daisy e ci ispiriamo a, Bonnie Raitt, Lucinda Williams, Norah Jones, e ho varie situazioni dove ho coinvolto singolarmente alcuni musicisti dei B-Wops, ma anche qualcun altro come, Matteo Sansonetto, Graziano Guerriero componente originale dei Pitura Freska. Un altro mio obbiettivo è anche quello di suonare con più musicisti diversi, ultimamente la mia soddisfazione è stata quella di aver suonato con musicisti stupendi, il polistrumentista Jeff Pevar, il tastierista Paul Millns, l’armonicista Butch Coulter. Sono presenti nel mio disco, musicisti estremamente preparati, rispettosi del mio prodotto fino a chiedermi se ero completamente soddisfatto di quanto fatto da loro! In più sono anche grandi amici miei. Non voglio assolutamente dimenticare alcuni ottimi musicisti italiani con i quali ho suonato, Carlo De Bei, Willy Mazzer, Stephanie Ghizzoni, Veronica Sbergia e Max De Bernadi, e altri.


 

Veniamo al tuo disco solista, My Friend Ry. Come ho già avuto occasione di dirti in altra sede, più che un tributo a Ry Cooder è un disco tuo, anche tu come lui hai sempre guardato ad una parte del songbook americano e, con ragguardevole capacità, hai personalizzato ogni pezzo scelto, senza nulla togliere alla forte influenza che lo straordinario Cooder ha avuto su di te. Cosa ne pensi?

Il tuo parere riguardo al disco mi onora, ad essere sincero ho ricevuto solo giudizi  positivi, moltissimi, ma tu sei l’unico che ha detto che alla fine sono come brani miei. Si certo, chi più chi meno, prendi Goodnight Irene, piuttosto che Across The Borderline, sono più vicini agli originali, ma anche queste sono comunque filtrate, c’è sempre qualcosa di personale.

Con il senno di poi sei sempre soddisfatto della scelta dei pezzi e a riguardo ti chiedo, Cooder è anche autore e penso ai suoi ultimi dischi come, Pulp Up Some Dust And Sit Down, Election Special, The Prodigal Son. Come mai dunque in My Friend Ry, hai ripreso solo un pezzo dove lui è autore con John Hiatt e Jim Dickinson,  Across The Borderline?

Si è vero, lui è co-autore di Across The Borderline, ma anche di Tattler, mentre ultimamente si è pure cimentato in parecchi brani personali. Ad essere sinceri io preferisco, Bop Till You Drop, Show Time e Chicken Skin Music, un bel periodo per quel misto di r&b, gospel, blues, tex mex. Degli ultimi dischi adoro, The Prodigal Son e due dei pezzi inclusi come, Straight Street e Nobody’s Fault But Mine, sono comunque cover.

In Crazy’ Bout An Automobile (Every Woman I Know) c’è un ospite…speciale, la Ferrari SF90 con il rombo del suo motore in aperture di pezzo. Passami la battuta, non è che per caso è di qualcuno di voi musicisti?

Magari! Siccome il brano è puro rock, ed il solo di armonica di Willy Mazzer secondo me è micidiale, abbiamo pensato che nulla più del rombo di una Ferrari potesse iniziare il brano. Nei live la sostituiamo con il riff di chitarra di Alberto Boscolo, altro bravissimo musicista che conosce Ry Cooder meglio di tutti!

In chiusura, hai simpaticamente modificato il nome, Sergio in Sirjoe. E’ per un eventuale posizionamento anche all’estero, o perché hai voluto caratterizzare il tuo primo disco solista?
 
A parte la stravaganza della cosa, ma ormai ci sono abituato e mi piace pure, Sergio ha l’accento sulla E, mentre Sirjoe sulla O. Così mi chiamano i miei amici non italiani di cui sopra, ma soprattutto Jeff Pevar, non dimenticherò mai la prima volta che mi invitò sul palco a cantare con lui e sua moglie Inger, mi chiamò e mi fece cenno di salire, C’mon Sirjoe! Ecco il motivo.