
interviste
Ilaria Pilar Patassini Pilar, Luna in Ariete e altri discorsi
Intervistare una persona sensibile e intelligente come Ilaria Pilar Patassini è sempre un piacere; ancora di più, se avviene in occasione dell'uscita del suo nuovo llavoro, Luna in Ariete, preziosa raccolta di inediti, registrati durante la gravidanza della cantautrice.
1. Esiste un tema comune che unisce i brani del tuo nuovo album: la dimensione dell’introspezione. Per te quanto valore ha?Senza dei momenti - apparentemente - statici di introspezione non può neanche esistere uno slancio verso l'esterno, parlo di empatia verso l'altro ma anche di analisi dell'attualità. L'abitudine alla riflessione di sé quindi - che non sia autoreferenziale ma che nel mio caso porti all'elaborazione di idee, testi o musiche che abbiano intenzioni sempre inclusive - direi crea le fondamenta di una società sana. Oggi stare con sé fa paura, c'è orrore del vuoto e del silenzio, come se questi non fossero invece due lussuosissimi contenitori. Senza l'introspezione ecco che si allevano analfabeti sentimentali che diventano pericolosi, per sé e per gli altri.
2. Hai collaborato e collabori non solo con cantautori, ma anche con scrittori; quanto valore hanno la lettura, e la letteratura, per il tuo processo creativo?
Sono una cantante non ortodossa che, anche colpevolmente, legge più di quanto non ascolti. Posso stare senza ascoltare musica ma non senza leggere. Sono una lettrice compulsiva, nella mia prima estate da lettrice, avevo 7 anni, eravamo in Grecia in vacanza e avevo finito il mio libro. Ricordo perfettamente che a quel punto lessi il libro che stava leggendo uno dei miei genitori: "Così parla Bellavista" di Luciano de Crescenzo. Non credo di averci capito nulla, ma lo lessi tutto. Molte delle mie canzoni partono da un libro, tutte partono dal testo. Del resto però nelle parole degli scrittori e dei poeti non c'è sempre moltissima musica?
3. La dimensione del live ricalcherà quella del disco, ricchissimo di suoni, oppure pensi a soluzioni più essenziali?
Di soluzioni essenziali non se ne può fare a meno. Le buone canzoni vivono di vita propria anche in formazioni minime ma è un fatto che la situazione economica culturale in cui versa questo paese - sia filosofica che di cassa che di gestione - è tale per cui o si è multitasking oppure dovremmo fare tutti dischi solo voce e chitarra. Ma i musicisti sono professionisti che fanno mille sacrifici per arrivare a restituire un bel suono, la cultura si paga. Le maestranze si pagano. I contenuti si pagano. Oggi invece a essere lautamente retribuiti sono solo i contenitori. Detto ciò mi muovo da sempre benissimo in piccole formazioni e amo dare vesti nuove ai concerti, trovare delle soluzioni possibili che mi entusiasmino e restituiscano l'anima del progetto. La formazione per la primavera estate sarò quella del quartetto o del quintetto. Ogni volta che sarà possibile allargheremo la band, per esempio, il 9 novembre farò un concerto magnifico, con tutta la line up del disco, solo che a Toronto (segue risata, sardonica e felice).
4. La scelta privata di vivere in Sardegna ti ha portata a cambiare il tuo punto di vista nei confronti della tua vita di artista? Mi pare, nello splendido bozzetto Il suono che fa l’universo, di intuire una sorta di privilegio di osservatrice, dato da questa scelta…
E' un privilegio che comporta un prezzo alto in termini di spostamenti e assenza di stanzialità (mi divido tra la Sardegna e Roma), però svegliarsi davanti a uno dei mari più belli del mondo non ha prezzo, esercitare per forza la concentrazione e quell'introspezione di cui parlavamo prima neanche. Alghero offre una qualità della vita altissima, spostamenti in bicicletta, assenza di inquinamento, cibi senza paragoni. Mi manca Roma, mi mancano i miei amici. Ma ho il mare a 50 metri, il maestrale che soffia, il silenzio per scrivere, e posso far crescere mio figlio qui. La Sardegna è una terra magica e ancora poco esplorata. Direi che hai ragione. E' un punto di osservazione magnifico e sono una privilegiata.
5. Naturalmente l’aver registrato i brani durante la gravidanza ha contribuito a donare ulteriori sfumature alla tua splendida voce. Ma cosa significa, per te, essere madre e artista?
La genitorialità non cambia il dna delle persone, piuttosto direi che lo esalta, questo sì. Io sono sempre quella di prima ma i figli, sto imparando, ti fanno da carta carbone e ti sbattono in faccia quello che sei, nel bene e nel male. La maternità da un lato rende più faticoso tutto, figuriamoci facendo uno strano mestiere come il mio, ma dall'altra ha migliorato di una spanna la qualità delle mie scelte, mi ha resa molto più forte, mi ha donato quella pratica ferocia di cui avevo strenuamente bisogno. La mia voce si è scurita, mi assomiglia di più. E' ovvio che non è semplice far stare insieme tutto, ma nulla è semplice a volerlo fare bene, la vita sempre uguale mi farebbe venire l'orticaria e poi il mio bimbo ha imparato a viaggiare e la mattina si sveglia e la prima cosa che chiede - alle 7.30 am - è di ascoltare un disco.
6. Cosa pensi possiamo fare, noi tutti, nati dalla parte giusta del mondo, per allargare a tutto il mondo i nostri doni, e per correggere gli errori che abbiamo commesso?
Credo sia importante imparare tutti in modo definitivo a essere consapevoli del fatto che ogni nostro gesto è un gesto politico, che ogni acquisto che facciamo ha una conseguenza diretta, su di noi, sull'ambiente, sulla costruzione della società. La vera e sola questione è quella ambientale che non è "una" questione, ma LA questione. Su quella si abbatte tutto il resto, con effetto domino. Senza biodiversità andiamo incontro alla catastrofe. Siamo in fottuto ritardo, ma gli esseri umani hanno la memoria dei pesci rossi, ed è solo quando si muove l'economia che si muove anche la politica. Qualcosa sta cambiando, ma bisogna stare all'erta. Impariamo a coltivare il nostro orto, a informarci, a far tacere la propaganda e a pensare con la nostra testa. Non mi vengono in mente altre soluzioni (a parte dare fuoco alle multinazionali e ai loro letamai ).