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Stefano Raggi - Sirbone Oltre lo stupore. Chiacchierata con Stefano Raggi, leader di SirBone and The Mountain Sailors
#Stefano Raggi - Sirbone#Americana#Country SirBone and The Mountain Sailors AZ-BLUES
Se avete letto la recensione di Wicked Games, il primo album di SirBone and The Mountain Sailors, avrete colto i segnali di sincero entusiasmo e stupore mossi dal sottoscritto durante l ' ascolto di questo disco. Inevitabile una chiacchierata con Stefano Raggi per cercare di comprendere storia musicale personale dell ' autore di questo magnifico progetto, e come lo stesso sia nato.
D: Partirei chiedendoti di raccontarci la tua carriera musicale, e come mai arrivi solo ora al tuo primo disco da titolare di una band
SR: Ho iniziato a suonare la batteria a 17 anni in una band formata con amici di Roma. Ammiravo e invidiavo la loro capacità di scrivere belle canzoni e di cantarle con voci già mature e piacevoli nei loro intrecci armonici. Tanto che ad un certo punto ci ho provato anch'io.
Tentativo miseramente fallito.
Mi sono uscite un paio di canzoni veramente brutte e quasi odiavo la mia voce. Pietra sopra.
Ho continuato a suonare la batteria (con scarso talento) anche in Piemonte con alcune band di amici. Ho iniziato a strimpellare un po' la chitarra con risultati terribili, ma mi affascinavano le accordature aperte. Lo stesso con l'armonica.
All'improvviso, quasi dal nulla, cominciano ad uscire canzoni. Una dietro l'altra. E comincia a piacermi la mia voce. Conosco Andy Penington a Torino nel 2000 o giù di lì.
Mettiamo su una piccola band chiamata Garrolous and Green con Andy come autore e cantante e me come jolly (rullante e spazzole, dobro e armonica). In sala prove conosciamo i Voodoo Lake, southern rock band torinese.
Si crea un feeling.
Andy registra il suo primo disco solista nel loro studio, io colgo l'occasione per registrare grezzamente alcuni miei brani (da tenere per me) con l'aiuto dei musicisti che gravitavano intorno allo studio.
Qui nasce tutto.
A Simone Ubezio, chitarrista dei Voodoo Lake e proprietario del Bottleneck Studio, piace quello che faccio e mi propone di mettere su una band per suonare la mia musica. Nascono i Wild Boars (Gianmaria Pepi batteria, Simone Bellavia basso, Simone Ubezio chitarra, Maurizio Spandre piano, io dobro e voce)
Prevalentemente rock-blues.
Dopo un po' tiriamo dentro anche Andy Penington.
Il banjo di Andy, la sua voce e la sua musica portano i Wild Boars in una nuova direzione. Un fresco e frizzante country-folk-quasi punk.
Nel mentre scrivo decine di brani.
Nei primi anni 10 lascio la band per cercare la mia direzione (nessun dissapore). Passando attraverso vari tentativi e varie esperienze, musicali e non, nel 2019 trovo la band giusta. Mettiamo su un'ora di live e debuttiamo a Torino aprendo un concerto proprio dei Wild Boars a metà febbraio 2020.La settimana dopo inizia la pandemia.
Ecco perché il disco esce solo ora.
D: Wicked Games ti vede guidare musicisti che in realtà sono da molti anni annoverabile tra le tue conoscenze, e con gli stessi ha condiviso altre produzioni discografiche. A cosa attribuiresti questa sorta di "fedeltà"? Al fatto di essere in sintonia tale da non dover cercare oltre?
SR:Conosco Gianmaria Pepi (batteria e percussioni) dall'epoca dei Wild Boars. Ci siamo presi da subito. Profondamente.
Roberto Zisa (chitarra) è successivamente entrato anche lui nei Wild Boars. Andrea Ferazzi (chitarra, mandolino e pedal steel guitar) e Davide Onida (basso) li ho conosciuti solo qualche anno fa.
Non ho mai capito perché avessero così tanta voglia di suonare con me.
Sono fortunato e onorato. E dico sul serio. Hanno tutti una sensibilità musicale e umana fuori da comune.
D: Il parere sulla bellezza di questo disco l'ho espresso nella recensione apparsa qualche giorno fa. Vogliamo raccontare ai lettori come nasce Wicked Games?
SR:Wicked Games nasce semplicemente dalla voglia e dal bisogno di incidere e suonare la musica che ho composto in tutti questi anni.
D:La scelta di Fabio Bronsky Ferraboschi si è orientata sulla canzoni che costituiscono il corpus dell'album. Ci sono almeno un paio di cose che mi hanno colpito. La prima è quella che la scelta dei brani sembra aver modellato l'album su una sorta di storia in cui sono presente vari stati d'animo, raccontati in maniera non banale, sicuramente debitori a letture ed ascolti fatti nel tempo che ti permettono di toccare argomenti come l'amore, l'illusione, la morte, la presa di coscienza dei propri errori, la fuga. Messi insieme sembrano quasi aver generato un concept, anche se in realtà non è così.
La seconda, a mio avviso nota negativa, la mancanza dei testi nel booklet del CD.
Perchè non sono stati inclusi?
SR: Fabio Bronski Ferraboschi (consigliatomi da Antonio Boschi di AZ-Blues) ha rappresentato la svolta. Gli ho affidato anche la produzione artistica del disco.
Ha scelto i brani fra tutti quelli che gli ho sottoposto (una trentina, credo). Ha ritoccato la struttura di alcuni, aggiunto o modificato arrangiamenti di altri. Era come ascoltare la mia musica in un modo tutto nuovo.
Nel booklet non sono presenti i testi per comodità. In molti me li stanno chiedendo.
D: La tua è una storia di scelte di vita piuttosto precise, qualcuno potrebbe definirle radicali. Nasci a Roma e ora vivi da tempo in un paesino di 9 (nove!!) abitanti. Non so se ti va di spiegare le ragioni di questo passaggio, e perchè la scelta di un posto che si potrebbe pensare ai confini del mondo? E questo ti ha aiutato a scrivere le canzoni che oggi ci porti in questo Wicked Games?
SR:Il motivo della mia scelta è molto semplice.
Non mi sono mai trovato bene in città, e quando il caso ha voluto portarmi qui mi sono innamorato del posto.
Di sicuro vivere qui mi ha influenzato, come il posto e il modo in cui si vive influenza chiunque scriva musica o crei arte.
D: Il disco è uscito, gli "addetti" hanno ricevuto la copia fisica. Ma il disco dove si troverà, ed è previsto che venga distribuito?
SR: Il disco è presente su tutte le piattaforme dal primo aprile.
D: SirBones and The Mountain Sailor dal vivo: quando avremo la possibilità di venirvi a vedere on stage? E la band sarà la stessa del disco?
SR: Stiamo preparando il live. Verosimilmente saremo pronti per settembre.Oltre a noi cinque della band avremo la sezione fiati (tromba e trombone) e due coriste.
D:Cosa legge e ascolta Stefano Raggi attualmente? E quali sono gli artisti, i dischi, gli scrittori ed i libri che ami di più?
SR. Di rado leggo romanzi, preferisco libri di storia o saggi.Mi appassionano Edgar Allan Poe, l'Odissea, i miti antichi in generale.
Uno degli ultimi libri che ho letto è I saggi di Montaigne (primo, secondo e terzo libro). I miei gusti musicali sono molto ristretti, ascolto solo musica che mi fa vibrare al primo ascolto. Sono un istintivo, ascolto musica semplice. Quella complicata non la capisco, mi rende nervoso. Ultimamente ascolto John Lee Hooker, Bob Marley, Billie Holiday e, come sempre, Tom Waits.
D:Sei sorpreso dei commenti positivi che stai raccogliendo, o te li aspettavi?
SR:Non sono solo sorpreso, sono stordito. Non mi aspettavo nulla di tutto questo.
D:Siamo alla fine di questa chiacchierata. C'è qualcosa che vuoi aggiungere prima di salutarci?
SR: Una cosa da aggiungere ce l'ho. Una parte importante della realizzazione del disco è stata la parte non musicale, la parte umana.
Quello che ho trovato andando al Busker Studio di Rubiera.
Mi sono sentito in famiglia. Le cene, le bottiglie vuote, le risate, i racconti, l'immediata naturalezza priva di atteggiamenti di circostanza. Per questo ringrazio Fabio Ferraboschi e Lori, Antonio Boschi e Valeria, e Federico Galazzo.