Lowlands

interviste

Lowlands STREAM OF CONSCIOUSNESS

08/04/2011 di Vittorio Formenti

#Lowlands#Americana#Roots

I Lowlands sono certamente una delle più interessanti realtà del rock indipendente attive da noi. La loro è una miscela personalissima di suoni che emerge dall’onda lunga della cultura popolare occidentale. Wilco, folk, desert, west coast, roots si fondono in un’espressione felicemente consegnata alle stampe nel loro ultimo Gypsy Child, beneficiario di ottime critiche di settore e non solo.
Abbiamo avuto il grande piacere di incontrare tre rappresentanti “storici” della band:  Ed Abbiati, leader – cantante – compositore, Chiara Giacobbe, violinista, Roberto Diana, chitarrista. Ne è sortita un’intervista che dopo una prima mezz’ora ordinaria ha sfondato le cataratte della normalità per dare corso ad un torrente di riflessioni, di sensazioni e talvolta anche di confidenza.
Due ore di conversazione sono difficili da sintetizzare e da razionalizzare a beneficio della leggibilità; ce l’abbiamo messa davvero tutta, ecco il risultato nel rispetto dell’anima di questo splendido combo.
Mescalina: iniziamo dal vostro nome.  Lowlands evoca riferimenti americani, scozzesi, danesi,.. da dove viene la scelta?
***Ed : ricorda anche la bassa pavese!  Nel 2005 un mio amico in Austin (Texas) stava producendo un disco tributo a una band del posto, i Gourds, e mi propose di registrare un pezzo. Il  brano si intitolava “Lowlands”, il suono ci piacque e quindi iniziammo da lì. La band nacque nell'incontro con Simone Fratti (contrabbasso e basso) e Stefano Speroni (chitarra acustica) nel 2005.

***Mescalina: la domanda era legata ai richiami con bands come i Wilco, Son Volt, Ryan Adams, rispetto alle quali potreste avere dei riferimenti.
***Ed : ogni volta che parli dei Wilco ti offriamo da bere. Quel gruppo ci ha ispirato perché fa storia a sé; definiti come band di alt country in realtà hanno marcato la loro carriera con albums uno diverso dall’altro, nessuno di questi paragonabile ad altri artisti. I Wilco sono comparabili solo a se stessi e in questo senso ci hanno influenzato, spingendoci ad essere solo quello che siamo. Per noi è fondamentale puntare alla libertà, a fare storia a parte senza necessariamente appartenere ad alcun movimento o scena.

***Mescalina: bene, ma se voleste indicare in due parole a una persona che non vi conosce il tipo di musica che fate, cosa direste?
***Ed : rock, semplicemente. L’etichetta di alternative country è stata affibbiata a tante bands che in realtà fanno rock classico, al punto che oggi come oggi in questa categoria verrebbero collocati  tanti artisti degli anni ’80 che in realtà facevano altro. Gente come Mellencamp, Soul Asylum  o addirittura Springsteen potrebbero finire in questo calderone. Onestamente ci siamo trovati meno fuori posto in rassegne di punk che non in eventi vicini al country.

***Mescalina: questo è un punto interessante. Il punk richiama un approccio più semplice rispetto a ciò che fate voi. Come mai vi ci ritrovate?
***Ed :  secondo me è per l’approccio viscerale che abbiamo alla musica. Del punk mi piace molto l’approccio single minded , non interessa ciò che succede davanti o dietro ma solo quello che senti dentro.

***Mescalina: questo riporta a riferimenti quali i Pogues, spesso visti come capiscuola del punk folk. E’ un accostamento più coerente?
***Ed : i Pogues si trovavano meglio con i Clash piuttosto che con band folk. Anche noi preferiamo il roots vero, il rock di base. I Pogues avevano una collocazione geografica più definita di noi e un ceppo culturale molto preciso. Noi non ci identifichiamo così chiaramente; io sono inglese ma suono con musicisti italiani e quindi abbiamo riferimenti più labili. La nostra speranza è che tra un po’ si possa parlare di un sound Lowlands; per quanto io ammiri i Whiskeytown sarei un falso se ne volessi  esserne un clone. Mi auguro quindi che andando avanti sia sempre più difficile rispondere a questa domanda.

***Mescalina: quali sono allora le radici culturali della vostra musica?
***Ed : io sono di madre inglese, padre italiano ed ho trascorso la mia infanzia in Francia. Mi chiamo Abbiati  di cognome, e questo è sufficiente per non essere inglese, ma il mio nome è Edward, il che non mi rende italiano. Oggi come oggi il patrimonio culturale del mondo occidentale e le contaminazioni esterne creano una base culturale internazionale molto differenziata. Per esempio, prima di conoscere Chiara io non sapevo chi fosse Grappelli; averlo conosciuto mi ha dato un contributo importante. Ciascuno di noi ha i suoi ascolti; mettiamo tutto insieme e la sintesi porta ad un qualcosa che va al di là dei confini. Certamente i pilastri di base sono quelli della storia della musica occidentale: Waits, Dylan, Creedence, etc. sono assunti quasi per osmosi, l’importante è che quello che poi passa il setaccio sia una cosa nostra.
***
Mescalina: passiamo al lessico della vostra musica. I Lowlands pare preferiscano un approccio di gruppo, unitario e compatto piuttosto che affidato a specials solisti, che peraltro sareste perfettamente in grado di sostenere. Date priorità a questo aspetto?


***Chiara : è molto semplice, funziona così. Ed porta i testi e la melodia e la suona un po’; a valle di questo le cose prendono un corpo da sé, grazie al gruppo. La limitazione dei solisti non è mai stata dichiarata, voluta o progettata; è un fatto spontaneo che rappresenta il valore principale di questa band che ci rende certamente più coesi. Il gruppo è una maglia; al di fuori di questa non c’è alcunché che potrebbe avere il valore di ciò che c’è al suo interno.

***Mescalina: e come la mettiamo con gli arrangiamenti all’interno di una logica così “democratica”?
***Chiara : è quasi un fatto magico. Ognuno di noi porta quello che pensa,  che si rivela poi compatibile con quello che concepiscono gli altri. Ovviamente si aggiusta il tiro e si perfeziona ma non esiste un arrangiatore leader in questa band.
Roby: vorrei precisare che si parte comunque da un’idea, che in generale è di Ed; da Last Call a Gypsy Child lui è stato quello che ha avuto le idee ben chiare e delineate. A valle di questo siamo riusciti ad intervenire facendo il bene del pezzo e del disco in generale più che del singolo musicista.
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Mescalina: quanto pesa, su disco e dal vivo, l’improvvisazione rispetto alla parte composta?

***Roby: qui intervengono molto gli approcci specifici. Per quel che mi riguarda l’idea è di rispettare e seguire il feeling della concezione iniziale evidenziandola a mio modo, rispettando quei passaggi che in qualche modo sono obbligati. È ovvio che poi dal live la parte improvvisata interviene in modo più evidente, ma senza cambiare quell’equilibrio che ti dicevo.
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Mescalina: che dal vivo l’improvvisazione sia importante è chiaro ma resta la domanda: nella genesi iniziale, quella che poi viene consegnata alla registrazione, pesa di più la composizione o anche in questa fase l’improvvisazione predomina?

***Ed : nel live generalmente non riproduciamo quello che abbiamo registrato. Io ho sempre visto il gruppo come una rhythm band. I punti di forza sono sempre stati quelli di capire e seguire la dinamica del pezzo; nel live lasciamo spazi per gonfiare questa dinamica con l’improvvisazione ma su alcune parti resta una struttura rigida, soprattutto per certi passaggi salienti che comunque vanno eseguiti in un certo modo. Il bello dei Lowlands è che questo meccanismo funziona bene, la band non fallisce mai nel seguire questa logica che viene ben capita da chi ci ascolta; il gruppo è capace di far calare un pezzo in punta di piedi così come è in grado di farlo esplodere. Questa è, a mio avviso, la nostra caratteristica principale; per noi non è importante stabilire come un pezzo si conclude, l’organico nostro è chiamato a capire come è fatta la band e come seguirne l’istinto. La nostra ricerca sta proprio nel consentire questa intesa sull’idea e sul senso del gruppo.

***Mescalina: qui abbiamo tre voci importanti del gruppo alle quali vorrei rivolgere una domanda specifica. Iniziamo da Ed, cantante  e compositore . Il ruolo del tuo cantare appare a volte trattenuto,  senza realizzare quell’effetto di front man che sovente tocca al leader. È una scelta voluta o è un frutto di condizioni oggettive?

***Ed : credo sia una scelta voluta. Venendo qui stavamo ascoltando un disco dei Buffalo Tom e mi è uscito spontaneo dire che sul prossimo lavoro la voce la vorrei così; per me in Gypsy Child il canto era totalmente fuori. A me piace che la voce sia un colore di quello che esce; come un mare mosso con le onde increspate: la schiuma una volta è rappresentata dalla chitarra, un’ altra volta dal violino o dalla mia voce appunto. Questo è quello che cerco, anche se qualche volta si corre il rischio di far perdere il senso della forma canzone.
***
Mescalina: A Chiara domando come coniuga la sua preparazione classica, che potrebbe concedere un ruolo di evidenza nel gruppo, con i requisiti di omogeneità e di democraticità che gli intenti del gruppo esprimono.

***Chiara : in realtà non ho mai pensato a coniugare alcunché. Io ho studiato al conservatorio e sono contenta anche perché non c’era una scuola alternativa che potesse preparare in maniera adeguata uno strumento come il violino ad espressioni diverse. Quando suonavo al conservatorio  ascoltavo molta musica diversa; in casa con mio fratello si sentivano i cantautori italiani, come Guccini e De André, o gruppi decisamente diversi come gli Iron Maiden. A me questo piaceva molto e mi ha fatto pensare che il violino, poco adatto a questi tipi di musica, potesse in realtà andare dappertutto. Voglio sottolineare il contributo che in questo senso mi diede la mia insegnante, la grande Elisabetta Garetti , invitandomi sempre a provare qualcosa di nuovo. Ritengo che il violino sia uno strumento tipicamente italiano, nato nel Seicento a Cremona; il fiddle non c’entra nulla, io mi irrito quando mi dicono che suono in quel modo. Mi considero una violinista, anche se a mio modo, e condivido quello che disse Simone Ratti, nostro ex bassista, circa il fatto che ognuno di noi è figlio della propria cameretta. Anche se ho fatto studi formali la mia maglia è quella di questa band; per me suonare non è provare parti scritte in qualche stanza di albergo ma andare in tour con il gruppo.
***
Mescalina: passiamo la staffetta a Roby, che potenzialmente potrebbe essere il più frustrato dato il ruolo tradizionale di solista della chitarra elettrica nel rock. Come ti appaghi nel limitare lo stimolo solista?

***Roby: in realtà è proprio l’idea del ruolo di solista che mi dà la sensazione di limite. Pare paradossale ma a me interessa esprimermi insieme agli altri. Io ho studiato molto, forse anche esageratamente, gli aspetti tecnici chitarristici; questo però solo allo scopo di disporre di queste basi e non di farne un fine. Serve conoscere per dieci allo scopo di fare bene per uno con gli altri. Guarda, sto leggendo la biografia di Keith Richards: quello è per me oro nella logica di uno che sta in una band.
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Mescalina: con un approccio così collegiale come si configura nella band il legame tra il nucleo base e gli altri membri dell’ensemble?

***Ed : la band ha avuto sostanzialmente tre fasi. La prima è stata quella della registrazione di Last Call, alla fine della quale un bel po’ di musicisti hanno smesso perché non ne potevano più.  Da quel momento è nato un altro gruppo che è stato quello che ha portato in giro il CD dal vivo, praticamente fino alla fine di quest’estate. A valle di questo periodo ci sono stati altri problemi che hanno portato alla configurazione attuale del complesso. Io comunque concepisco la band come un gruppo unico, anche se riconosco che la storia intercorsa tra il nucleo base è diversa da quella che ha riguardato i nuovi membri; il punto di arrivo è una band unica che riconosca le diverse storie e fasi all'interno dei membri senza precludere novità e cambiamenti.. In sostanza, questo gruppo tratterà molto bene tutti quelli che vorranno starci dentro, mentre al contrario porterà a problemi con chi vorrà stare in groppa alla band. Non è una scelta imposta, è semplicemente una constatazione.
Chiara : questo è un discorso che non abbiamo mai fatto ma che è sempre stato nelle cose. Nel primo disco non c’era Roby e io ero presente ma solo con le mie parti, che ho registrato e che mi hanno dato fortuna visto che poi sono andate bene. All’inizio comunque non ero quella che sono adesso; l’incontro con Roberto è stato importante dato che siamo andati immediatamente d’accordo avendo sviluppato una sorta di affinità elettiva.  Dopo quello che è successo al gruppo quest’estate mi sono sentita come se avessi passato un cerchio di fuoco, uno Stargate. La cosa ha messo in evidenza la nostra vicinanza ed ha permesso di ritrovarci in una situazione diversa che ha consentito di proseguire.
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Mescalina: l’intesa si misura su fatti esclusivamente artistici o anche su elementi diversi?

***Ed : non so se l’intendersi sia così importante. Una band può stare insieme anche se certe intese non ci sono; quello che ci serve è un allineamento spirituale, dell’anima, al di là delle diverse idee musicali e non.  Alla fine rimane chi veramente ci crede, come in una cosa che determina la ragione di vita; chi in qualche maniera non si trovava a casa o non si fidava nel progetto se n’è andato.  Occorreva una chiamata quasi in termini religiosi; questa è una band che chiede tanto .
Chiara : ma è anche una band che dà tanto, anche se è difficile razionalizzare la cosa con le parole. Per ognuno la propria vicenda è speciale; all’interno di questo chi crede nella band, come chi sta attorno a questo tavolo, vive il gruppo come una priorità per le proprie vicende personali, la propria autorealizzazione.
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Mescalina: mi pare siamo arrivati ad un punto fondamentale: quanto è realista pensare che la realtà del gruppo si allarghi a persone esterne al nucleo base, così compatto e deciso?

***Ed : argomento molto attuale ma anche molto delicato. Noi ci siamo resi conto che, al momento del cambio di alcuni membri del gruppo, non cercavamo solo musicisti ma avevamo bisogno di anime, di persone, di spiritualità. A noi piacerebbe invecchiare con la stessa band ma occorre che certi parametri vengano condivisi ; il punto è che spesso noi troviamo assolutamente superflui valori che altri invece vivono come importanti e quindi qui l’unione si fa precaria.
Sia chiaro, noi viviamo come un’amputazione la perdita di alcuni compagni passati e siamo assolutamente aperti a qualsiasi allargamento del nucleo; non c’è alcuna intenzione di creare barriere o di fare clan, però occorre che ci siano le interpretazioni giuste da parte di chi si siede al tavolo. Non è complesso; così come Chiara e Roby potrebbero danzare sui nostri pezzi e mettersi in risalto, ma non lo fanno, chiunque altro riesca ad inserirsi in questa logica non avrà alcun problema.  Non ci sono schemi a priori, solo una filosofia attorno alla quale cementarsi.
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Mescalina: ma così facendo non si rischia di far prevalere la band sulla musica e rendere un fatto autoreferenziale e personale?

***Ed : questa band esisterà finché c’è musica e canzoni. Noi lavoriamo sempre molto perché il punto focale musicale è ben saldo. Adesso stiamo lavorando al disco nuovo e il gruppo è vitale grazie a questo; non intendiamo essere una band solo live, come peraltro non desideriamo fare solo incisioni. Finchè abbiamo pezzi nuovi e musica che sentiamo vitale allora saremo in giro. Altrimenti ci prenderemo un po' di pausa e di silenzio.
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Mescalina: preso quindi atto che band e musica sono indissolubili, a quale musica ti riferisci? Qual è il patto di  sangue che vi lega su questo piano?

***Chiara : non lo so sinceramente. Io so che quando Ed porta i pezzi noi ci lavoriamo e che ci sono state promesse di grandezza mai dichiarate ma sempre mantenute. Intendo per grandezza la sincerità di quello che fai, mantenere sempre il tuo essere te stesso dando il meglio, evitare mediazioni e strizzatine d’occhio con secondi fini. Questa è la promessa a cui mi riferisco; autenticità piuttosto che novità a tutti i costi.
***
Mescalina: prevale in questo quadro un ruolo di leadership di un nucleo storico o c’è apertura anche a nuovi contributi?

***Ed : io lavoro in generale con due o tre anni di anticipo su quello che andremo a fare; questo mi permette di avere delle idee che discuto con chi mi sta vicino, come Roby e Chiara e anche con gente che ad oggi non è con noi. Nel nuovo album vorrei esplorare alcune cose che non abbiamo mai sviluppato e questo l’ho fatto presente con la disponibilità dell’idea e del punto di arrivo; una volta fissati questi elementi entra in gioco la band, si scambiano idee e opinioni. Le mie idee sono chiare, dato che ci penso anche troppo in modo talvolta malsano, ma non sono mai chiuse; quasi mai il brano è uscito come io l’avevo concepito, alla fine sono i Lowlands e non Ed che si devono esprimere.
***
Mescalina: leggendo i testi delle tue canzoni si notano toni scuri che non paiono essere così coerenti con l’apertura che dichiari e che dimostri anche nei tuoi atteggiamenti. E’ frutto della mediazione tra te e la band che hai sottolineato?

***Ed : i testi rappresentano il mio essere più vero mentre la canzone rappresenta l’effetto della band che mi tira su per i capelli. Io scrivo da solo e quindi parto da lì; come modo di scrittura tendo a buttare fuori quello che non posso trattenere e quindi spesso può sembrare che escano più le scorie che altro. Resta però il fatto che una canzone, una volta composta, già non è più tua; poi la passi alla band per la registrazione e quando la esegui dal vivo a volte diventa come se fosse un brano di un altro. Questo a me va benissimo, perché così si esprime la dimensione del gruppo.
***
Mescalina: gli altri membri come coniugano l’individualità originale dell’idea con il fatto di renderla collegiale?

***Roby: c’è il rispetto di base per quello che ci viene portato a cui subentra la ripresa della proposta per renderla tua. Per esempio, nel mondo degli attori è in uso il metodo Stanislavski :l’interprete, per fare una parte drammatica, prende spunto dal suo vissuto e poi lo porta in rappresentazione. A me questo accadde nell’ascolto dei primi pezzi di Ed, in occasione di The Last Call, in cui mi ci ritrovai e fu per me naturale entrare nella parte.
Chiara : per quel che mi riguarda l’equilibrio sta nel fatto che mi sento al mio posto. Io non sono quella che scrive i pezzi, il mio lavoro è un altro; a me è sempre piaciuto eseguire ed arrangiare per cui mi è naturale entrare in sintonia con idee alle quali queste mie attitudini siano coerenti e conseguenti. Inoltre a me piace la sincerità, sia nei sui aspetti più felici che in quelli più tremendi; questa è una caratteristica dei nostri brani nella quale mi ci ritrovo appieno.
***
Mescalina: empatia che mi pare sia una fortuna per un autore di canzoni,  che trova le sue idee così accettate e sviluppate

***Ed : certamente, ma c’è anche da dire che sono io il primo a non accettare un brano in cui Roby o Chiara non si sentano rappresentati, così come sono loro i primi a capire quando una loro idea non funziona. Credo che il tutto stia in piedi perché esce facilmente, senza sforzi, naturalmente. Se penso per esempio ad alcune parti di violino in Gypsy Child ti assicuro che ci ritrovo Chiara in tutti i suoi atteggiamenti, dal languido al nervoso, dall’arrabbiato al sereno; credo che sia questa possibilità di essere rappresentato a garantire l’empatia che dicevi.
***
Mescalina: potremmo continuare all’infinito ma prima o poi occorre chiudere. Arriviamo alla fine quindi con la solita ardua questione: i cinque CD vostra isola deserta .


***(…… dopo numerose proteste e lamenti ecco  le sudatissime risposte)

Ed:
Springsteen : Darkness on the edge of town
Will T. Massey (cantautore texano)
Dylan : Blood on the tracks
Tom Waits :  Bone Machine
You Am I (australiani) : Dress me slowly

ma come non citare

Wilco: Being There
Whiskeytown: Strangers Almanac
Soul Asylum: Let Your Dim Light Shine
The Replacements: Tim
Steve Earle: I Feel Alright

Chiara:
non mi sento in grado, non ricordo bene I titoli. Rispondendo in modo diverso ti dico che non posso fare a meno di:

Johnny Cash (qualunque cosa)
Beatles
Francesco Guccini
Grappelli
….manca il quinto, Chiara rinuncia

Roby:
So già che domani farei scelte differenti ma al momento direi:

Rod Stewart : Every picture tells a story
De André : Disco dell’indiano
Steve Ray Vaughan : Texas flood
Jeff Beck : Blow by Blow
Jimi Hendrix : qualunque
Robert Johnson : qualunque

(il sesto é concesso per la debacle di Chiara)  

***THE END
Generalmente negli articoli a mio nome utilizzo sempre la prima persona plurale; questo non certo per motivi di pluralia maiestatis quanto per sottolineare il senso del collettivo della webzine.
Tuttavia per questa situazione desidero fare un’eccezione e concludere con una riflessione personale.
Conversare con i Lowlands è stata un’esperienza intensa ed illuminante, una vera e propria opportunità. La chiarezza del rapporto umano, la spontaneità delle dichiarazioni e l’accettazione di tutte le domande poste, anche delle più spinose, mi hanno fatto sentire quasi come un membro del gruppo.
Ed, Chiara e Roby mi perdoneranno per questa presunzione ma credo che non si corra il rischio di malintesi, dati anche i bellissimi contatti che si sono succeduti all’incontro.
La musica in generale, ed il rock in particolare, si realizza pienamente quando l’incontro ravvicinato è del terzo tipo che, secondo la classificazione di Allen Hynek, indica il contatto; con loro questo si è verificato pienamente.
Mi viene un groppo alla gola pensando che sto per chiudere questo momento, ma prima o poi bisogna pur finire.
Ai Lowlands un grazie di cuore ed un augurio sentito e sincero: che il cammino sia lungo e luminoso..hasta la victoria…. siempre.