Steve
Wynn sta diventando uno degli abituè di Mescalina, essendo
il primo artista a bissare l’intervista. Questa volta, in
occasione dell’uscita del nuovo disco, la nostra chiacchierata
è stata più specifica, tenendo come punto di riferimento proprio
“Static transmission”, anche se poi il discorso ha finito
inevitabilmente per allargarsi...
Interviste:
Steve Wynn
Steve Wynn sta diventando uno degli abituè di Mescalina, essendo il primo artista a bissare l’intervista. Questa volta, in occasione dell’uscita del nuovo disco, la nostra chiacchierata è stata più specifica, tenendo come punto di riferimento proprio “Static transmission”, anche se poi il discorso ha finito inevitabilmente per allargarsi…
Mescalina: Questo disco arriva due anni dopo “Here comes the miracle” … nel frattempo ci sono stati tanti concerti, un cd dal vivo al Big Mama e purtroppo anche l’11 di settembre …
Steve Wynn: È vero, sicuramente dal mio ultimo disco in poi ci sono stati molti cambiamenti nella mia vita e anche nel mondo. Comunque, non volevo fare un disco centrato sull’11 di settembre, come ha fatto Bruce Springsteen, per esempio, ma allo stesso tempo credo che sia impossibile a questo punto per la mia musica e la mia scrittura non farsi influenzare da quell’evento e dall’incertezza che ne è conseguita. E in questo senso “Static transmission” è proprio un disco “post 11 settembre”, in cui emergono la tristezza, la paura, la confusione e anche il bisogno d’ottimismo che prevale in questi tempi.
Mescalina: Non voglio tornare a parlare di quei giorni e di quanto è successo, anche perché già troppe parole sono state dette ed usate … però il fatto che tu vivi a New York e che cominci il disco con una canzone come “What comes after”, mi fa pensare che vuoi riportare l’attenzione …
Steve Wynn: Guarda, questa canzone si può comunque riferire a molte cose. In effetti descrivo la sensazione che segue la fine di un periodo orribile e il riuscire a intravedere il primo raggio di luce alla fine del tunnel. E poi c’è il coraggio che ci vuole per seguire quella luce e per convincersi, per rendersi conto che il peggio è ormai passato. Io credo che sia una canzone ottimista, ma contiene anche una forma di esitazione che lascia qualche senso di riserva.
Mescalina: È come se tutto il disco, sia nei testi che nei suoni, voglia in qualche modo fissare le conseguenze di quanto è successo in quei giorni … anche se poi non arrivi mai a parlarne direttamente …
Steve Wynn: Esatto. Come ho detto prima, era molto difficile NON farsi influenzare da quanto successo recentemente, dall’incertezza e dalla frustrazione del nostro mondo moderno. A confronto, “Miracle” era un disco molto sicuro di sè, a tratti anche arrogante e quel tipo di emozione non ci sembrava potesse più suonare vera quando abbiamo fatto questo disco nel 2002.
Mescalina: Questo è sempre stato un po’ il tuo modo di lavorare: astrarre la realtà, quello che succede nel mondo esterno e allo stesso tempo dare forma concreta all’interiorità e alle reazioni del subconscio … e trovare il modo per riassumere tutto con poche parole in una canzone.
Steve Wynn: Cerco di delineare tutto all’interno, usando sensazioni personali piuttosto che uscirmene con delle grandi massime sul mondo. Ammiro artisti come Joe Strummer o come Billy Bragg o Phil Ochs, ma io non scrivo in quel modo. Sono sempre alla ricerca di un’emozione sincera e di qualche legame con i sentimenti umani nella loro forma più spoglia. È un percorso pericoloso ed oscuro, ma è anche molto stimolante.
Mescalina: A guardare i testi di questo disco, si nota qualcosa che è più di un disagio nei confronti dei nostri tempi … insomma, descrivi rovine, gente che perde il controllo, che deve sforzarsi di rimanere pulita o che non riesce a trovare le cose più semplici della vita … come se ci fosse qualcosa di guasto, di marcio …
Steve Wynn: Bè, purtroppo è la verità?! C’è davvero qualcosa di marcio. In tutti noi. E per la maggior parte non riusciamo a farlo venire in superficie. Ma c’è ed è anche un po’ destabilizzante sapere che qualcuno potrebbe sentirsi come te. Spesso siamo convinti di essere i soli a provare certe cose!
Mescalina: Se diamo un’occhiata ai tuoi dischi precedenti, ci si accorge che questo è un po’ il tuo stile, il tuo marchio di fabbrica … questa linea sottile tra il bene e il male, tra l’interno e l’esterno, tra l’amore e il dolore …
Steve Wynn: Ed è una linea molto, molto sottile. Non mi sono mai piaciuti quei libri o quei film o quelle canzoni che riducono tutto al “bene o male”, anche se poi ho scritto una canzone su questo concetto … comunque credo che parlare del bene e del male sia molto più difficile di quanto si voglia ammettere.
Mescalina: Dei tuoi ultimi dischi ho apprezzato particolarmente il suono così acido e impetuoso, come se ci fosse attrito tra gli strumenti … che poi lo stesso si trova anche nelle storie e nelle sensazioni che canti …
Steve Wynn: Questa è una bella osservazione, acuta. Infatti questi ultimi due dischi sono piuttosto decisi, molto vivi ed è come se ci fosse un sottile strato di vernice che tiene separata la musica dall’ascoltatore e questo crea nel suono una forma di attrazione a cui nemmeno io mi sottraggo. Ci puoi quasi vedere, sentire, percepire mentre siamo lì a suonare. È un suono che su cui ho lavorato molto sin dall’inizio della mia carriera e sto imparando solo ultimamente come ottenerlo.
Mescalina: Così anche le canzoni che dovrebbero essere portatrici di speranza come “Maybe tomorrow” o come “Charcoal sunset”, alla fine comunicano una speranza alquanto incerta …
Steve Wynn: In verità, credo che entrambe queste canzoni siano piuttosto desolate. Non so se il personaggio di “Maybe tomorrow” si alzerà mai dal letto e riuscirà ad uscire da quella stanza. Comunque faccio il tifo per lui. Mentre “Charcoal sunset” cerca di spiegare la cecità di una mentalità da gregge, il facile desiderio di lasciar perdere i fatti, i dettagli e il proprio pensiero per mettersi a marciare tutti come zombie verso qualcosa che assomiglia alla luce.
Mescalina: Alla fine c’è uno sguardo verso il futuro con “Fond farewell”: qui arrivi a dire che torneremo a nutrire la terra e saremo rimpiazzati da grosse scavatrici in cerca di petrolio … è così che vedi il futuro?
Steve Wynn: Sai, a volte mi sembra che passiamo la nostra vita a correre dietro inutilmente a così tante cose, sia a livello personale che politico … tanto poi torniamo tutti sotto terra, come se evaporassimo dal mondo. E allora per cosa ci affanniamo? Questa canzone, come anche “Amphetamine”, vuole trovare un motivo per vivere il più pienamente possibile, perché poi tutto passa e passa davvero per sempre.
Mescalina: Non si può dire che questo mondo ti lasci tranquillo e pacificato … i tuoi personaggi guidano come pazzi, scappano da qualcosa …Di cosa parla “One less shining star”? Perché quest’uomo vuole lasciare la sua vita pubblica e fuggire in Argentina?
Steve Wynn: Semplicemente perché vuole tirarsi fuori dal gioco. Ho cercato di descrivere il bisogno che si prova quando si desidera annullare la propria esistenza e allo stesso tempo si coglie la disarmante verità che il mondo continuerà in ogni caso nonostante la nostra assenza. Ma credo che sia comunque una canzone ottimista. A volte bisogna avere molta forza per andarsene.
Mescalina: “Amphetamine” mi fa venire in mente
l’Apocalisse …
Steve Wynn: Sì, forse è così. È una canzone del tipo “vivi veloce e muori giovane”, sul cercare di trascendere con qualunque mezzo possibile dal guidare veloce, alle droghe, insomma sfidare la morte, fino ad arrivare, come diceva qualcuno … “break on through to the other side”.
Mescalina: Hai cominciato in California, ora vivi a New York e registri a Tucson, in Arizona …
Steve Wynn: Che strano, eh? Senza dubbio nel cuore rimango californiano, trentaquattro anni lì ti obbligano ad esserlo, ma sono newyorchese per scelta, ma sono anche capace di lasciarmi entrambi questi posti alle spalle e vivere al momento quado vado in Arizona. E poi passo anche sei mesi all’anno on the road. Diciamo che è una bella vita per chi ama cambiamenti ed avventure.
Mescalina: Hai scelto di registrare a Tucson perché Chris Cacavs e Craig Schumacher stanno lì o perché è la vicinanza del deserto a dare l’atmosfera giusta per il suono?
Steve Wynn: Prima di tutto per Craig e per il suo studio di registrazione, Wavelab, ma anche il posto in effetti è fonte di ispirazione per me.C’è una lentezza nell’aria e un’atmosfera surreale e sembra che questa faccia bene al tipo di musica che sto facendo adesso. Per quanto riguarda Chris, lui ora vive in Germania, così è più sconveniente che mai … magari farò il prossimo disco a Colonia!
Mescalina: Non so, ma mi viene da dire che c’è qualcosa in comune tra i tuoi dischi e quelli dei Giant Sand / Calexico / Howe Gelb / Cacavas … anche se poi il tuo suono è più rock, è come se ci fosse un terreno, un senso comune … forse è solo la mia immaginazione, che ne dici?
Steve Wynn: A tutti noi piace andare incontro all’imprevisto, trovare quella cosa che non fa parte dei piani, ma che risulta poi la più bella … e concentrare su questa tutto quello che viene, tutto il nostro lavoro. Spontaneità e temerarietà sono due concetti che sono andati perduti o che sono troppo spesso assenti nel rock, e credo che gli artisti che tu hai citato, compreso il sottoscritto, siano tutti folli innamorati alla ricerca di questo chaos.
Mescalina: È curioso come nel disco le canzoni più aggressive e più rumorose siano quelle che sono dirette ad Ovest (“California style”, “Hollywood”, “Candy machine”, “Amphetmaine”) … è una coincidenza o è qualcosa che proviene dal tuo passato e che ti porti ancora dentro? Voglio dire, la California è il posto dove hai cominciato tutto con i Dream Syndicate …
Steve Wynn: Bè, la California è più che altro uno stato di perenne turbolenza interiore. A New York devi solo lasciarti andare, nemmeno il male, il pericolo e la frustrazione hanno bisogno di essere coltivati. Mentre in California tieni tutti questi cattivi pensieri dentro di te, magari mentre guidi la tua auto, per esempio, e loro cresceranno fino ad esplodere in una maniera terrificante. È questa forma di repressione interiore che mantiene le cose interessanti dalle mie parti.
Mescalina: Guarda, voglio dirti che sto davvero apprezzando quello che fai con i Miracle 3 … lungo la tua carriera solista,
hai avuto degli alti e bassi, cioè dei cambiamenti tra un disco
e l’altro, ma adesso sembra che stai lavorando su un unico suono …
Steve Wynn: In questo periodo mi sto godendo la consistenza e l’opportunità di andare a fondo di un suono, cosa che deriva dal suonare con lo stesso gruppo di persone per un periodo di tempo prolungato. Siamo davvero una buona band, buoni musicisti e buoni amici … sembra una ricetta per fare della buona musica, no?
Mescalina: Sì, ma non è poi così facile … scavare in un suono, concentrarsi su di esso per trovarne le più piccole sfumature … penso all’arrangiamento d’archi in “Maybe tomorrow”, come ci sei arrivato?
Steve Wynn: Ah, mi sono sempre piaciuti gli archi a partire da Brill Building, fino ai Big Star,il primo Elton John, John Lennon … scrivili tutti. Un arrangiamento d’archi può essere molto rock e volevo un quartetto d’archi davvero rock per questa canzone. Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto e credo che smuova la canzone molto di più di quanto potesse fare, per esempio, il solito assolo di chitarra.
Mescalina: E invece perché hai scelto di chiudere con una traccia fantasma? … “If it was easy anybody would do it” rompe un po’ con il resto del disco …
Steve Wynn: Sì, però allo stesso tempo riassume un po’ il tutto, no? Ti trovi ad attraversare questa lunga scarica di emozioni e dopo 51 minuti finisci proprio sul lato opposto. È una cosa che si fa tutti i giorni? È una cosa che si fa tanto facilmente? Ovviamente no, ed è questo che rende il passaggio così stimolante. In più è anche una canzone divertente.
Mescalina: L’ultima domanda: “Static transmission”, perché questo titolo? L’aggettivo “static” mi fa venire in mente di nuovo quella sensazione da “day after” …
Steve Wynn: Sentivo che il disco poteva suonare come la simulazione di una corsa in macchina su una strada vuota e deserta alle due di notte, con la radio che trasmette come fossero due emittenti diverse, qualcosa di statico e di misterioso, quasi dei messaggi segreti da un posto sconosciuto. Una vera e propria messa in onda di un suono, che proviene da un’energia statica.
Mescalina: Grazie, Steve.
Steve Wynn: Non c’è di che.
Bzzzh - bzzzh … segnale spento ... zzzzzhh - zzzzzhh, fine della trasmissione.