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Mario Castelnuovo Parole per un incendio. Intervista a Mario Castelnuovo.
L'incendio è un ossimoro, divampa sulle coordinate del riscatto ontologico. L'incendio è qualcosa che brucia e non brucia, uno iato dialettico tra il rosso-cuore e il nero-abisso, l'altrove e il qui e ora, alla maniera sbieca e poetica di Mario Castelnuovo. L'ex cavaliere giovane "preso da una tagliola", sangue fragile (ma non troppo),artificiere musicale. Rarefatto e materico quel tanto che basta alla poesia cantata. Ci abbiamo scambiato quattro chiacchiere, girovagando per i dintorni di "Musica per un incendio",il suo album nuovissimo, acceso e ombreggiato di luce/tenebra proprie.
MESCALINA: C’è una cosa che vorrei chiederti per cominciare, e riguarda il titolo di questo tuo nuovo cd: a parte quello dei sensi in Annie Lamour dove e di che cosa brucia ancora Musica per un incendio?CASTELNUOVO: Innanzi tutto vorrei che bruciasse di passione. E’ un’epoca abbastanza decaffeinata, se ci pensi. Probabilmente nei decenni scorsi si è esagerato con gli incendi di tipo non soltanto metaforico, ma adesso mi sembra l’esatto contrario: è un epoca poco combustibile. Nel senso che c’è poco da incendiare. Mi sembra che le passioni, di qualsiasi tipo - non soltanto quelle sessuali - non rientrino nel nostro tempo. Per cui musica per un incendio diventa quasi un auspicio.
MESCALINA: Ho come l’impressione che nei tuoi album eros coincida - se non proprio con thanatos - quanto meno con abime, con il senso cioè di perdizione. Penso che nel tuo caso Freud c’entri poco e che c’entri piuttosto la tua impronta romantico-decadente. Il chiaroscuro è davvero la chiave più adatta per affrescare i sentimenti (Gli amanti, Genevieve)?
CASTELNUOVO: Sì, il chiaroscuro sentimentale risulta, in fin dei conti, la formula di scrittura più eccitante. Poi è anche vero che il mio raggio di azione creativo va dalla santità più ortodossa all’eresia spinta. Le contraddizioni sono una parte intrinseca alla vita, che è fatta, in larga parte, di chiaroscuri. Mi interessano: la normalità è un aspetto che non ispira, non fa scrivere.
MESCALINA: La venatura ironica delle tue canzoni è spesso sottaciuta. In Musica per un incendio - oltre che nella lapidaria Torna a casa Lessie - mi sembra intravedersi sottotraccia anche in Canto della povera gente. Ti andrebbe di spendere due parole su questa canzone? Non fosse perché mi sembra insolita, meno allineata al clima generale della track-list…
CASTELNUOVO: Canto della povera gente è la riprova del fatto che chi fa il mestiere dell’autore non fa e non deve fare il mestiere del giornalista. Si può parlare di problematiche profonde in tono lieve, l’importante è che le metafore arrivino dove devono nel modo più comprensibile. Per quanto mi riguarda, l’aspetto ironico è da sempre presente nelle mie canzoni, che sia stato afferrato o meno, non lo so. L’ironia mi sembra vada a inserirsi nel discorso che facevamo prima: essere drammatici tout court non serve, serve soltanto a incupire e a incupirsi. Bisogna trattare argomenti anche difficili cercando l’angolazione giusta, compresa quella capace di farci scappare un sorriso, di tanto in tanto.
MESCALINA: La quarta domanda potrebbe essere un corollario della precedente: mi dici se e fino a che punto è cambiato - col tempo e nel tempo - il tuo approccio alle canzoni?
CASTENUOVO: Credo di essere rimasto spontaneo, lo sono sempre stato. Difficilmente, per esempio, rispetto le date di emissione. Tra un disco e l’altro possono passare anche anni, ne sono passati otto tra Com’erano venuto buone le ciliegie nella primavera del '46 e Musica per un incendio. Pur vivendo di questo mestiere ho fatto in modo che questo mestiere diventasse la mia vita. Nel bene e nel male: non riuscirei a violentare me stesso e non posso nemmeno violentare il me stesso che crea. Riesco a scrivere, a suonare e a cantare solo se avverto un’esigenza precisa.
MESCALINA: Cos’hai imparato dal tempo?
CASTELNUOVO: Credo di essere diventato più bravo, anche se me lo dico da solo. Ognuno di noi, nel proprio mestiere, acquisisce via via trucchi, segreti, sollecitazioni esterne che prima magari gli sfuggivano, non recepiva. Diventare adulti in fondo vuol dire anche questo.
MESCALINA: La tua voce è tra le più suggestionanti della canzone d’autore, non ha perso un grammo della sua forza evocativa. Anche in questo caso: è cambiato il tuo modo di utilizzarla?
CASTELNUOVO: No, non è cambiato affatto. Non ho adottato particolari cure né per la voce nè per altri aspetti della mia esistenza. Sono sempre stato e resto un tipo piuttosto distratto, sciamannato. Il vocione me lo porto appresso come dono di natura sin da ragazzo.
MESCALINA: Dato lo spessore qualitativo dei tuoi dischi, trovo che in termini di popolarità tu abbia raccolto meno di quanto meritassi. Ritieni possa dipendere da scelte che magari oggi, col senno del poi, non rifaresti?
CASTELNUOVO: No, tutto sommato credo di aver detto quello che avevo da dire, anche aldilà delle mie canzoni. Non vorrei suonare come retorico ma la libertà di espressione richiede i suoi prezzi. Proverei più rimorso se avessi pensato di partecipare come giudice a un talent show, per esempio. Se avessi tentato di accattivarmi un certo tipo di pubblico e poi il giorno dopo avessi arringato le folle di sinistra al concerto del primo maggio. Fossi stato uno così sarei stato sicuramente più furbo ma certo mi sarei portato dietro diversi sensi di colpa.
MESCALINA: La questione sempre aperta della coerenza artistica…
CASTELNUOVO: Certo, anche se oggi non c’è criticità: tutto viene messo in un unico mulino, così che la macina finisce col girare e rigirare, in fondo, sempre le stesse cose. Bisognerebbe conservare, invece, un minimo di capacità di discernimento.
MESCALINA: Musica per un incendio, mi sembra confermarti, una volta di più, come cantautore sui generis, elegante. Mi viene da chiederti, a questo punto, quanto c’è di spontaneo e quanto invece di ricercato nel tuo poetare (lasciamelo dire) per musica e parole…
CASTELNUOVO: Ciascuno si esprime per quello che è. Io canto storie. La mia testa è piena di storie. Amo le storie, mi piace sentirle raccontare e raccontarle a mia volta. Niente di ricercato: tutto quello che si sente in questo disco è una spremuta istantanea di sensazioni: belle, brutte, intelligenti, ottuse. E stanno tutte insieme perché tutte insieme stanno queste cose nel corso della vita. Stanno insieme le lacrime quanto le risate. Ecco perché, per esempio, Torna a casa Lessie: un divertissement da dopocena tra amici perché anche i dopocena tra amici fanno parte della mia vita.
MESCALINA: A proposito di storie, e di storie fuori dalle canzoni, forse non tutti sanno che hai anche scritto un romanzo – Il badante di Che Guevara (Salerno Editrice) – che con la musica c’entra più o meno come un eschimese con la Savana…
CASTLNUOVO: Infatti non volevo fosse l’ennesimo libro dell’ennesimo cantautore che fissa sulla pagina le sue memorie professionali. Non c’è niente che abbia a che fare con la musica nel …Badante di Che Guevara e niente ci sarà nel romanzo che sto scrivendo in questo periodo (ma non mi chiedere quando sarà pronto). Come autore devo molto a ciò che ho letto, a ciò che continuo a leggere: in un’epoca tanto svagata come questa, la lettura rimane forse l’ultimo baluardo contro l’ottusità.
MESCALINA: A proposito di letture: mi dici un libro che - come si usa dire - ti ha cambiato la vita?
CASTELNUOVO: Don Chisciotte di Cervantes. L’ho letto la prima volta da ragazzo e non ci ho capito molto: la lingua mi sembrava ostica, mi sfuggiva la portata delle metafore, non capivo l’ironia. Mi concentravo solo sui pasticci di questo personaggio stravagante, assolutamente fuori di testa. Rileggendo il romanzo da adulto ho scoperto che Don Chisciotte, in realtà riesce a essere eroico, a suo modo. E’ un uomo come tanti ma coltiva delle illusioni, dei sogni proibiti che tenterà, tutta la vita, di realizzare. Insomma: non voglio dire che mi ci identifichi ma molto di questo personaggio mi assomiglia e mi è rimasto dentro.
MESCALINA: E per quanto riguarda le canzoni? Qual è la canzone di cui non ti dimentichi? La canzone dopo la quale hai detto: voglio scrivere e cantare anch’io in questo modo…
CASTELNUOVO: Devo molto a un’amica di famiglia che ascoltava i dischi dei cantautori francesi. Anche se il senso delle parole mi sfuggiva, quel modo di cantare mi è rimasto impresso. Qualche tempo dopo la stessa amica cominciò ad ascoltare il primo disco di Fabrizio De Andrè: il suo modo di tentare la poesia su musica mi è parso assolutamente nuovo, quasi strano, per l’epoca, e allo stesso tempo un modo che incoraggiava l’emozione e la voglia di esprimere se stessi.
MESCALINA: Sono al corrente del tuo forte interesse per la pittura. Facciamo un gioco un po’ stupidino: se questo cd fosse un colore (paradosso quasi verosimile, data la capacità che hai di acquerellare con le frasi dentro le canzoni) quale colore sarebbe?
CASTELNUOVO: Devo risponderti rosso, ma non per l’incendio. Piuttosto perché il rosso era il colore che gli impressionisti vedevano di più.
MESCALINA: Come sarebbe?
CASTELNUOVO: Gli impressionisti erano miopi e i miopi vedono di più il colore rosso. Loro pitturavano in un modo apparentemente confuso, e confuso volevano rimanesse. La confusione era diventato il loro tratto distintivo, per cui non facevano nulla per mettere gli occhiali: solo da miopi potevano riuscire a esprimersi in quel modo. Musica per un incendio è un album idealmente rosso perché suona di passioni e di confusione. La stessa confusione che c’è nella passione e anche nelle nostre esistenze.
MESCALINA: Ultima sollecitazione, per chiudere un po’ il cerchio: vuoi raccontarmi da cosa è partita la scintilla di questo cd?
CASTELNUOVO: Due anni fa avevo pronte diverse canzoni e stavo quasi per inciderle quando, in maniera inaspettata, ho cominciato a scriverne di nuove, che sono poi le canzoni finite in questo disco. Mi sono reso conto che avevano una marcia diversa e che avrei fatto bene a concentrami su di esse. Ho perso altro tempo ma penso di averne guadagnato in soddisfazione: Musica per un incendio è un album che mi rappresenta fino in fondo. Per quello che sono e per quello che sono diventato.