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Carlo Boccadoro Musica totale
#Carlo Boccadoro#Classica#Sinfonica cameristica - teatro danza jazz
Carlo Boccadoro è un personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni. Compositore di punta nella scena musicale contemporanea Carlo è soprattutto un soggetto artistico aperto, interessato all’approfondimento interdisciplinare e alla sperimentazione di rapporti organici con altre forme espressive. Esemplare in questo senso è stata la recente performance al Teatro Manzoni basata sulla sua composizione “Snakes”, creata per l’ensemble Sentieri Selvaggi e il gruppo jazz Snakeoil di Tim Berne. E’ proprio stato a valle di questa iniziativa che abbiamo avuto l’opportunità di contattarlo ricevendone in cambio una solare disponibilità per una chiacchierata che siamo felici di riportare.
“Feed your head”… come cantavano gli Airplane in White Rabbit, buona lettura.
Intervista a Carlo BoccadoroMusica totale
Mescalina : il rapporto tra la cosiddetta “musica colta” e il jazz ha avuto esempi importanti nel passato. Pensiamo all’interazione tra Stravinski e Goodman, a Milhaud, al Progr di Kenton, a Penderecki e Don Cherry e così via. Qual è il tuo approccio in questa esperienza?
Boccadoro: si inserisce nello stesso solco. Senza potermi paragonare al prestigio degli artisti che hai menzionato cerco di ottenere una sintesi tra quello che mi piace nel linguaggio del jazz e il mio modo di comporre. L’arte di Tim Berne si presta molto bene a questa ricerca dato che la loro sintassi è, per certi versi, vicina a quello della musica contemporanea; quando improvvisano fanno cose che possono essere tranquillamente scritte in partitura. Accostati gli Snakeoil ho subito capito che erano molto vicini alle cose che faccio; questo ha permesso di non realizzare una banale replica “jazzy” ma di inserirne elementi in una mia composizione che all’85 – 90% è scritta.
Io non posso considerarmi un musicista jazz, ne ho troppo rispetto per ritenermi parte di loro. Non mi interessa quindi imitarli, intendo parlare con loro.
Sono esperienze che avevo già avviato da tempo: cinque o sei anni fa ho collaborato con Maria Pia de Vito, Bebo Ferra e altri jazzisti nazionali di rilievo; per il balletto “Games” al Teatro della Scala, parliamo di quindi anni fa, l’esecuzione era per metà con l’Orchestra della Scala e metà su nastro registrato con musicisti jazz quali Mauro Negri, Bebo Ferra, Paolo Birro, Roberto Dani, Paolino Dalla Porta. Era la prima volta che artisti di questo genere, seppur in registrazione, comparivano sul palco milanese.
Ricordo ancora la collaborazione con Chris Collins ed Emanuele Cisi a Torino, con il Teatro Regio e successivamente in USA con la Detroit Symphony Orchestra di qualche anno fa (2011 – nda), insomma parliamo di un percorso avviato da tempo e del quale l’esperienza con Berne è un ulteriore passo in avanti, imparando sempre qualcosa di nuovo.
Mescalina: quello che è apparso in occasione del concert con Berne è che le vostre due dimensioni fossero veramente integrate e compenetrate, non limitandovi ad un’interazione o, ancor meno, a reciproche imitazioni.
Boccadoro: il tutto è stato molto fluido. Gli Snakeoil utilizzano in modo molto intelligente linguaggi di alcune avanguardie storiche inserendo elementi improvvisativi; mi sono subito parsi dei partners ideali per una nuova tappa nel mio cammino di collaborazione con i jazzisti. Lavorare con loro è stato molto divertente per l’apertura e la ricettività che hanno dimostrato; la partitura non era scolpita nel marmo per cui durante le prove sono stati tolti alcuni passaggi, ne abbiamo inseriti altri da loro richiesti e il risultato è stato frutto di un’opera congiunta. Certamente la parte portante era scritta e un po’ di accidenti me li hanno tirati per via della difficoltà dello spartito; loro se la sono studiata bene e sono arrivati preparatissimi.
Il batterista in modo particolare aveva una parte micidiale e su quella ha dimostrato la sua grande professionalità.
Mescalina: a questo proposito viene naturale domandarsi se il tuo interesse per il jazz in modo generale e per la parte ritmica in modo specifico sono da ascriversi al tuo curriculum di studi che ti ha portato al diploma anche in percussioni.
Boccadoro: certamente sì. Io sono un ex batterista e quindi mi viene facile scrivere cose magari complesse ma eseguibili sullo strumento. Ches (Smith, il batterista degli Sankeoil – nda) mi ha riconosciuto questo fatto, sottolineando la difficoltà della parte ma riconoscendone l’eseguibilità grazie alle mie conoscenze nel ruolo specifico. Ormai non suono più la batteria ma se avessi potuto studiare per qualche mese probabilmente avrei potuto interpretare anch’io quella parte. Ches comunque ha declinato a suo modo quello che ho scritto per lui; io stesso gli ho raccomandato di inserire passaggi diversi se lo riteneva necessario, inutile chiamare uno come lui per una semplice riproduzione della parte.
Quello che mi interessava era scrivere una struttura di base che poteva essere cambiata, anche stravolta, dagli esecutori. Io spero di poter riproporre questa esperienza con altri musicisti, magari jazzisti italiani; sono certo che ne uscirebbe una cosa diversa.
Il pezzo è mobile, non è scritto nella pietra.
Mescalina: sia il jazz che la musica contemporanea hanno una spiccata tendenza a costruire un loro proprio linguaggio. Questa attitudine è un ulteriore elemento che favorisce, nel tuo schema, l’incontro tra le due dimensioni?
Boccadoro: in realtà ciascuno costruisce un suo proprio linguaggio, già lo facevano a suo tempo i musicisti bop anche se all’interno di percorsi già codificati. Berne per esempi tende ad aprire spazi più nuovi e come lui molti musicisti contemporanei adottano un comportamento più esplorativo, che non si limiti al già noto. E’ vero che ciò può comportare il rischio di avventure e risultati fini a se stessi, di sperimentazioni asettiche, ma comunque tutto ha una sua logica. Inoltre se da un lato si può parlare di sperimentazione dall’altro la storia non è comunque eliminabile; ad esempio, sempre tornando a Berne, personalmente ci trovo un sacco di elementi che derivano dalla tradizione, dallo swing, da Konitz, da McLean; non si parte mai da zero. Lo stesso vale per quello che faccio io; se mi ci soffermo riconosco echi di Stravinski, di Berio e di altri compositori che hanno lasciato una traccia indelebile in me. Non credo esista nessuna tabula rasa; anche dischi estremi che quando uscirono sembravano rivoluzionari in realtà, col passare del tempo, hanno evidenziato i loro debiti con la tradizione. Penso a lavori quali Free Jazz di Coleman o Ascension di Coltrane che ascoltati oggi rivelano profonde radici blues. E’ inevitabile, siamo esseri umani e quello che abbiamo vissuto ed ascoltato ci rimane dentro, anche se inconsapevolmente.
Mescalina: rispetto ad altre forme musicali il jazz accetta più volentieri tendenze astratte, slanci cromatici ed atonali. Questo ha favorito o favorisce il tuo approccio verso questo mondo?
Boccadoro: certamente la mia musica attuale é abbastanza astratta e quindi la flessibilità melodica ed armonica che ne deriva aiuta l’accostamento tra i due linguaggi.
Mescalina: questo interesse all’incontro col jazz aiuta a diffondere anche la musica contemporanea ampliandone l’area dei soggetti incuriositi?
Boccadoro: non saprei dire. Non ho mai affrontato la questione da questo punto di vista. Non ci sono intenti specificamente divulgativi nella mia attività e non ho mai riflettuto su questo aspetto, le mie motivazioni sono sempre state legate a interessi personali. Non escludo che alcuni ascoltatori, dopo averci sentito in uno di questi momenti, vengano stimolati a ricercare qualcosa di ulteriore nell’ambito contemporaneo …..te lo dirò dopo i prossimi concerti.
Mescalina: escludi, o al contrario prevedi, analoghe esperienze verso altri generi di musiche popolari quali il rock o quelle di derivazione folk?
Boccadoro: in passato ho già sperimentato episodi vicini ad un jazz precedente, più tipico delle big bands, di Evans o di Ornette. Sono un grande appassionato di rock e ho collaborato con alcuni artisti del settore, come Eugenio Finardi o Omar Pedrini, ma non su progetti di matrice rock. Con Finardi abbiamo realizzato un’iniziativa su Vladimir Vysotsky, un artista russo di matrice più “folk” a sfondo politico-sociale; il progetto ebbe riconoscimenti importanti, abbiamo vinto anche la Targa Tenco.
Nella mia musica gli incastri con il rock consistono principalmente nella ricerca di un elemento energico o, magari, in qualche altro elemento derivante dai miei ascolti; tuttavia al momento sono più interessato all’incontro e allo scambio con il jazz.
Mescalina: e per quel che riguarda tutto quel patrimonio che oggi viene classificato, con qualche scivolata di banalità, come “world music”?
Boccadoro: rappresenta un aspetto culturale imprescindibile. Ascolto molta musica indiana o africana anche se non con l’intento aprioristico di trovare elementi da inserire nelle mie composizioni. E’ comunque inevitabile che, quando componi, tutto quello che hai ascoltato in un modo o nell’altro esce; siccome io ascolto di tutto é naturale che se ne abbia un riflesso nei miei lavori.
Mescalina: stai toccando un punto interessante da approfondire. Alcuni artisti che abbiamo avuto occasione di contattare sostengono una relativa irrilevanza e un conseguente disinteresse all’ascolto della musica di altri. Pare che tu la veda in modo molto diverso.
Boccadoro: radicalmente. Io passo moltissimo tempo sentendo musica altrui, lo trovo fondamentale. Evitare il contatto con gli altri mi pare sintomo di una chiusura mentale imbarazzante; un musicista che non sente quello che succede attorno a sé è un musicista sordo, e di conseguenza sterile.
Mescalina: appurato che la dimensione dell’ascolto è importante per la professione, quanto lo è il fatto di aver studiato musica, di saperla leggere e scrivere, di avere un’educazione formale di base?
Boccadoro: lo studio e la cultura solo elementi fondamentali ma prescindono dalla stretta capacità di leggere e scrivere sul pentagramma. Ci sono musicisti eccelsi che non sanno leggere una nota e strumentisti che hanno nove diplomi ma sono dei perfetti ignoranti da un punto di vista musicale Pensiamo a Paul McCartney; compone in modo eccellente, suona un mucchio di strumenti, è da quarant’anni al vertice ma non ha mai imparato a leggere un pentagramma. La scrittura è solo un elemento tecnico di codifica formale, è un mezzo e non un fine, non incide sul risultato per il quale invece sono decisivi il talento, l’energia e l’intelligenza musicale. Studiare è essenziale nel senso che un musicista non può non avere cultura; occorre ascoltare, approfondire, conoscere ciò che ti accade attorno; poi se uno sa leggere, scrivere ed orchestrare in musica va bene altrimenti può affidarsi a qualcuno a cui dire quello che bisogna fare. Funziona lo stesso.
Mescalina: e allora quanto è importante il contatto interdisciplinare con altre forme artistiche parallele quali la letteratura, la poesia, il cinema, il teatro ai fini del lavoro musicale?
Boccadoro: assolutamente fondamentale. Tutto può essere decisivo. L’opera musicale è frutto sostanzialmente della cultura dell’autore che quindi è bene che conosca quello che succede nelle altre dimensioni dell’espressione umana, dalla letteratura alla poesia alla pittura; chi non ha cultura non può fare questo mestiere. Io cerco di essere sempre aggiornato su ciò che accade nella poesia, nelle arti visive, nel cinema; sarebbe molto presuntuoso credere di poter prescindere da quello che stanno facendo gli altri.
Mescalina: questa visione integrale porta a domandarsi che fondamento abbia la tesi secondo la quale l’opera musicale dovrebbe “staccarsi” dall’autore per diventare qualcosa di più generale che, superando la paternità, assuma un carattere più collettivo e meno individuale.
Boccadoro: ma chi sostiene questo?? E’ una tesi totalmente infondata; ogni musica è determinata dall’autore, anche quella apparentemente più aleatoria. Indipendentemente da certe idee di Cage resta il fatto che il pezzo è sempre sotto il controllo di chi lo compone che, altrimenti, non sarebbe in grado di crearlo. Penso a certi brani di Maderna dove intere sezioni possono essere riviste e rilette con criteri aleatori ma, in realtà, è tutto molto controllato; d’altra parte se così non fosse chiunque potrebbe comporre usando meccanismi che poi vanno avanti da soli. Non è così, il lavoro del compositore è molto complesso. Penso anche a gente come Feldman o Bussotti, anch’essi apparentemente molto liberi ma in realtà con progetti chiari. Non condivido quindi questa tesi che, per dirla tutta, mi pare un po’ “hippie”.
Mescalina: altrettanto hippie allora po’ apparire la tesi per cui l’ascoltatore può far suo i brano indipendentemente dalle intenzioni del compositore, conferendo al pezzo una suo interpretazione magari molto lontana da ciò che l’autore intende esprimere.
Boccadoro: questo non lo ritengo “hippie”, al contrario lo trovo giusto. Se un ascoltatore recepisce un’immagine in un mio brano non posso dire che stia sbagliando, per quanto lontano possa essere dalla mia visione quando l’avevo composto. La fruizione dell’opera musicale è soggettiva, non è possibile prevedere come sarà la reazione del pubblico; altrimenti, per assurdo, esisterebbe la ricetta del successo. Io non scrivo per un ascoltatore in particolare, io scrivo ciò che intendo scrivere anche se naturalmente spero sempre che possa piacere a chi lo vorrà sentire. D’altra parte chi è il pubblico? Non è possibile definirne una tipologia a priori; magari qualcuno pensa di farlo con statistiche di mercato ma io con questa dimensione non c’entro nulla e inoltre sono convinto che questa classificazione non sia davvero possibile.
Mescalina: ma non si può negare che quando un ascoltatore dispone di elementi che gli permettano una lettura “informata” del brano la fruizione sia molto più soddisfacente.
Boccadoro: questo è innegabile e va benissimo. Io stesso cerco sempre di presentare i miei lavori e di spiegarli anche se brevemente. Se poi l’ascoltatore vuole seguirmi bene ma non posso imporgli una lettura; se lui decide di vedere montagne e fiori anche se non ci sono poco ci posso fare e, comunque, la cosa non ha alcuna importanza
Mescalina: sempre pensando all’ascoltatore, magari a quello vicino al jazz più avvezzo a certe sonorità, che consiglio daresti per intraprendere un cammino di accostamento alla musica contemporanea?
Boccadoro: quindici anni fa ho scritto un libro, “Musica Coelestis” ( recentemente ristampato da il Saggiatore– nda) , in cui pubblicavo conversazioni con undici artisti di spicco nell’ambito della musica contemporanea, gente come Steve Reich, John Adams, Philip Glass, Laurie Anderson. Se una persona non li conosce può ascoltare cosa dicono ed anche la loro musica; nella versione precedente infatti il libro era corredato da un CD. Il libro ebbe molto successo, e nella nuova ristampa èdotato di un codice per ascoltare in streaming la musica riferita; credo quindi possa rappresentare un viatico pratico proprio nel senso che dici. Diversi lettori infatti mi hanno confidato che, dopo aver letto il libro, hanno poi continuato nell’approfondimento e si sono accostati a Xenakis, Cage, Berio. Partendo da qui è possibile procedere in un percorso personale.
Mescalina: il filone ECM potrebbe essere analogamente funzionale?
Boccadoro: certamente.Questa etichetta Annovera personalità coma Arvo Part, , Steve Reich, john Adams, Heiner Goebbel e molte altre personalità rappresentative della musica di oggi. La collana è estremamente interessante, creata con gusti intelligenti ed ha presentato autori significativi. Molti di questi dischi sono destinati a durare a lungo.
Mescalina: non pensi però che sia eccessivamente polarizzazione sulla visione del fondatore Manfred Eicher?
Boccadoro: beh, sarebbe come dire che la Blue Note è appiattita su Alfred Lion, la Prestige su Bob Weinstock o la Atlantic su Ahmet Ertegun. Sono tutte operazioni profondamente imperniate sulla visione del creatore che magari escludeva delle cose ma che curava con molto amore ciò che gli interessava. Nella Contemporary di Lester Koenig non ci trovi certamente Coltrane ma una certa west coast era rappresentata in modo eccezionale: Harold Land, Shelley Manne,Hampton Hawes e così via. Credo che Eicher sia l’ultimo di una tradizione di imprenditori/ musicisti che poi hanno seguito personalmente l’evoluzione della propria creatura, curando personalmente la realizzazione e l’evoluzione della proposta; non credo che ce ne saranno altre, non vedo altri soggetti con la stessa personalità e senso dell’identità.
Mescalina: nemmeno la Tzadik di Zorn?
Boccadoro: più o meno, ma con molta discontinuità. Zorn ha in testa un sacco di cose, mette insieme opere di tipo molto differente e forse ha anche poco tempo per seguirle personalmente. L’etichetta e il catalogo sono certamente molto interessanti ma non hanno quell’immagine specifica che caratterizzava i casi che citavo.
Mescalina: secondo te è finita anche l’epoca dei grandi nomi del jazz?
Boccadoro: assolutamente no. Oggi ci sono grandissimi artisti così come ci sono sempre stati; Tim Berne ad esempio è grande così come a suo tempo lo fu Jackie McLean o Lee Konitz. Il problema è che quando ci sei dentro non puoi decidere chi resterà nella storia e chi no; questo è un problema che si porrà tra quaranta o cinquant’anni a color che ci saranno, non siamo certo noi a doverlo stabilire. Personalmente non sono ma stato favorevole al ritornello del “c’era una volta” o “ tempo fa si stava meglio”. E’ vero che una certa epoca del jazz è finita ma questo è un fatto generale; anche il rock’n’roll rappresenta un’epoca ormai morta. Coi Police e i primi U2 si è chiusa una storia; gente come gli Oasis e i gruppi del Brit Pop rappresentavano dei cloni di un periodo trascorso, così come Marsalis nel jazz. La musica si trasforma e continua ad andare avanti.
Mescalina: abbiamo parlato di musica ma non di canto. Non fa parte dei tuoi interessi?
Boccadoro: in effetti non ho scritto molto per la voce. Sono appassionato d’opera ma ho composto poco per la voce, mi trovo più a mio agio con l’orchestra e gli strumenti musicali. Magari cambierò idea. Tieni presente che oggi l’opera è ancora un segmento molto vivo; in America ci saranno trecento compositori attivi in quest’area, ma anche in Francia, in Germania e in Olanda; l’opera gode di ottima salute. Noi siamo legati ad una concezione del melodramma alla Verdi o Puccini che rappresenta solo un aspetto di questo settore. Il teatro musicale è assai florido, così come l’incrocio con il cinema e la danza; lavori che raccontano vicende e storie in musica ce ne sono una marea. In Italia siamo restati indietro, abbiamo una visione un po’ ammuffita e polverosa della situazione, frutto sostanzialmente di una stasi culturale che ha radici fin dalla scuola.
Mescalina: paradossale per un paese che è sempre stato un fulcro per la cultura musicale, a partire da Monteverdi e anche prima.
Boccadoro: a un certo punto è intervenuta una classe politica che ha deciso che l’insegnamento della musica a scuola non serviva. Croce prima e soprattutto Gentile poi stabilirono che la musica era un elemento poco virile, non degno di far parte dell’educazione della prossima classe dirigente e quindi da eliminarsi dai programmi statali. Quando poi per settanta o ottant’anni non diffondi questa cultura si arriva alla situazione degradata di oggi.
Mescalina: qual è lo stato della musica contemporanea? In generale è difficile seguire o essere informati di quello che accade, la stampa specifica appare limitata.
Boccadoro: anche questo settore è molto vivo, con numerosi artisti di valore e di idee. La partecipazione è buona; noi sovente registriamo dei pienoni nel nostro Festival, e cos’ fanni altre rassegne importanti come Milano Musica; basta tenersi informati e seguire le proposte. Il canale principale ormai sono i social networks, Facebook e Internet; noi col sito riusciamo a comunicare molto bene e a coinvolgere un sacco di persone. Ormai i manifesti per strada e i supporti cartacei servono a poco.
Mescalina: quindi il tuo progetto “Sentieri Selvaggi” trova un buon riscontro?
Boccadoro: siamo molto soddisfatti. L’iniziativa è nata grazie al consenso di un certo numero di colleghi / amici attorno all’idea di proporre e diffondere musica contemporanea; ormai sono diciotto anni che siamo attivi e il consuntivo è molto buono. Abbiamo lavorato a lungo e, passo dopo passo, credo si possa dire che siamo diventati un punto di riferimento; ormai il nostro pubblico ci segue indipendentemente dall’autore che proponiamo, si fida e conta sulla qualità dell’ensemble.
Il gruppo è a dimensione variabile in funzione di quello che andiamo ad eseguire anche se sostanzialmente si tratta di una formazione cameristica, purtroppo occorre confrontarsi con un problema di costi. Non sempre ci si può permettere di organizzare una performance come quella con Berne, ci sono elementi ineludibili da considerare ai fini del rapporto costi / benefici altrimenti si rischia l’insostenibilità economica.
Mescalina: la tecnologia non può essere di aiuto ?
Boccadoro: personalmente non ho familiarità con questa dimensione. Scrivo con matita, gomma e righello. In termini di strumentazione non ho quasi mai fatto ricorso alle risorse elettroniche; ascolto musica di questo tipo ma attualmente non fa parte del mio vocabolario di compositore.
Mescalina: per concludere, quali sono i principali progetti nell’immediato futuro?
Boccadoro: a fine marzo abbiamo una serata dedicata alle musica di Aaron Jay Kernis, compositore di New York vincitore di un Premio Pulitzer. Come compositore invece la manifestazione più importante è quella del 18 maggio al Teatro Regio di Torino dove verrà eseguito il mio concerto sinfonico per violoncello e orchestra, con Enrico Dindo come solita e Gianandrea Noseda a dirigere. Sono molto curioso di vedere cosa ne uscirà, visto l’alto livello dei professionisti e visto che sarà proposto insieme a sinfonie di Stravinski e Rachmaninov. Poi ci sono parecchie altre cose ma queste sono le più immediate.
È raro incontrare un artista di questo calibro e curriculum che parli con lo stesso interesse di rock, jazz, contemporanea e classica; il messaggio della passione artistica come una dimensione da vivere in modo integrale, senza spocchie ideologiche e con intensità culturale, ci pare sia la sintesi delle stimolanti considerazioni di Carlo Boccadoro. Cercatevi il suo libro “Musica Coelestis” e intraprendete un piccolo viaggio nell’affascinante mondo della musica di oggi; fosse anche la vostra unica tappa rappresenterà una meta densa di soddisfazioni.