Dayna Kurtz

interviste

Dayna Kurtz

23/11/2004 di Christian Verzeletti

#Dayna Kurtz

Dayna Kurtz è una delle nuove voci americane, cresciuta nei club di Manhattan assimilando jazz, folk e blues. Ci è sembrato significativo che uno di questi club si chiami “The Living Room”: è un luogo abituale per i giovani talenti della city, come testimoniano anche un paio di cd “The Living Room – Live in NYC vol. 1 & 2”, ma è anche un nome emblematico per un’artista educata come Dayna Kurtz, che qui si è esibita spesso e ha incontrato altre voci, come quella di Norah Jones.

  
 
            "A VOICE FROM THE LIVING ROOM"
               
Intervista a   DAYNA KURTZ

Dayna Kurtz è una delle nuove voci americane, cresciuta nei club di Manhattan
assimilando jazz, folk e blues. Ci è sembrato significativo che uno di questi club si
chiami "The Living Room": è un luogo abituale per i giovani talenti della city, come
testimoniano anche un paio di cd "The Living Room - Live in NYC vol. 1 & 2", ma è
anche un nome emblematico per un'artista educata come Dayna Kurtz, che qui si
è esibita spesso e ha incontrato altre voci, come quella di Norah Jones.


Mescalina: Dayna, credo che il titolo del tuo primo cd sia un buon punto di partenza per andare a scoprire come hai cominciato …"Postcards from downtown" … ma tu vivi davvero nella parte "bassa" di Manhattan?
Dayna Kurtz: No, ma a New York tutti le persone importanti stanno in centro (e anche a Brooklyn, dove vivo adesso). Quando ho scritto quella canzone tutti i miei amici e le persone che amavo vivevano lì … io sono cresciuta nei sobborghi appena fuori da New York mentre il centro della metropoli, diciamo tutta la zona a sud della Quattordicesima Strada, ha sempre rappresentato per me ciò che il posto in cui sono nata e in cui ho passato la mia infanzia non è stato: un luogo stimolante, oscuro, misterioso e denso di significati … ho sempre avuto una visione molto romantica di New York e ce l'ho ancora, è un luogo molto intenso.

Mescalina: C'è stato un momento in cui hai sentito di avercela fatta? Un momento in cui hai capito che eri abbastanza in gamba per suonare con gente come Chris Whitley, Richard Buckner, Kelly Joe Phelps and B.B. King …
Dayna Kurtz: Non penso che ci sia un momento in cui senti di avercela fatta, almeno credo. Ci sono solo delle piccole cose che ti succedono strada facendo, come aprire per degli artisti che ammiri, e questo ti dà la forza per continuare.

Mescalina: Ma c'è stato forse qualche concerto che ti ha fatto sentire di essere arrivata al punto di poter suonare la tua musica, senza più il bisogno di aprire per altri?
Dayna Kurtz: No, non credo ci siano dei momenti o dei concerti precisi. La percezione del successo è molto soggettiva, io mi sono sentita gratificata e allo stesso tempo frustrata da quello che facevo sin dal mio primo tour. Ecco, forse il primo tour, che feci nel Sud dell'America nel 1990, è stata la cosa più vicina a quello che mi chiedi, perché fino a quel momento non avevo intuito che la musica per me poteva essere qualcosa su cui costruire la mia vita. Quel tour è stato come un innamoramento. Viaggiare e suonare mi facevano stare così bene che poi negli anni successivi ho cercato di orientare la mia vita in modo che suonare fosse tutto quello che dovevo fare per vivere. Alla fine il mio successo consiste in questo, nel non aver bisogno di nient'altro che della musica, almeno questo era il mio obiettivo.

Mescalina: Come ci sei arrivata? Hai fatto degli studi di musica?
Dayna Kurtz: Quando ero bambina, andavo a studiare pianoforte classico da un uomo orribile e severissimo, era austriaco, riusciva a farmi odiare le lezioni. Poi mia sorella maggiore un giorno chiese una chitarra come regalo, ma dopo averla ricevuta non la suonò mai. Così, quando lei se ne andò all'università, la presi io e cominciai a suonarla dopo aver smesso di andare a lezioni di piano, avevo più o meno dodici anni. Mi sono comprata dei libri per chitarra, all'epoca c'era un serie "Dylan alla chitarra", "James Taylor alla chitarra" e "I Beatles alla chitarra", che erano poi quelli che andavano di più. Ascoltavo il loro dischi e cercavo di suonarli. Poi dopo qualche anno ho cominciato a scrivere.

Mescalina: Bè, ad ascoltare i tuoi dischi, non si può dire che tu rientri in un solo genere, che sia folk, jazz o blues …
Dayna Kurtz: Dentro di me tutto quadra … alcuni dei miei artisti preferiti combinano tutti questi diversi stili della tradizione: Nina Simone, Ray Charles, Tom Waits, Joni Mitchell ...

Mescalina: È come se tu facessi del jazz, del cantautorato, della chanson, del folk e anche un po' di opera …
Dayna Kurtz: Dell'opera non ne sarei così sicura, ma del resto sì.

Mescalina: Hai ragione, non opera ma qualcosa di musica lirica come nella title-track di questo cd …
Dayna Kurtz: Sì, qualcosa del genere …

Mescalina: Bè più di tutto però direi che ami il suono della chitarra acustica …
Dayna Kurtz: Sì, quello sì, anche se negli anni '90 ho suonato il basso in una rock band. Mi piace anche suonare del buon rock'n'roll … e mi piacerebbe trovare di nuovo una band per cui suonare il basso, è una cosa che mi divertiva molto.

Mescalina: Questo tuo nuovo disco mi sembra che sia più orientato sulla tue capacità di interprete …anche perché fai delle cover di Billie Holiday, Prince, Leonard Cohen e Duke Ellington … è stato un modo per riscoprire le tue origini?
Dayna Kurtz: Forse anche … in realtà volevo registrare solo un Ep con poche canzoni, avevo in mente alcune cover che avevo suonato negli ultimi anni, pensavo fosse una buona idea, un modo per farmi guidare dalla musica, mentre cercavo di finire di scrivere il seguito di "Postcards from downtown". Ma tutto è successo così bene, in modo così spontaneo, che ho continuato a portare in studio altre canzoni da interpretare fino a quando ci siamo trovati con un intero disco. Abbiamo fatto tutto in due settimane circa. Non mi sono mai divertita così tanto in uno studio di registrazione.








Mescalina: Jazz, cantautorato, folk e anche la chanson francese … sembra che tu nutra un affetto particolare per la tradizione francese e italiana: in "Postcards from downtown" cantavi un parte di una canzone in italiano, mentre in questo disco addirittura una intera in francese …
Dayna Kurtz: Sono un'ammiratrice delle canzoni da strada italiane e della musica da cafè francese … qualunque cosa che sia suonata con una fisarmonica. Sono pazza per la fisarmonica.

Mescalina: E invece come sei arrivata a questo duetto con Norah Jones? È stato qualcosa che hanno organizzato le vostre etichette o vi eravate già incontrate prima?
Dayna Kurtz: No, ci eravamo già conosciute in un piccolo club del centro di New York dove avevamo suonato entrambe, si chiama The Living Room. Ognuna aveva visto lo spettacolo dell'altra e lei mi aveva detto che le piaceva la mia versione di "I got it bad" e io le avevo risposto che secondo me avrebbe dovuto esserci un duetto. Anche lei pensò che era una buona idea e così è venuta in studio a cantarla tra una data e l'altra.

Mescalina: In "Postcards" c'era una canzone che mi ha colpito: era "Somebody leave a light on" che aveva anche dei suoni programmati e una chitarra ambient, pensavo fosse una via che potevi sviluppare ancora …
Dayna Kurtz: Ti ringrazio perché quella canzone è stata difficile da registrare. Sembrava non essere mai sazia, come se chiedesse sempre qualcosa di più: qualcosa di più grande, di più drammatico … mentre io stavo cercando di ridurre il più possibile dal punto di vista dei suoni. In quel disco mi sono ritrovata parecchie volte in questa situazione, perché ho scritto quelle canzoni in un certo periodo della mia vita e le ho registrate in un altro, così le canzoni volevano avere la forma di quando erano nate, ma quando le stavo registrando io ascoltavo della musica molto più essenziale … in un certo senso quella è stata una canzone schizofrenica, sono contenta che ti sia piaciuta. Certo, potrei sperimentare ancora, anche se le programmazioni mi hanno sempre un po' spaventato. Sai, ho un amico che è un compositore e che fa anche il dj a New York e mi ha sempre suggerito qualche collaborazione basata sulla musica elettronica. La cosa mi tenta, ma mi sento … insomma, prova a pensare come può stare una donna di mezza età che si mette una minigonna: magari può anche sembrare carina se la guardi da lontano, ma se ti avvicini? Rischia di essere ridicola. E io non è che mi sento proprio portata per i "loops", capisci? È interessante da un punto di vista formale, ma non è qualcosa che mi tocca dal punto di vista emotivo. È un po' come la matematica. Lo potrei provare come un esercizio puramente intellettuale, magari con la speranza di trovarmi sorpresa dal risultato. La chitarra ambient invece la uso già di più, mi piace molto quel tipo di suono. Mi piace suonare con altri chitarristi e trovarmi in quel tipo di suono.

Mescalina: Su questo cd invece c'è una canzone "Those Were the Days" che suona più tradizionale, anche con qualcosa di zingaro, con un arrangiamento finale di fisarmonica e violino che mi sembra molto popolare ed europeo … mi sembra che riesci a concentrarti meglio sui suoni tradizionali …
Dayna Kurtz: Sì, è come stavo dicendo prima … dal punto di vista sonoro non è che sono molto moderna. Mi piace l'elettronica dal punto di vista teorico o in piccole dosi, ma per me è come se le mancasse un po' di anima, anche solo per il fatto che non c'è una vera batteria … l'uso del programming mi piace, ma solo per aggiungere un colore, una sfumatura, non per l'insieme. Soprattutto non mi piace lavorare su della musica che sia regolata con un metronomo, sai il cuore umano accelera e rallenta a seconda di quanto si eccita e io odio registrare con un metronomo, anche se in qualche occasione mi hanno insegnato a farlo. I miei dischi preferiti invece sono quelli che accelerano e rallentano continuamente … "Astral weeks" per esempio … sembra che abbia dentro uno spirito da raga indiano. Qualcosa di più umano che moderno, questa per me è la musica perfetta.

Mescalina: Allora non posso fare a meno di chiederti come sarà il prossimo cd: hai già qualche idea?
Dayna Kurtz: Non ho ancora cominciato a registrarlo ma sto scrivendo parecchi pezzi countreggianti e sto ascoltando parecchia roba tipo Wilco, Iron and Wine, Lhasa De Sela e Paolo Conte, quest'ultimo l'ho appena scoperto e me ne sono innamorata! … comunque potrebbe venirne fuori uno strano disco, anche se credo che sarà piuttosto tranquillo. In questo periodo sono piuttosto riflessiva e ho bisogno di trovare degli spazi … mah, vedremo! Sai, per me la scrittura è un'esperienza nuova ogni volta e devo sempre cercare di viverla al meglio, di renderla meno tortuosa.

Mescalina: Paolo Conte! Che cos'hai, "Reveries"?
Dayna Kurtz: Sì, ho "Reveries" e poi una raccolta, deve essere un best o una compilation che è stata pubblicata da un'etichetta americana. Lui è meraviglioso.

Mescalina: Adesso è appena uscito il suo nuovo disco … conosci altri musicisti italiani?
Dayna Kurtz: No, a dir la verità lui è l'unico che conosco, consigliamene altri!

Mescalina: Bè, allora non puoi non avere niente di De Andrè … lui è davvero uno dei cardini della canzone italiana …
Dayna Kurtz: Ok, vuol dire che mi procurerò qualcosa …

Mescalina: Fammi poi sapere … tornando alla tua musica, io credo che sia aperta a diversi stili, bè non così diversi poi ma abbastanza vari, però dall'altra parte il music business si orienta sempre più verso generi specifici il che aiuta molto a vendere i cd nei centri commerciali … invece volevo chiederti quanto è difficile oggi mantenere una "voce" ampia e aperta?
Dayna Kurtz: A dir la verità non è che poi ci pensi tanto. È la mia voce e mi viene naturale, quindi non è che ho una visione chiara di quanto possa essere specifico il mio stile. Sì, il music business poi non fa che etichettare e classificare la musica in generi e sottogeneri, però è anche vero che oggi la gente è esposta a quantità maggiore di composizioni e di stili, quindi credo che molti musicisti possano assorbire da una gamma più vasta di influenze in questi giorni.

Mescalina: Sì, si arriva poi a quello che secondo me è l'estremo della cosiddetta contaminazione, magari con il rischio di creare qualche ibrido, invece nella tua musica c'è uno spirito più classico che contaminato, forse perché le tue canzoni hanno radici nella tradizione …
Dayna Kurtz: Non sono poi tanto sicura di quello che sono … non credo di essere vista come qualcosa di classico almeno negli States: non sono abbastanza blues per gli amanti del blues, perché non faccio del blues classico con la solita progressione di accordi; non sono nemmeno abbastanza jazz per i jazzofili, perché non canto gli standards così spesso, non faccio be-bop e neppure tendo a improvvisare come piace a loro; i miei accordi poi di solito sono troppo complessi per il pubblico del folk e, anche se sono influenzata parecchio dal country, ho troppo jazz e blues dentro di me per poter entrare nelle classifiche e nei programmi di country /americana.

Mescalina: Un bel casino … e come la metti dal vivo?
Dayna Kurtz: Mi piace suonare dal vivo. Come artista poi, credo di essere più portata per la dimensione dal vivo che in studio, anche se sto migliorando e sto imparando a sfruttare meglio i momenti in cui registro.

Mescalina: Mi fa piacere per te, però guarda che non puoi cantare in italiano senza venire in Italia!
Dayna Kurtz: Se mi prometti di non prendere in giro il mio accento … avevamo in programma di venire a suonare in Italia, ma poi non se ne è fatto più nulla. Però mi piacerebbe, davvero. Se qualcuno riuscisse ad organizzarmi un tour, sarei pronta a venirci in qualunque momento … un po' mi rattrista il fatto di non esserci ancora riuscita …