interviste
Marco Parente LIFE: il ritorno del cantautore
La giungla del cuore, lo sperimentare la vita sulla pelle, il lusso dell’amore vero riservato al popolo, il sentore di assurdo e irrisolto del quotidiano, dieci canzoni come oggetti galleggianti: Marco Parente ci racconta il suo nuovo disco.
A sette anni da Suite Love Marco Parente è tornato oggi con un nuovo album profondo e al contempo accattivante e luminoso LIFE, come “vita”, recita il comunicato stampa: “quella delle persone che vivono e vanno avanti tutti i giorni, nonostante il sentore di assurdo e irrisolto che ronza nelle loro orecchie, quelle che si sono abituate a tutto pur di esperire ogni cosa, dal dolore al piacere, dalle montagne russe dei sentimenti alla ruota del destino quotidiano. Ci si abitua a tutto questo e tanto altro, pur di non mollare e restare sulla giostra”. Marco Parente ha spiegato inoltre a proposito del nuovo disco: “L’unica finalità di questo disco è se stesso! Le dieci canzoni che lo compongono sono come oggetti galleggianti e, anche se ne conosco e ne ho curato ogni singola molecola, non saprei raccontarne più la provenienza. So solo che stanno a galla nonostante le forti correnti, il sole a picco, le navi alla deriva e le acrobazie dei delfini. Loro galleggiano, con una certa consapevolezza. Tutto qui”.Abbiamo provato a farci dire comunque qualcosa in più su queste canzoni, per questo appunto si dovrebbero spiegare da sole e abbiamo chiesto a Marco come è tornato finalmente alla forma “disco” tradizionale, quale potrebbe essere il futuro del supporto fisico e molto altro ancora. Qui sotto intanto potete ascoltare l’album: premete il tasto “play” e leggete l’intervista.
Mescalina: Nel 2016, ai tempi di Disco pubblico, stavi suonando nuovi brani esclusivamente dal vivo e affidavi agli spettatori di costruirne un archivio registrandoli con i loro mezzi, un’idea interessante in tempi in cui molti purtroppo si limitano ad ascoltare musica in streaming. In questi anni hai collezionato intanto i progetti più disparati; non a caso Life fa parte di una trilogia in cui ci sono due progetti più trasversali, il disco-metraggio American Buffet (con pezzi in finto americano e la connessione con i Prelinger Archives, il più ampio archivio di filmati sull’America dal dopoguerra ad oggi) e il “soundwalking” I passi della cometa, cammino creativo e performance dedicata a Dino Campana. Hai fatto un grande regalo ai tuoi estimatori a pubblicare lo straordinario LIFE, ma come sono nate l’esigenza e la volontà di tornare all’idea più “tradizionale” di album? Ha inciso su questa decisione anche il lockdown con l’impossibilità per alcuni mesi di poter proporre concerti?
Marco Parente: Disco pubblico era un esperimento, un atto poetico unico! Le canzoni ne erano le cavie. Dunque una volta concluso l’esperimento sono rimaste le canzoni e per quella che è la mia formazione e deformazione culturale, il luogo ideale per una canzone è sempre stato il Disco, questo condominio dove convivere il più possibile in armonia con i propri simili. Anche se apparentemente sembra esserci una contraddizione, entrambi gli elementi sono il frutto del medesimo modus operandi: ho portato allo stesso modo fino in fondo sia disco pubblico come esperimento, che LIFE come disco nella sua forma tradizionale, quasi ortodossa direi.
LIFE era pronto ad uscire già nel settembre del 2019, ma per varie vicissitudini ha dovuto aspettare un anno prima di vedere la luce, dunque né il titolo e ancora meno il disco sono stati in qualche modo influenzati da questo maledetto virus. Ad ogni modo oggi mi piace l'idea di poter usare la parola LIFE come arma e reazione a ciò che ci sta accadendo.
Mescalina: È un momento molto difficile per la musica: pensi che si possa rivalorizzare ancora, ora o in futuro, il supporto fisico in qualche modo, offrendo almeno ai fan più accaniti edizioni limitate interessanti, puntando sui vinili, ecc., oppure secondo te ormai è una battaglia completamente persa, a cui tengono donchisciottescamente solo alcuni musicofili come me, e bisogna solo puntare sui live, sperando che la fine dell’epidemia giunga presto a renderli possibili con i vecchi numeri e le solite modalità?
Marco: L’importante è sapersi accontentare e rendere il tutto sostenibile. Mi spiego: di base l'essere umano è compulsivo, ha bisogno di affezionarsi a qualcosa, toccarla, poi collezionarla e infine scambiarsela :).
Questo non incide e non inciderà più in larga scala nelle macroeconomie, ma come microcosmi e miriadi di piccoli numeri primi sì! Come minoranza virtuosa esisteranno sempre e questo giustificherà il loro diritto a sopravvivere…secondo me anche meglio dei grandi numeri...di sicuro con meno ansie :). Ripeto, basta sapersi accontentare e soprattutto non rivendicare chissà quale primato e orgoglio etico.
Paradossalmente credo sia il momento ideale per produrre bei dischi e belle copertine, tornare ad una sorta di artigianato consapevole e non farsi distrarre dall'inferno, ma mandarli all'inferno! Dove tra l’altro già bruciano in quanto fuochi di paglia.
Mescalina: Questo disco mi sembra a tratti un po’più melodico e orecchiabile rispetto ad alcune prove più sperimentali: mi sembra ci sia più equilibrio tra raffinatezza della ricerca sonora ed efficacia accattivante delle canzoni. Insomma, mi ricorda maggiormente i tuoi primi dischi, anche perché vari brani sono abbastanza luminosi nei suoni. Sei d’accordo?
Marco: Sì, sono molto d’accordo. E credo questo sia dovuto a due aspetti principalmente: i testi sempre più spogli di parole decorative e autocompiacimento sentimentale, in favore di una compostezza vocale. E poi l'aspetto ludico, che ha guidato tutta l’architettura sonora del lavoro. Al 90% il disco è stato suonato, arrangiato e anche registrato da solo nella mia stanza. Mi sembrava di essere tornato ai provini del mio primo disco, con le guance sempre rosse per l'eccitazione, gli occhi spiritati e in più un sorrisetto stampato in viso, perché comunque più consapevole di allora.
C’è anche da dire che queste canzoni (a parte Ok panico!) sono passate dalla palestra di Disco pubblico, questo le ha sicuramente portate ad un livello di autosufficienza tale da poter contare su una scrittura e struttura molto solida su cui sperimentare e giocare.
Mescalina: “L’intelligenza serve solo per mentirsi, con la ragione che si dà solo ai fessi”, canti ne Lo spazio tra i personaggi: viviamo molto di autoinganni, forse per non raccontarci che potremmo essere quello che vogliamo e che gli ostacoli che vediamo attorno a noi sono talvolta solo le nostre paure?
Marco: Mi piace l'idea che ognuno ci veda quello che vuole, e che questo quasi mai coincida con la tua idea originale. Tutti i testi di LIFE funzionano così, la stessa parola LIFE funziona così, una parola dalle linee rigorose quanto aperte ad ogni direzione/interpretazione. Per me è una specie di test di conferma del mio buon lavoro…o perlomeno della mia onestà intellettuale :)
Mescalina: Che cos’è “la linea gialla” del cuore di cui parli in Nella giungla?
Marco: È una metafora del quotidiano applicata alle relazioni, quel messaggio che sentiamo nelle stazioni ogni volta che prendiamo un treno. È il rischio che si corre attraversandola, lo stesso che si corre nell'addentrarsi nella giungla del proprio cuore e in quello di un’altra persona…purtroppo non ci sono scorciatoie, solo così si sperimenta la vita!
Due curiosità: l'immagine della linea gialla me la portava sempre mio padre come titolo per un disco. Mentre la definizione di ‘brava persona' me la disse tanto tempo fa Manuel Agnelli…mi è sempre rimasta in mente, credo volesse farmi un bel complimento.
Mescalina: “L’amore vero è il lusso che appartiene solo al popolo e non a Pasolini”, canti in Bar 90: fai riferimento a quanti non sanno più sporcarsi “le mani col cuore”? Per Pasolini era “religione” l’“allegria” della “vita proletaria”, da cui si sentiva escluso come borghese e a cui “la forza originaria dell’uomo” dava “l’ebrezza della nostalgia” (Le ceneri di Gramsci)…
Marco: Hai individuato la frase cardine di tutto il pezzo e forse dell'intero disco. Tutta l'arte è consolatoria, diceva Carmelo Bene (che non ne sbagliava una), le opere più importanti e i veri grandi geni non si trovano nei musei (si son fatti fuori da soli con una mossa falsa), diceva Marcel Duchamp. Io nel mio piccolo ho potuto constatare, da osservatore privilegiato del mio quartiere, tali conclusioni. Per usare un termine drammaticamente attuale, siamo troppo ‘contaminati’ per avvertire l’essenza della natura e poi pretendere d’impugnarla. Il vero mistero, il vero amore si trova fuori dai riflettori e accade ogni santo giorno proprio sotto i nostri occhi, ma a noi artisti non rimane che il ruolo di spettatore etereo e intrattenitore della realtà (che comunque non è spiacevole). Questo credo avesse capito alla fine Pasolini: che fino alle 8 si scrive, dopo le 8 si vive! Si vive sulla propria pelle le contraddizioni di ciò che si è appena postulato o scoperto.
Mescalina: “Di questo si veste l’amore, di tutto si veste pur di non esser mai solo”, canti in Mai solo: cosa intendi?
Marco: Più indago l’amore, meno lo intendo. L'unica cosa di cui sono sicuro è che lo devi creare e dimostrare ogni giorno, perché comunque cambia continuamente d'abito. Arrivato a questo punto però, per me è impossibile razionalizzare ciò che scrivo e canto. L'unica cosa che mi sento di dire è che non si può parlare di un ritornello di una canzone se non si parte dalla premessa della strofa, è una questione di matematica, proprio come un teorema, con la sola differenza che in poesia non si arriva mai ad una conclusione definitiva. Detto questo, credo che la strofa di Mai solo sia una delle più dirette ed esplicite che abbia mai scritto e che il ritornello ne sia la sintesi, tesi e conseguenza poetica…dunque inesplicabile.
Mescalina: Sei uno degli artisti italiani più originali, profondi, talentuosi, lontano da qualunque moda, con uno stile e una vocalità da sempre peli e inconfondibili, ma la musica italiana è molto cambiata rispetto ai tempi dei tuoi esordi: c’è qualche artista italiano delle generazioni più giovani che ti piaccia? Il panorama di ciò che è molto ascoltato in Italia, come in molti altri paesi europei, è spesso desolante per chi ama la musica di spessore e di qualità.
Marco: Mi vergogno un po’ nell’ammettere che ho perso ogni contatto con la musica prodotta negli ultimi due anni in Italia e non solo. Credo comunque che la musica non si fermi mai e sicuramente c’è qualcosa d’interessante da sentire, semplicemente la mia attenzione è attratta da altro: per esempio nell'approfondire il Flamenco in quanto scienza!
Mescalina: Il 2020 sta per avvicinarsi al termine: ci sono dei dischi italiani o internazionali del 2020 che ti hanno particolarmente colpito?
Marco: Un po’ ti ho già risposto, ma non vorrei sembrarti snob: da gennaio ad oggi ho ascoltato pochissima musica, ho guardato un sacco di film, serie e documentari sulla Patagonia e i deserti del Sudamerica. Avevo bisogno di storie silenziose e paesaggi infiniti. È il modo che abbiamo trovato io e mia moglie di vivere in 38 metri quadri durante il lockdown, e tutto sommato ha funzionato. Capisco che ho di nuovo eluso la tua domanda, ma ammetto di essere davvero impreparato.
Se me lo permetti, però, vorrei salutarti e chiudere la nostra chiacchierata con un auspicio sanitario e un augurio evolutivo alla nostra specie, citando di nuovo Carmelo Bene e il finale del suo Pinocchio: “Addio, mascherine”.
Biografia
Marco Parente nasce il 28 luglio 1969, lo stesso giorno di Duchamp. Comincia la sua carriera come batterista, prestando i suoi colpi tra gli altri ad Andrea Chimenti e i C.S.I. Nel 1996 avvia il suo percorso da solista, sviluppatosi in un coraggioso viaggio lungo dischi che hanno segnato la storia dell’anti-cantautorato italiano: dall’esordio Eppur non basta – con la partecipazione di ospiti del calibro di Carmen Consoli, ristampato di recente in occasione del suo 20ennale – agli innovativi Testa, dì cuore (contenente un duetto con Cristina Donà) e Trasparente (prodotto da Manuel Agnelli degli Afterhours e impreziosito da un pezzo, Farfalla pensante, interpretato anche da Patty Pravo), dagli speculari Neve ridens a La riproduzione dei fiori e non meno importante la suite Suite Love, fino ad arrivare al Disco Pubblico, spartiacque definitivo sulla modalità di pubblicazione e fruizione. Tra i molti apprezzamenti dai colleghi si becca quello di David Byrne. Molti i progetti paralleli, il disco dei Betti Barsantini con Alessandro Fiori fino all'ultimissimo Lettere al mondo con l'amico Paolo Benvegnù, spettacoli teatrali (Il Diavolaccio, Il rumore dei libri), parole in dialogo con il suono della poesia (anche al fianco di pesi massimi quali Ferlinghetti e Jodorowsky) quelle de I Passi della Cometa partitura/performance su Dino Campana, pubblicato di recente insieme al “Disco metraggio” American Buffet, entrambi sotto la trilogia POE3 IS NOT DEAD, che si concluderà con il nuovo disco di inediti in studio LIFE, in uscita ad ottobre 2020 per l'etichetta fiorentina BlackCandy Produzioni. Il brano “Nella giungla”, estratto dal nuovo album, è disponibile in radio, in digitale e in formato CD in tutti gli stores dal 2 ottobre.
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