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Angelique Kidjo Intervista alla "prima diva d'Africa"
Angélique Kidjo, nata in Benin nel 1960, artista eclettica e poliedrica, nel corso della sua carriera ha portato la musica e la cultura africana all’interno di generi e stili apparentemente lontanissimi.
Nel giugno 2018 ha dato nuova “luce” a “Remain in Light” dei Talking Heads, ottenendo grandi elogi anche dallo stesso David Byrne.
Il prossimo 19 aprile uscirà “CELIA”, il suo nuovo album, omaggio alla Regina della Salsa Célia Cruz.
In questa intervista, Angélique Kidjo ci parla della sua musica, della sua cultura e del suo nuovo album.
A giugno 2018 ha pubblicato "Remain in Light", album dove ha reinterpretato incredibilmente le canzoni dell'omonimo album dei Talking Heads. Meno di un anno dopo ha deciso di pubblicare "Celia", il suo tributo alla Regina della Salsa, Celia Cruz. Quali sono le ragioni che l'hanno indotta a pubblicare un album a così breve distanza dal precedente?A.K.: E' questione di ispirazione. Avevo in mente una serie di album che avrebbero potuto creare dei "ponti" tra le culture: Remain in Light, Celia e la mia recente collaborazione con Philip Glass. Non credo nel principio di "etichettare" i diversi generi musicali. La musica è solo musica! Voglio solo sperimentare con tutti questi stili musicali che hanno avuto origine in Africa. Le possibilità sono infinite e io sono piuttosto stacanovista ("workaholic" – cit.).
Dalla lettura della sua biografia e dai tanti articoli riguardanti la sua vita e la musica che l'ha influenzata risulta evidente come Célia Cruz abbia avuto un forte impatto su di lei. Célia è sempre stata e sarà sempre una delle più grandi artiste cubane. Ha mai pensato che potesse essere troppo ambizioso confrontarsi con questa grande artista? Ha mai avuto paura durante la lavorazione dell'album o ha mai pensato di abbandonare l'impresa?
A.K.: Mio padre sosteneva che la paura è una cella che costruiamo per noi stessi. L'impatto che Célia Cruz ha avuto su di me è così grande che non potrei mai avere timore di essere paragonata a lei. Volevo solo renderle omaggio, non tentare di essere lei. Lei è e sarà sempre la Regina della Salsa! Era la personificazione della gioia che è quello che io sostengo. La sua generosità sul palco è ciò di cui abbiamo bisogno nel triste mondo di oggi. Questo è stato anche uno degli obiettivi del progetto di "Remain in Light."
La sua musica "non ha confini." Lei ha sperimentato praticamente con tutti i generi musicali, aggiungendo un tocco d'Africa ad ognuno di essi. Ha mai pensato: "E' finita. Ho fatto tutto. Non c'è più niente di interessante là fuori". Quello che voglio chiederle è: "La ricerca di nuovi suoni è senza fine?”
A.K.: Quando sei un'artista, non puoi pensarla in questo modo. La musica è lì per noi affinché possiamo sperimentare il senso duraturo della vita. Finché avrò vita non penso che smetterò di cercare e di tendere le braccia alle persone con la mia musica. Se la mia musica ha reso il mondo un posto migliore non posso smettere. Perché limitarci? Ogni giorno è una sfida ma quanto è emozionante. La ripetizione è troppo noiosa. Così si è espressa Joni Mitchell: "Mi crocifiggeranno se rimango la stessa e mi crocifiggeranno se decido di cambiare. Restare uguali è noioso, quindi cambiamo!"
Parlando di "CELIA", come ha deciso le canzoni? Deve essere stato difficile selezionare dieci canzoni all'interno dell'immensa produzione musicale di Célia Cruz.
A.K.: Ancora una volta si è trattato di ispirazione ma in qualche modo ho sentito che a guidarmi nella ricerca del produttore che ha selezionato i brani sia stata proprio Célia. Il produttore dell'album, David Donatien, ha fatto molta ricerca e ha trovato tutte queste canzoni ispirate dai brani folk Yoruba nei loro viaggi verso Cuba.
La seconda canzone dell'album è "La vida es un carnaval" (La vita è un carnevale). Si tratta di un inno alla vita e all'importanza di essere felici reale e senza tempo, pur rendendosi conto che possano capitare momenti bui ma che, presto o tardi, tornerà il sereno. Quanto è importante oggi parlare della bellezza della vita in un mondo dominato da odio e ingiustizia?
A.K.: Tutto nella vita si manifesta con differenti sfumature e possibilità. Le scelte che facciamo possono influenzare la nostra intera esistenza. Non penso ci sia casualità nel prevalere dell'ingiustizia. La stessa cosa vale per l'amore e l'odio. La musica mi ricorda costantemente di restare fedele a me stessa attraverso la gioia e il potere. Penso davvero che possa cambiare la vita delle persone. Bisogna, però, rimanere umili per poter incoraggiare le persone.
“Quimbara” è un altro classico di Célia Cruz ed è anche il primo singolo estratto dall'album. E' un brano difficile, da un punto di vista vocale. E' stato difficile interpretarlo?
A.K.: E' stato difficile dal primo giorno ma ho ascoltato questa canzone talmente tante volte sin da quando ero bambina che è diventata una parte di me. Dopo averla imparata adeguatamente, mi è piaciuto moltissimo interpretarla. Célia utilizzava la sua voce come delle percussioni, giocava sul tempo con infinite variazioni. E' così stimolante.
Per “CELIA" ha scelto David Donatien, polistrumentista, compositore e produttore e, in aggiunta, Russell Elevado ha mixato l'album. "Djin, Djin", per me una pietra miliare, è stato prodotto e mixato da Tony Visconti, mentre per "Remain in Light" si è affidata a Jeff Bashker. Ci può dare qualche elemento in più su come avvengono le sue scelte per la produzione e gli arrangiamenti degli album?
A.K.: La musica mi permette di trovare persone che possano aiutarmi in quello che voglio fare. David (Donatien – n.d.r.) si è dimostrato così appassionato al progetto e, considerando che è originario delle Indie occidentali, ha perfettamente capito la complessità ritmica dei brani. Ha anche contribuito a creare una sorta di anima mistica nelle ballate. Mi ha introdotta ad alcune canzoni di Célia che non avevo mai ascoltato. Non ha mai lasciato nessuno indifferente!
Ho letto che, nel corso degli anni, alcuni l'hanno criticata per il fatto di non avere delle sonorità sufficientemente "africane". Come risponderebbe a queste critiche?
A.K.: C'è una cosa che mi ha insegnato la mia nonna materna: non puoi amare tutti e non puoi essere amato da tutti. Questo significa che bisogna solo lasciare che le persone parlino e mantenere la concentrazione. Che cosa significa "essere africani"? Non posso sentirmi responsabile per l'ignoranza della gente…Le persona pensano che la musica africana debba sempre essere tradizionale, "pura" ma anche la musica tradizionale sta cambiando. Lo posso vedere in Benin, ma anche quando pensi: tutti noi siamo africani nel nostro DNA. Da sempre alla cultura africana sono state negate l'umanità e la bellezza. Ora, però, il continente sta iniziando a raccontare la propria storia. So chi sono, so da dove vengo e sono orgogliosa di essere africana. NON C'E' POSTO PER IL RAZZISMO NELLA MUSICA!