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Radiodervish Nuovi passaggi mediterranei

18/02/2007 di Elisa Orlandotti

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  Nuovi passaggi mediterranei
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"Amara Terra Mia" è più di una semplice raccolta e supera il concetto di "opera di passaggio". Si tratta di un cd - dvd, che riporta spezzoni di uno spettacolo e si presenta, tra reading e riletture di vecchi e nuovi brani, come un disco a metà strada tra l'opera teatrale sulla migrazione e il concept album. "Amara Terra Mia" oltre che a un bellissimo percorso di crescita è da considerarsi un vero valore aggiunto alla discografia dei Radiodervish. Nabil, più carismatico che mai, e il fedelissimo Michele si sono prestati alle nostre domande svelandoci qualche novità sul futuro imminente della band e approfondendo molti punti, sia artistici che umani.


Mescalina: Com'è nata l'idea di "Amara Terra Mia"?
Nabil: Lo spettacolo nasce da una sperimentazione precedente: si chiamava "Tra parole e musica"; eravamo Michele ed io a leggere i testi. Poi c'è stato l'incontro con Giuseppe Battiston, determinante per iniziare a progettare una cosa più strutturata che avesse una dimensione teatrale. Noi stessi abbiamo scelto le letture, ma Giuseppe e Princigalli, il nostro manager, ci hanno dato una mano. Si può dire, alla fine, che sia un lavoro soprattutto mio e di Michele, sostenuto da un po' del loro aiuto.

Mescalina: La caratteristica del disco e dello spettacolo, è di trasmettere efficacemente ciò che per noi sedentari della Val Padana è difficile mettere a fuoco ovvero cosa prova una persona che è costretta ad emigrare…
Nabil: È una cosa difficile: il lasciare la propria terra è una rinuncia forzata. Io appartengo a quella fascia di immigrazione intellettuale di una decina di anni fa: cercavamo un posto che potesse rispondere ai nostri bisogni culturali. Quella di adesso ha tutt'altra natura perché si basa su altri criteri, sulle necessità primarie: gli immigrati oggi rischiano tutto, i propri averi, la propria vita, pur di sognare un futuro. Per loro la terra è già amara alla partenza e amaro è l'approdo.

Mescalina: Però c'è una bellezza di fondo che vibra all'interno di ogni movimento e caratterizza sia la loro vita sia lo spettacolo?

Nabil: L'abbiamo voluta narrare attraverso i testi dei brani e delle letture che ci avevano stimolati. Sai, la letteratura ci ha spesso dato degli spunti per le nostre composizioni.

Mescalina: Il brano "Amara terra mia" l'avete scelto ad hoc come simbolo di questo album, ma "Tu sì 'na cosa grande", la seconda cover di Modugno non centra molto con il viaggio e con il percorso umano?
Nabil: Di questa vecchia canzone ci ha colpito la bellezza, ci ha sedotti e catturati. Il caso ha voluto che siamo riusciti a rileggere il brano in una chiave che guarda dritto al medio oriente. Anzi, il pezzo ci sta proprio nel bel mezzo delle vie di Beirut e de Il Cairo! Da anni ci confrontavamo con "Amara terra mia" senza mai riuscire a trovare un'interpretazione che potesse soddisfarci; "Tu sì 'na cosa grande", così appesa tra le vie di Napoli e di Beirut, ci ha permesso di scoprire il respiro mediterraneo di Modugno, ci ha fornito una chiave per riarrangiare "Amara terra mia": un intuito, un'emozione ci hanno guidati a ricreare il brano cantato in arabo ed in italiano.
Michele: Modugno era un artista che, pure nel suo piccolo, aveva la predisposizione a non attaccarsi in modo assoluto alle proprie origini, ma voleva scoprire, arricchirsi e "impossessarsi" di altre radici. Noi ci siamo rivisti in quel Modugno che ha fatto il nostro stesso cammino anni prima, negli anni '50 e '60.

Mescalina: L'album è bello, gli arrangiamenti sono perfetti, ma mi sembra che ultimamente stiate mettendo un po' da parte l'elettronica! State ritornando al vostro primo progetto come Al Darawish, che prevedeva solo musica acustica suonata?
Nabil: È un percorso parallelo, molto stimolante. Noi scegliamo, di volta in volta, quale veste dare alla nostra musica. I suoni che abbiamo voluto per questo spettacolo si adattano a quel tipo di teatralità, al tipo di messaggio e di emozione che desideriamo comunicare. A marzo uscirà un nuovo disco che avrà un carattere diverso; è solo una scelta di opportunità: il vestito più adatto per uno spettacolo che narra una migrazione, un approdo, narra l'amara terra che si lascia, l'amara terra che si trova, ma pur sempre bella sia che la si lasci sia che la si trovi.

Mescalina: Bene se ho capito bene c'è un disco in arrivo per marzo? Ce ne volete parlare in anteprima?
Nabil: Sì, ritardi discografici permettendo. Non sarà un concept album com'è stato il penultimo. Sarà un disco di canzoni. In realtà "Amara terra mia" è un disco di passaggio in cui abbiamo voluto racchiudere i punti più significativi del nostro percorso. Adesso si aprono nuove frontiere; è tutto da costruire e da materializzare.

Mescalina: Ritorniamo sul disco che ho in mano. La critica è da anni che sostiene che "avete un qualcosa che ricorda Franco Battiato"; finalmente s'è svelato il legame! Mi spiegate allora quanto del suo zampino c'è nei Radiodervish?
Nabil: In realtà tra noi c'è una lunga amicizia; è stata fino ad ora tenuta privata, dietro le quinte ma durante questi anni ci sono stati comunque dei consigli, dei suggerimenti. Franco, ad esempio ci ha suggerito anche titoli di album e soluzioni per alcuni brani.

Mescalina: Evidentemente erano maturi i tempi per fare uscire il rapporto alla luce del sole e c'è stata questa occasione del cortometraggio e dell'arrangiamento di "Amara terra mia" …
Nabil: In realtà, sì, c'era un po' lo zampino di Franco Battiato (ndr. sorride).

Mescalina: Nabil, tu sei nato vicino a Beirut; io ho come l'impressione che i media ci dicano quello che vogliono che sulla guerra in Libano, volevo sapere che ne pensi …
Nabil: Io credo che, in generale, il meccanismo della guerra sia una follia; l'abbiamo visto nel suo orribile aspetto l'estate scorsa. Detto ciò, anche dopo la guerra, restano sempre delle cose in sospeso che aspettano una soluzione; ma fino quando non si dà dignità alle persone, all'umanità che abita quelle zone, è molto difficile pensare e sognare un buon vivere tra israeliani e palestinesi. In quei territori ci sono due popoli con uno stato in meno. I palestinesi stanno aspettando da 50 anni - forse nella storia moderna è un capitolo unico - la dignità, la possibilità di sancire la propria autodeterminazione, cose che la collettività mondiale dovrebbe legittimare attraverso l'ONU. Quello che io vedo è una degenerazione dovuta all'indifferenza, all'incuranza verso il dolore delle persone, l'ennesima guerra conseguenza di un problema che sta a monte e che così non si risolve. Non capisco perché il mondo dei potenti, pur essendo conscio delle motivazioni, non interagisca in modo fermo e decisivo appianando la situazione.

Mescalina: Non è che i potenti, come al solito, stanno facendo orecchie da mercante ed usano la discordia tra i popoli per farsi i fatti loro?

Nabil: Sicuramente è così; spero però che si formi una coscienza più responsabile, che capiscano il male e l'inutilità della guerra a partire da quella dell'Iraq, altra assurdità dal punto di vista umano che, come dicevi tu, sicuramente trova la sua spiegazione ad altri livelli, come quello economico e politico. Ma da musicista mi preme di più il lato umano.

Mescalina: Voi avete iniziato a mischiare le vostre culture (italiana, araba, musulmana e cristiana ndr) dieci anni fa, quando il fenomeno immigrazione in Italia non era così massiccio; proprio poco tempo fa è uscito un rapporto della Caritas che ha calcolato quando gli immigrati supereranno il numero degli italiani; non mi ricordo l'anno, ma non si parla di tempi da fantascienza.
Nabil: Paura o non paura, il percorso è oramai inarrestabile. È una cosa su cui bisogna confrontarsi, non ci si può barricare e chiudersi in sè stessi come se si fosse il punto di riferimento assoluto di tutta l'umanità: non esiste una sola cultura, assoluta, ma la cultura è come un contenitore che si arricchisce continuamente di nuovi stimoli. Bisogna che la società ne prenda atto e assimili che un gruppo come il nostro, composto da me e da Michele, ovvero da un immigrato che ormai ha vissuto più di metà della sua vita qui in Italia e da un italiano, si senta parte effettiva di questa collettività.









Mescalina: Non ho fatto a meno di notare il tuo sguardo accendersi quando hai proposto il kebab per pranzo!
Nabil: Eh, ma il kebab è una cosa fantastica! Comunque, lo confesso, adoro anche la pastasciutta e la pasta al forno! Prima ci definivano un "gruppo italo trattino palestinese", io vorrei che levassero questo trattino perché noi ormai rappresentiamo quello che è la nuova musica italiana. Ci siamo resi conto di essere un gruppo italiano a tutti gli effetti: raffiguriamo il divenire dell'Italia, il nostro cammino rispecchia il processo che determinerà il nuovo codice genetico di un paese che si sta arricchendo, come la storia vuole ed insegna, attraverso i suoi corsi e ricorsi. Ogni civiltà ad un certo punto della propria storia s'è trovata a confrontarsi con dei nuovi arrivi, con degli stimoli diversi, con dei colori non suoi: nel recente passato è toccato alla Francia, all'Inghilterra ora tocca all'Italia. Noi cerchiamo di rappresentare in modo naturale quello che è la nuova musicalità di questo paese che si arricchisce sempre più attraverso nuove sonorità e nuovi linguaggi. È una cosa molto emozionante: siamo una fotografia di quello che sta cambiando.

Mescalina: Senti, a noi puoi dirlo: in Libano come hanno preso il fatto che hai portato loro un musicista extracomunitario, un italiano?
Nabil: Quando abbiamo suonato in Libano con i Radiodervish all'inizio sono rimasti stupefatti: avevano la diffidenza di uno che guarda una cosa con cui non era mai venuto in contatto prima! Poi la reazione del pubblico è stata davvero calorosa pian piano s'è rotto questo muro e c'è stato il disgelo. Con questo progetto, nello specifico, non lo so ancora. Mi piacerebbe portarlo là e fare passeggiare Modugno per le strade di Beirut, sarebbe molto stimolante. Sai, è bellissimo poter guardare le proprie radici da un'altra prospettiva e poter inventare sulla loro base un nuovo mondo; c'è più fantasia, è più divertente e più appassionante rispetto al subire un'unica identità imposta e preservata nel suo carattere assoluto.

Mescalina: un abbraccio fraterno a tutti Voi Radiodervish.