The Raveonettes

interviste

The Raveonettes

16/12/2003 di Christian Verzeletti

#The Raveonettes

The Raveonettes vengono spesso associati a quella scena del cosiddetto “nuovo rock”, di cui fanno parte The White Stripes, Yeah Yeah Yeahs, The Strokes, Black Rebel Motorcycle Club e via dicendo. A nostro avviso, però, il duo danese vanta un suono specifico, che si caratterizza in maniera più personale e si differenzia dalla massa di un approssimativo revival. Se a questo si aggiunge un’ambizione sfrenata, si può facilmente intuire il motivo del loro successo: il suono giusto al momento giusto, ovvero il rock’n’roll nella sua forma più immediata e diretta.
  
    Interviste:

                        The Raveonettes
The Raveonettes vengono spesso associati a quella scena del cosiddetto “nuovo rock”, di cui fanno parte The White Stripes, Yeah Yeah Yeahs, The Strokes, Black Rebel Motorcycle Club e via dicendo. A nostro avviso, però, il duo danese vanta un suono specifico, che si caratterizza in maniera più personale e si differenzia dalla massa di un approssimativo revival. Se a questo si aggiunge un’ambizione sfrenata, si può facilmente intuire il motivo del loro successo: il suono giusto al momento giusto, ovvero il rock’n’roll nella sua forma più immediata e diretta.
Mescalina: Dove vi trovate?
The Raveonettes: Metà di noi è a Londra (Sharin) e l’altra metà è in Danimarca.

Mescalina: È in Danimarca che vivete?
The Raveonettes: Adesso è da quasi due anni che viviamo entrambi a Londra.

Mescalina: C’è una scena rock in Danimarca? Che gruppi ci sono?
The Raveonettes: Guarda, sembra che ci sia qualcosa che stia partendo adesso, ma, dal momento che non viviamo più lì, è difficile per noi rimanere sintonizzati su quello che succede. Comunque ci sono bands come MEW, NU, Baby Woodrose, Pleasuremachine, Junior Senior ecc …

Mescalina: Voi come siete arrivati ad avere una distribuzione mondiale? Insomma, non è che il rock’n’roll faccia parte della tradizione del vostro paese …
The Raveonettes: Siamo stati molto ambiziosi sin dall’inizio: abbiamo esordito con un grande minialbum, “Whip it on”, e poi abbiamo incontrato le persone giuste al momento giusto. Abbiamo puntato ad avere un pubblico internazionale fin dal primo giorno e i nostri primi concerti li abbiamo fatti al CBGB’s di New York, con David Fricke della rivista Rolling Stone e Richard Gottehrer tra i presenti … tutto è cominciato così.

Mescalina: In questo periodo essere un duo sembra la formazione migliore che ci possa essere per una rock-band: come vi siete incontrati?
The Raveonettes: Niente di particolare, ci siamo conosciuti attraverso degli amici comuni che avevamo a Copenhagen. Ci siamo trovati subito d’accordo e la cosa che ci ha colpito era come le nostre due voci si completavano con grande naturalezza quando cantavamo insieme. Ed ha funzionato.

Mescalina: Mi è capitato spesso di trovare il vostro nome accostato a quello di bands come White Stripes, Yeah Yeah Yeahs e così via: come vi fa sentire essere collocati in un contesto del genere?
The Raveonettes: Bene … diciamo che facciamo parte di questa scena, perché di fondo facciamo una musica che si basa sulla semplicità del rock’n’roll. Ma volte i paragoni tendono a semplificare troppo, così veniamo paragonati ai White Stripes perché anche noi siamo un duo formato da un ragazzo e una ragazza … anche se la nostra musica non è poi così vicina a quella dei TWS. Comunque sono ottimi gruppi e non ci dà fastidio se il nostro nome viene messo insieme al loro.

Mescalina: Vi considerate una band di successo?
The Raveonettes: Direi di sì … ma puntiamo al dominio assoluto sul mondo e abbiamo ancora parecchio da darci da fare.

Mescalina: Comunque, il vostro suono mi sembra uno dei più particolari tra quelli delle nuove bands in giro …
The Raveonettes: Grazie del complimento.

Mescalina: Volevo sottolineare il fatto che avete una vostra etica da seguire: componete esclusivamente in Si maggiore e tenete un approccio garage, basato su pochi accordi …
The Raveonettes: È una sfida che fa parte del nostro processo creativo. Sono gli strumenti che adoperiamo per fare la nostra musica. E poi il Si maggiore proviene da un buco nero nell’universo che non smette mai di ronzare. Questa è davvero una cosa interessante!

Mescalina: Nelle note di “Whip it on” citavate Jack Kerouac e la Beat Generation … personalmente non trovo che il vostro suono riesca a fluire in quel modo, ma mi sembra che cerchiate comunque di riportare il rock’n’roll al suo stato più immediato e selvaggio, anche grezzo: come lavorate in studio?
The Raveonettes: Veloce, immediato, spontaneo. Tutto arriva come una botta di energia, come un flusso interiore.

Mescalina: Però “Chain gang of love” sembra essere più curato, come se aveste lavorato di più sul suono …
The Raveonettes: Abbiamo passato più tempo sulle parti vocali, dal momento che le melodie in Si maggiore in questo disco sono più complesse. È l’unica differenza.

Mescalina: Tutto parte sempre dagli anni ’50 e ’60, ma non suona così selvaggio: se nel vostro primo disco c’erano un po’ dei Cramps e di Jesus & Mary Chain, in questo prevale un suono alla Phil Spector, tipo Ronettes, Beach Boys … e Eddie Cochran!
The Raveonettes: Sì. E anche Buddy Holly, gli Everlee Brothers, Ritchie Valens e le Shangri-Las, con I Suicide che se li fanno tutti quanti!







Mescalina: È quello che voi chiamate il “Great love sound”? Mi ripeto, ma sa così tanto di anni ’50 e ’60 … e lo stesso vale per il vostro nome …
The Raveonettes: Siamo innamorati dell’approccio semplice ed onesto che era di base negli anni ’50, ma ci divertiamo a combinarlo con un dolce “fuzz” e con un po’ di rumore: crediamo che si crei un’interessante tensione. È come strusciare la sensualità di dolci armonie vocali con l’aggressività contenuta nel rumore!

Mescalina: E il vostro look? Direi che c’è un po’ di Marlon Brando …
The Raveonettes: La nostra musica è abbastanza cinematografica, così abbiamo pensato che fosse interessante avere anche degli aspetti visivi che facessero riferimento al cinema. E poi ci piace l’estetica del film noir, di Hitchcock ecc. La copertina di “Chain Gang of Love” contiene un riferimento tanto evidente quanto voluto a “Il selvaggio”. Volevamo dare l’idea di un’icona, di un’icona americana, qualcosa senza tempo, un classico. E poi l’idea di una “gang” calzava anche col titolo dell’album.

Mescalina: Credo che quello che distingue i Raveonettes dalle altre nuove bands sta nel fatto che voi suonate di più e questo si sente anche dalla vostra energia …
The Raveonettes: Il nostro è un suono unico. Abbiamo grandi canzoni e anche il modo sottile con cui le nostri voci si combinano è speciale. Forse è quello che ci rende diversi?

Mescalina: E poi sembra che facciate del rock’n’roll davvero pericoloso …
The Raveonettes: Ci piacciono gli opposti, su più livelli. Il pericolo e il conforto, il sesso e la tenerezza, la violenza e la tenerezza, la dolcezza e l’aggressività, l’ottimismo e il pessimismo, la decadenza ma quella ancora innocente e romantica. Insomma ci piace essere vecchio stile, ma in modo nuovo e fresco.

Mescalina: È quello il senso del video di “The great love sound”?
The Raveonettes: Il video è di fatto una storia strana. Contiene un sacco di riferimenti ai film di Hitchcock, con una forte aggiunta di sensualità.

Mescalina: Non vi ho mai visti dal vivo, ma immagino che sarete più duri e rumorosi, è così?
The Raveonettes: Esatto.

Mescalina: Avete suonato ancora in Italia?
The Raveonettes: No, ma speriamo di farlo l’anno prossimo.

Mescalina: Che programmi avete?
The Raveonettes: Andare in tour, registrare, divertirsi … creare dei capolavori senza tempo per qualche altra decina d’anni … insomma, darci dentro!!!