interviste
Pieralberto Valli Il cantautore che apprezza il silenzio
Il primo impulso dopo l’ascolto di Numen sarebbe descrivere il nuovo album di Pieralberto Valli con un foglio bianco e non si sarebbe andati fuori tema, infatti il cantautore apprezza il silenzio che è quello che si crea durante la riproduzione del cofanetto, composto da tre cd, in edizione limitata.
L’empatia che ci si illude si sia creata con Numen sembra vanificarsi, trasformandosi in un’interpretazione personale, facendo diventare il lavoro del cantautore un arricchimento interpretabile a seconda di chi riesce ad entrarne in contatto.
L’eleganza, la sensualità, la capacità metaforica ed i suoni che accompagnano durante l’ascolto sono quanto di più suadente si possa udire, perdendosi nei meandri dell’ambiguità e dei punti di vista che si vogliono percorrere; le quindici tracce dense di significati e significanti, in equilibrio tra sentimento e poesia, (o vocazione), ora, assumono una dimensione umana.
Valli, in questa intervista rilasciata a Mescalina, ripercorre la nascita del suo album e il suo estro creativo, basato sulla ricerca e conoscenza, riportando a una triangolazione che si ricollega alla scelta della divisione in tre cd ed alla rotazione che confonde, e, in questo caso, affascina.
Mescalina: Ciao, inizio facendoti i complimenti perché il rapporto che si è creato con Numen è stato particolare. L’approccio di ascolto è dovuto essere diverso rispetto ad altri album e mi auguro possa essere così per chiunque ne entri in contatto: c’è una forza che non saprei descrivere che, inizialmente, spinge all’ascolto per curiosità, poi, c’è un istante, in cui tutto sparisce: i punti di riferimento, gli oggetti intorno, si perdono le domande, tornando a uno stato amniotico. Appena finisce Numen c’è un contatto diverso con la realtà e nasce la voglia di comprendere le scelte che hai fatto. La prima cosa che ti chiedo è: come è nato questo tuo lavoro, soprattutto dal punto di vista emotivo?Valli: Numen è arrivato in un momento particolare della mia vita, in una fase in cui cercavo di raccogliere i cocci sparsi nelle stanze, in cui cercavo di andare verso di me senza facili scorciatoie. Mettere insieme le note e le parole è stato come riannodare i fili che mi sostengono. Numen è stato un atto magico, terapeutico e creativo allo stesso tempo. E, forse per questo, si è materializzato in pochissimo tempo. In pratica ho scritto tutto in meno di un mese, dopo aver cestinato tutte le bozze che avevo registrato nell'anno precedente. La commissione che mi ha portato a scriverlo (dalla compagnia di teatro “Città di Ebla”) è stata una specie di chiamata alla salvezza. Mi sono state affidate delle coordinate da seguire (il rito, il sacro, la figura del padre) e, partendo da quelle, ho iniziato a scrivere un album che, come spesso succede, è andato oltre alle premesse da cui partiva. Doveva essere un disco su Dio, ed è diventato un disco sull'uomo; doveva essere un disco sul padre, ed è diventato un disco sul figlio; doveva essere un disco sul sacro, e quel sacro ha assunto la fisicità della carne.
Mescalina: Numen ha a che fare sia con la tecnologia, mi riferisco all’acronimo dell’Istituto di Ricerca, sia col termine latino che identifica la volontà divina, ma oggi non credi che la divinità e la tecnologia, sfortunatamente, vadano ad accostarsi? Mi spiego meglio, nel passato ed in alcune civiltà ancora oggi si ricerca un segnale, la provvidenza, mentre nel mondo contemporaneo si vuole costruire “la svolta”, come se tutto fosse possibile solo con l’azione umana. Nel tuo percorso, tuttavia, c’è molta ricerca e spiritualità, come possono convivere queste due visioni?
Valli: Il senso mistico non è una scelta; è una vocazione, una chiamata. Semplicemente, nel guardare qualcosa, vedi altro al di là dell'apparenza. Nessuno ti potrà dire se ciò che vedi sia reale o esistente, ma tu lo vedi e, dal momento che lo vedi, non puoi fingere che non esista. Il tempo che viviamo santifica molto più la tecnica e la scienza, e le mette su un altare, ne fa dogma. Questo è ciò che è. Ma, al di là del pensiero prevalente, il mondo continua a parlare in milioni di lingue e sei sempre tu a decidere quale ascoltare. Mentre scrivevo l'album, come pratica quotidiana, facevo sempre una passeggiata sulla spiaggia prima di iniziare a suonare. L'ho fatto per almeno sei mesi, ogni giorno. Poi rientravo a casa e mi mettevo al lavoro. Camminare su una spiaggia può essere una semplice abitudine: si calpesta il suolo, si osserva un panorama, si percepiscono degli odori. Ma nessuno potrà mai spiegarti quale mistero trattenga quel mare tra le sue sponde, quale pensiero mantenga la luna inchiodata in quel punto.
Mescalina: Durante il primo ascolto si ha la sensazione di essere immersi nell’acqua, i suoni si dipanano come se fossero dissolti in un liquido che dal fondo viaggiano verso la superficie, in seguito la figura che si forma è il metallo coi brani che si scontrano contro un materiale freddo e solido. Nei successivi ascolti, soprattutto dal Cd2 , si materializza un albero che racchiude i centri concentrici del passare degli anni, la solidità di una struttura vitale calda, la sopravvivenza naturale, se non intervenisse l’uomo. Esiste un legame tra Valli e la natura? E c’è un elemento che, secondo te, potrebbe riassumere l’album?
Valli: C'è sempre molta natura, molte creature in quello che faccio. Come ti dicevo, il disco è strettamente legato al luogo in cui è stato scritto, che poi è il luogo in cui vivo. Spiaggia-casa, casa-spiaggia: questo è stato lo spartito che lega tutti i brani. Ciò detto, non credo sia un album acquatico, come lo era Atlas; questo album mi fa pensare al legno, per i suoni, i campionamenti (tutti da suoni ambientali) e per gli strumenti usati (pianoforte e chitarra). Atlas richiamava le tonalità del blu e del verde, Numen l'oro e il marrone. Le scelte che faccio – musicali, testuali, grafiche – avvengono sempre in forma totalmente istintiva. Accadono, si palesano, molto spesso non riesco nemmeno a capirle nel momento in cui arrivano. Ciò che ho imparato a fare è semplicemente accettarle, nel momento in cui arrivano, nella forma in cui si materializzano. So che ci sarà un tempo per la comprensione. L'importante è avere le porte aperte.
Mescalina: In Salomè c’è la frase “tu che non vedi con gli occhi donami la vista” e, in Numen, ci offri un nuovo modo di vedere; l’album diventa un percorso gotico misterioso e, contemporaneamente, romantico come il principio infinito della natura. In un’altra situazione per raccontare i tuoi brani avrei usato, ricollegandomi inconsciamente al legno, un foglio bianco o del fuoco, perché il vortice di emozioni di questo album è indescrivibile e personale; è talmente ricco di riferimenti che ogni ascolto è una scoperta che stimola diversi gradi di interazione. Se ti venisse chiesto di raccontarci con dei simboli il tuo progetto quali useresti?
Valli: Credo fortemente nella potenza dei simboli, e di essi sono disseminati i testi, i titoli e anche gli aspetti grafici degli album. Questo perché non mi ritengo un cantautore, non racconto storie, ma cerco di comunicare a livello subliminale, per immagini o per associazioni. Quando mi viene l'idea di un album cerco sempre di rappresentarla graficamente; è la prima cosa che faccio. Atlas era per me un triangolo (come poi è stato rappresentato graficamente); Numen un pentagono. I due poligoni sono a loro volta collegati, come sono collegati i due album, come a formare un Atlante degli Dei.
Mescalina: Le due domande precedenti potrebbero apparire simili, ma in base all’emotività che riesci a smuovere ogni concetto diventa relativo, personale e ciò che potrebbe apparire “fuori posto”, invece diventa un particolare affascinante, come la voce in alcuni brani. Cos’è l’imperfezione? Hai unito analogico e digitale, suoni ambientali, la voce è emotiva, anzi direi umana, in Numen ci sono tantissimi riferimenti biblici, letterari, olistici, cioè concetti “elevati” che affronti utilizzando il “tu”, sottintendendo la confidenza, come se fosse un colloquio tra sé e sé, quanto è autobiografico questo album?
Valli: È totalmente autobiografico. Ciò che mi era stato chiesto era di scrivere testi sul tema del padre e del sacro. Temevo però che quel tentativo di elevarsi sarebbe potuto diventare semplice autocompiacimento, o un esercizio di stile. Così ho cercato di avvicinare quell'entità; in ogni religione e in ogni rito il Dio viene invocato e ci si rivolge direttamente a Lui, o a Lei. Si crea una strana intimità, una vicinanza dell'anima. Allo stesso tempo, nella solitudine della propria preghiera, si finisce con il parlare a se stessi, o con un diverso grado di sé. Il “tu” diventi “tu”, diventa “Lui”, divento “io”. Questa triangolazione unisce i tre vertici e li ruota, li confonde, li annebbia. Questo, credo, è il grande potere della preghiera, del canto sacro, dell'invocazione.
Mescalina: Hai suddiviso l’album in tre cd, composti da cinque brani ciascuno, sono rimasta colpita dai numeri 3 e 5, entrambi sono numeri primi e dispari, quindi significano evoluzione verso l’elevazione, il movimento e l’unicità. Il Tre è il numero della spinta verso il proprio Sè, ma anche la perfezione per i celti e la vita per l’alfabeto ebraico, oltre alla Trinità per il cristianesimo. Il 5 è la conoscenza, sono i sensi, è la ricerca del senso della vita umana pura. Il fascino di questo album è questa voglia di capire, di trovare i significati in ogni tua scelta che può essere compresa (ed annullata) a seconda del punto di vista. Credo che ben poche persone siano riuscite a creare qualcosa di simile, anche se ora è stato semplificato con l’esempio dei numeri. Quale era il tuo obiettivo quando ha capito che stava nascendo Numen? I live come saranno e quale può essere la chiave di lettura di Valli cantautore? Uomo? E di Numen?
Valli: Può sembrare poco educato, ma io suono e scrivo primariamente per me stesso, per emozionarmi, per ritrovarmi, per ricostruirmi. Invoco la musica, la musica arriva; io la ascolto e provo a seguirla, a trattenerla per quanto mi è possibile. Raccolgo ciò che rimane e provo a dare una forma a ciò che è rimasto. Il mio compito si esaurisce in quel momento. Poi inizia un lavoro di artigianato: cerchi di calibrare i pesi, le forme, i colori e, in qualche modo, la musica si allontana e risuoni ciò che hai scritto come se non lo avessi fatto tu. Il momento del live è un modo per ridare vita a quell'impulso iniziale. I concerti sono sempre molto diversi tra loro, a seconda del luogo in cui vengono suonati, del mio momento personale, dell'aria che respiro. Sul palco ci sono tanti strumenti (campionatori, synth, chitarra elettrica e acustica, ecc.) e decido come suonare ogni pezzo poco prima di salire sul palco.
Mescalina: Nel ringraziarti, concludo chiedendoti: cosa vorresti che si dicesse di Numen? E di Valli cantautore?
Valli: Io adoro il silenzio. Ne ho bisogno io, ne ha bisogno la musica.