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Madredeus Madredeus: emozione e musica dalla terra della luce
Il fascino di Lisbona è intatto, anche se sono passati diversi anni da quando il regista tedesco Wim Wenders l'ha omaggiata nel suo film Lisbon Story. Come dimenticare la celebre scena in cui Winter, tecnico del suono, giunto da Francoforte, viene rapito dalla musica che proviene dalla sala prove dei Madredeus? Il gruppo lusitano, che danza tra musica etnica, fado portoghese, new age e sonorità medievali, da 25 anni continua a regalare emozioni, portando la propria poetica musicale nel mondo, in una continua metamorfosi di approcci, sonorità e musicisti che una carriera così lunga in qualche modo impone.
Ascoltando Essência, una raccolta di 13 brani, l'impatto non lascia adito a dubbi: il tempo per i Madredeus è un custode di bellezza.
Incontro Pedro Ayres Magalhães – chitarrista, produttore e fondatore del gruppo – proprio a Lisbona... a due passi dal Tago, che è stato celebrato più volte nella discografia del gruppo portoghese.
Tre elementi che possono essere legati alla musica dei Madredeus. Forse possono sembrare esagerati, ma sono il buono – il bene, il fare le cose bene – e l'amore, perché nei Madredeus alla base di tutto c'è l'amore per la musica, per la vita, per gli altri. Poi si potrebbe dire la poesia, ma è troppo vago, perché si tratta di un processo creativo in divenire.
Per quale ragione avete deciso di chiamare il vostro nuovo album Essência?
Essência significa essenza – aroma – ed è una metafora. I Madredeus hanno cambiato formazione diverse volte e l'ultima, tra i fondatori, a lasciare la band è stata la cantante, Teresa Salgueiro.
L'album è nato dal desiderio di alcuni eccellenti musicisti che si sono uniti a noi nel 2007 (nel progetto la Banda Cósmica, ndr) di suonare le nostre canzoni, realizzando nuovi arrangiamenti, anche per gli archi: abbiamo scelto anche una nuova cantante, Beatriz Nunes.
Sin dall'inizio la mia idea è stata di creare un laboratorio per fare canzoni in portoghese e questa attitudine si è mantenuta nel tempo. Così come il tipo di atmosfera che creiamo dal vivo (La band è attualmente in tour in Europa, ndr). Per questo lo abbiamo chiamato Essência: le canzoni non sono esattamente le stesse del passato, ma hanno la stessa essenza.
Quanto è forte il legame con Lisbona?
Il nome della band è proprio legato a Lisbona, al luogo dove facevamo le prove: il vecchio convento di San Francesco, che si trova vicino al monastero Madre de Deus (l'attuale Museo degli azulejos, ndr). Ma per i Madredeus esiste un legame con tutto il Paese, non con Lisbona in particolare: anche le prime canzoni, infatti, sono state ispirate dai miei tour, con altre band, in Portogallo.
La vostra musica non è fado, non è tradizionale, non è classica, non è new age...
Non volevamo fare un gruppo folk, volevamo usare solo alcuni elementi musicali presi dalla tradizione, anche dal fado, che ha una caratteristica molto interessante: le canzoni sono confessioni e in certi casi sono filosofiche e parlano della vita, in versi. Questo aspetto lo abbiamo accolto nei Madredeus.
Cantate, quindi, un qualcosa di astratto?
Sì. E per fare questo in Portogallo c'è una particolare tradizione: la saudade... da sempre l'anima della nostra poesia – le abbiamo dato un nome, ma è l'anima della poesia in tutto il mondo. Si tratta di quel sentimento paradossale che si prova quando si è felici di ricordare qualcosa, anche se il processo è doloroso. La saudade si prova anche quando la mente immagina nel futuro qualcosa che potrà accadere di nuovo, per superare, con un coraggio pieno di speranza, le difficoltà del presente. In questo modo le canzoni dei Madredeus sono legate al pensiero. Alcuni brani inoltre manifestano la bellezza di paesaggi ed elementi naturali, come se una montagna, una spiaggia fossero ritratte con la musica.
Anche la musicalità è diversa rispetto al fado.
Nei Madredeus c'è una ricerca legata all'uso delle parole, al suono del portoghese, per dare alla musica anche la forma di questa lingua. Questo non accade nel fado. In realtà la nostra musica si differenzia dal fado, non nella voce, ma nella sonorità, perché c'è stato un grande lavoro, nel nostro laboratorio, per cercare le sillabe più adatte a creare una certa musicalità.
Siete in tour e visiterete molti paesi, ma con l'Italia avete una relazione particolare.
Nel 1988, agli inizi, siamo stati a Bologna per la Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo. È stata davvero una bella esperienza. Il pubblico era molto disponibile e interessato e quindi abbiamo fatto altre esibizioni, oltre a quelle in programma. Sei anni dopo abbiamo fatto il primo vero concerto Italia, a cui ne sono seguiti forse una settantina. Nel 1997 abbiamo registrato il disco “O Paraíso” vicino a Venezia, e abbiamo scelto l'Italia per fare un test esibendoci in anteprima con una formazione rinnovata.
Qual è il rapporto con la musica italiana e i suoi protagonisti?
Con Branduardi abbiamo registrato un album dedicato alla figura di San Francesco e ci siamo esibiti in Vaticano. In Italia, abbiamo conosciuto Lucio Dalla: volevo fare una versione di “Caruso” che poi ho realizzato con Teresa Salgueiro quando ha lasciato la band, poi abbiamo incontrato anche Pavarotti e Franco Battiato.
Settanta concerti non sono pochi, che cosa vi ha colpito in particolare durante i vostri tour in Italia?
Una cosa davvero bella dell'Italia, e posso dirlo dopo aver fatto centinaia di date, è l'attenzione che si riserva alla musica: i nostri spettacoli sono spesso stati inseriti in rassegne molto ben organizzate dal punto di vista tecnico e con un pubblico abituato ad assistere a concerti di diverso genere. Anche le location sono state sempre suggestive e adatte: giardini, monumenti, antichi teatri...
Quando si suona all'aperto, con quella particolare umidità che c'è d'estate, in Italia, l'aria è perfetta per trasportare il suono che si diffonde in modo così particolare nello spazio e nel tempo.
Per informazioni: www.madredeus.com