interviste
Pippo Pollina A pieni polmoni
A pieni polmoni
Intervista a Pippo Pollina Un’intervista con Pippo Pollina è una chiacchierata che non può prescindere dall’esperienza umana più completa ed aperta, perché è di quell’aria fresca che le sue canzoni vivono e respirano. A pieni polmoni, appunto.
Mescalina: Pippo, volevo cominciare da una tua canzone, una di quelle a cui il pubblico più partecipa dal vivo, “Chiaramonte Gulfi”: è un brano autobiografico che riassume lo spirito del tuo viaggiare …
Pippo Pollina: Beh, “Chiaramonte Gulfi” è un divertissement nato da una visita di vecchissima data in questo paese barocco degli Iblei. Non avrei pensato che il brano diventasse la colonna sonora del sito internet di questo comune del ragusano!
Mescalina: Nelle tue canzoni, che sono poi metafora e risultato dei tuoi viaggi, c’è sempre questa forza positiva nell’affrontare il mondo …
Pippo Pollina: Tutto sta nell’approccio con cui ci avviciniamo alle cose. C’è la realtà e c’è lo spirito con cui la si affronta. Da quel rapporto si può addirittura riuscire a modificare qualcosa. Si può incidere, lasciare il segno.
Mescalina: Immagino che questa forza positiva sia anche parte del tuo carattere, un po’ per quelle che sono le tue origini e un po’ per le esperienze che hai vissuto, no?
Pippo Pollina: Non lo so. C’è una differenza fra essenza e personalità. Nel nostro patrimonio genetico sono insite le caratteristiche intrinseche della nostra indole. Le nostre propensioni legate al DNA. Poi le esperienze che facciamo formano le sovrastrutture, la personalità. Gli incontri, le scuole, gli apprendimenti del quotidiano. Il fatto di nascere in Angola piuttosto che in Svezia. Non credo che il carattere di una persona dipenda dalle sue esperienze. Forse le scelte che si fanno sono relative alle nostre osservazioni, a ciò che impariamo tuttavia … Quando un uomo gioca, lì esce fuori, l’animale che è dentro.
Mescalina: Volevo ripercorrere per sommi capi le tappe più importanti del tuo viaggio … cominciando dalla Sicilia e dall’importante esperienza con gli Agricantus …
Pippo Pollina: L’esperienza Agricantus ha rappresentato una scuola, credo per tutti coloro che hanno partecipato alla formazione e allo sviluppo di quei primi 6-7 anni di lavoro e di approccio con il mestiere. Poi, c’è chi se ne è andato e c’è chi ha deciso di restare. Oggi sono solo due gli elementi originari della band, che è nata del lontano 1979. Metodo, disciplina, quantità e qualità di lavoro. Studio dello strumento applicato alla ricerca. Impegno civile e rapporto fra l’arte e la società. Questi temi, erano quelli che hanno occupato il mio tempo in Sicilia. Il viaggio poi, quello era diventato nello stesso tempo un elogio del divenire, l’applicazione di quell’idea di scambio fra i popoli che era alla base della creazione musicale.
Mescalina: Sempre nelle tua terra poi hai svolto un ruolo socialmente impegnato ed attivo con “I Siciliani”?
Pippo Pollina: Non tutto poteva essere detto dalla musica. Ogni forma espressiva del disagio era fondamentale per noi che abbiamo vissuto a cavallo fra i settanta e gli ottanta, gli anni della mia gioventù in Sicilia. Io volevo scrivere e Giuseppe Fava con i suoi giovani redattori rappresentava una chanche irripetibile, anche perché un giornale così impegnato in Italia non c’era.
Mescalina: Già da qua si potrebbe dire che proviene quella forza un po’ da sognatore e un po’ da idealista che traspare dalle tue canzoni?
Pippo Pollina: Non so. Tutto ciò che è pensabile può diventare realtà. È sempre e solo una questione di tempo. E di energia. C’è un proverbio tedesco che recita: “Von nichts kommt nichts”. Letteralmente: “Da nulla non nasce nulla”.
Mescalina: È questa forma di purezza in un certo senso che ti ha portato ad abbandonare l’Italia?
Pippo Pollina: No. semplicemente ero stanco e non avevo la vocazione del martire come invece l’avevano altri compagni d’avventura. Avevo inoltre capito che il mio ruolo poteva essere ben più incisivo sfruttando quelle che sembravano essere le mie qualità preponderanti. Essere una sorta di ponte. Di collegamento. Di cerniera.
Mescalina: Quali sono stati i motivi di questo esilio?
Pippo Pollina: Nel 1985 l’Italia era un paese corrotto. Lo è ancora. Mi pare che le notizie che ogni giorno escono fuori ne diano la misura. Non è una questione di forme. È la sostanza che poi si traduce nella vita di tutti i giorni e ti impedisce di mettere in pratica le piccole cose della tua vita e, naturalmente, di mettere in piedi piattaforme ideali che riguardano un modello nuovo di società. Io mi sentivo bloccato. Avvertivo che il mio futuro rischiava di finire dietro una scrivania (studiavo legge) a marcire. Ho capito che gli orizzonti andavano allargati e ho preso i miei rischi. D’altronde certe cose o le fai a vent’anni oppure non le fai più. Non so se mi è andata bene. Ho sempre pagato per le mie scelte. Continuo a farlo.
Mescalina: Poi c’è stato un lungo peregrinare in giro per l’Europa con un successo che nel tuo paese non avevi avuto: come te lo spieghi?
Pippo Pollina: Difficile da dire così. Da una parte gli incontri, dall’altra, credo, la capacità di comunicare tenendo conto che se vuoi scambiare qualcosa con qualcuno devi essere anche capace di interessarti a loro. Io non esportavo una italianità fatta di clichet del tipo Nek, Ramazzotti, Pausini, Ferro etc. È chiaro quindi che il rapporto con il pubblico mitteleuropeo si instaurava in contesti legati a scene meno commerciali e più culturali. Più selettive. Solo che all’estero c’è spazio per tutti. E quindi? Poi credo che avendo imparato alcune lingue potevo riuscire a penetrare il tessuto sociale di quei paesi con una profondità ed una confidenza che non potrai mai avere se ti presenti ad un talk show in TV e parli con il traduttore simultaneo.
Mescalina: Immagino tu abbia sentito particolarmente il ritorno in Italia, eppure molta gente ti ha conosciuto solo quando è uscita in edicola la raccolta “Camminando” e c’è ancora chi non ti conosce …
Pippo Pollina: Il percorso del ritorno è una delle cose che mi ha più Impegnato emotivamente negli ultimi 5-6 anni. Prima c’è stato il singolo con Franco Battiato, “Finnegan’s wake”, poi la raccolta “Camminando” uscita nelle edicole etc. Ma ancora è fresca mattina: non sai quante volte mi capita, dopo un concerto in qualche piazza, la scena del fonico di turno che mi dice alla fine: “Ao? Ma lo sai che non ti conoscevo? Niente male veramente! Ma ce l’hai un nastrino da darmi?”. Come dire che in fondo, nonostante tutto, il lavoro di diffusione della mia musica è appena cominciato? UFFA!!!!
Mescalina: Oggi si può dire che tu proponi una canzone d’autore non limitata ai confini italiani, ma dal respiro più ampio, europeo ed anche oltre …
Pippo Pollina: Non potrebbe essere altrimenti. Io, al contrario di altri colleghi che prosperano fuori, all’estero ci vivo. Vengo in Italia spesso a suonarci. E in cuor mio mi auguro di tornare a viverci per impegnarmi di nuovo. Vorrà dire anche che sarà arrivato il tempo.
Mescalina: Tu come ti senti e ti consideri come artista?
Pippo Pollina: Mi sento fuori dai giochi. Non frequento salotti. Non ho grandi amicizie con i colleghi nè con giornalisti o addetti ai lavori. Gioco forza conduco una vita molto appartata. Sicuramente sono uno che è quasi impossibile da mettere in un cassetto. Anche se se ne sono dette e scritte di tutti i colori. Ma non importa.
Mescalina: Ti ho visto recentemente dal vivo e mi ha colpito la sincerità umana che comunichi al pubblico e che il pubblico ti ricambia … purtroppo questo è quasi un’anomalia nel mondo della musica di oggi …
Pippo Pollina: Certo. Gli italiani hanno percepito in pieno la lezione americana: se vuoi avere successo e incuriosire la gente allora devi essere intoccabile. Solo da immaginare. La distanza col pubblico è fondamentale per far sì che si alimenti quello spazio immaginativo che serve a creare il mito. È una legge di marketing. Mi ricordo che i primi concerti in Italia, sei, sette anni fa, in festivals vari, vedevo certi colleghi che si rintanavano in camerino prima dello spettacolo con l’ansia di chi aspetta di andare in camera operatoria. Io uscivo e andavo da solo a chiacchierare col barista del locale davanti il teatro. I promoters mi venivano dietro: ma cosa fai ??? Non c’è dubbio che anche per questo, forse, la mia musica rimarrà per pochi, ma il manager che mi farà cambiare idea ancora non è nato. Va bene così.
Mescalina: Difatti tu, nonostante abbia suonato con musicisti formidabili e con orchestre rinomate, quella sera a cui facevo riferimento hai chiuso il concerto con un pezzo di uno sconosciuto musicista di strada canadese …
Pippo Pollina: Sono le piccole storie che fanno le grandi storie.
Mescalina: Consiglieresti ancora di partire “chitarra e zaino in spalla” a quei giovani musicisti che osano rivolgere lo sguardo fuori dal nostro ambiente sempre un po’ ristretto?
Pippo Pollina: Io consiglierei a chiunque di fare ciò di cui si ha voglia. Ogni storia è figlia del proprio destino. Nel senso della capacità che si possiede di fare crescere fiori sul proprio cammino. È inutile fare riferimento all’esperienza degli altri. Quella ci serve “solo” per comprendere i meccanismi a volte assodati delle vicende umane. Così simili, ma così diversi.
Mescalina: La buona musica italiana, a parte qualche caso spudoratamente commerciale, all’estero fatica a raccogliere consensi: tu che fuori dall’Italia hai avuto successo che ne pensi?
Pippo Pollina: Il successo, quello dei milioni di dischi, ce l’hanno solo coloro che uniscono la musicalità di un sound internazionalizzato e omogeneo come i panini che si vendono al Mc Donald’s, ad una spiccata comunicazione sessuale. Le masse ubbidiscono ad un paio di regolette semplici semplici. Che non vuol dire che è semplice avere un successo planetario. Io vendo un’altra merce, che possiede altre caratteristiche. Se insisti però e ci tieni, allora ce la fai: Gian Maria Testa ha un successo crescente e credo meritato anche in paesi che non sono quelli francofoni.
Mescalina: Tra l’altro poi a differenza di altri paesi mi sembra che in generale manchino ormai voci forti, capaci di prendere posizione e di comunicare idee vere … ultimamente mi viene in mente solo “Cara democrazia” di Fossati come esempio di canzone che osa guardare in faccia la realtà …
Pippo Pollina: Abbiamo tutto. La pancia è così piena: di cosa vuoi lamentarti?? Il materialismo e il benessere hanno alimentato la fuga degli umani da una ricerca più profonda delle giustizie sul pianeta. Perfino l’anelito spirituale, che spesso però nell’occidente è di sola facciata, cede il passo all’effimero. Di che cosa dovrebbero cantare le nuove generazioni? Di ciò che non hanno mai visto né vissuto?
Mescalina: A te non è mai capitato di trovarti qualche porta chiusa o di sentirti in qualche modo escluso per via delle tue idee e delle tue canzoni?
Pippo Pollina: Quasi sempre e solo in Italia. Ancora oggi è così e nei luoghi dove meno te l’aspetti.
Mescalina: Tu hai interpretato anche un ruolo importante nel film “Ricordare Anna” …
Pippo Pollina: Che ha vinto il premio della critica al festival del cinema di Locarno nel 2005.
Mescalina: Ora che hai in programma?
Pippo Pollina: Preparerò il pranzo per i miei figli che fra poco escono da scuola.
Mescalina: Quando invece preparerai un nuovo disco?
Pippo Pollina: Non ne ho molta voglia … Ne ho inciso dodici in diciassette anni. Ho pubblicato un canzoniere di centocinquanta brani. E visto che hanno ridotto il disco ad una cosa indifesa e di pochissimo conto non so dove trovare la motivazione per andare in studio e produrne un altro. Ma sto scrivendo un’opera sulla strage di Ustica che andrà in scena a partire dal 27 giugno del 2007, anniversario della strage e apertura del museo della memoria, dove verranno montati i resti del DC-9 abbattuto dai militari.
Mescalina: E un dvd invece? Potrebbe essere un mezzo e una buona occasione per comunicare la tua esperienza, la tua musica in modo più ampio, no?
Pippo Pollina: Esiste già e si intitola “Viaggio in Italia”, edito guardacaso da una produzione tedesca. Ma c’è l’idea di fare un DVD sulla mia strana storia con tantissime immagini di repertorio. Una cosa però molto complessa che richiede un lavoro infinito di viaggi e di liberatorie etc. E c’è un libro che dovrebbe uscire il prossimo inverno per “Stampa alternativa” scritto dal giornalista romano Jonathan Giustini.
Mescalina: Bè, ti ringrazio per la disponibilità. Un abbraccio e buona continuazione per il tuo viaggio.
Pippo Pollina: Altrettanto e alla prossima.