Marco Burgatto

interviste

Marco Burgatto “La Sottile Linea” ...the making of a rock opera

07/03/2011 di Vittorio Formenti

#Marco Burgatto#Italiana#Rock Progressive

Marco Burgatto é un giovane artista milanese dedito principalmente alla realizzazione di opere rock. Con l’ultimo lavoro “La Sottile Linea” Marco è arrivato al terzo capitolo della sua esperienza confermando una crescita costante da tutti i punti di vista : idee guida, testi, musiche, narrazione, arrangiamenti hanno avuto un graduale ed evidente sviluppo tipico di quando si sviluppa un’attività con passione e con competenza. Ci siamo sentiti di ritornare a parlare con lui, esattamente 365 giorni dopo l’intervista precedente, per focalizzare l’attenzione su quello che significa portare a termine un’opera rock. Alla conversazione ha partecipato anche Walter Gorreri, bassista degli Ubi Maoir e compagno di avventura di Marco fin dagli esordi.
Mescalina: quando si parla di un’opera rock non si sa mai se è giusto o meno fare un paragone con l’opera classica, nella quale in generale l’approccio è il mettere in musica un libretto. Tu da dove parti? Da un’idea, da un testo, da una storia?
***Marco: generalmente parto da un’idea, che poi viene scomposta in diversi momenti sui quali poi si costruiscono i diversi brani del lavoro. E’ un po’ come una canzone, che spesso racchiude in sé un concetto; nel caso di un’opera si passa per questa fase di articolazione in diversi momenti ma in fin dei conti non è così diverso. Ovviamente l’opera richiede la presenza di un filone logico che regga il tutto dall’inizio alla fine.

***Mescalina: nel caso de “La Sottile Linea”, il tuo ultimo lavoro, sei partito dall’inizio o dal fondo? Chiedo questo perché il finale a sorpresa che proponi ricorda i romanzi di Agatha Christie, della quale si diceva iniziasse dal fondo per poi montare la sua trama sempre così speciale.
***Marco: sono partito dall’inizio o, meglio, dalla metà. L’intento era quello di sviluppare una storia che parlasse del conflitto tra il Bene ed il Male; fissato questo baricentro sono risalito all’inizio individuando i personaggi che potevano far parte della trama; poi il finale è arrivato così, come conclusione di un procedimento verificato anche con altri.

***Mescalina: questo tuo ultimo lavoro presenta una chiarezza narrativa decisamente superiore ai tuoi due precedenti. Lo sviluppo dell’azione è chiaro, i personaggi si riconoscono bene ed anche il fatto di aver allegato il libretto aiuta molto. È perché sei partito prima dai testi e dalla trama?
***Marco: direi metà e metà. Il brano di apertura è nato dal testo, in altri momenti è successo l’opposto. E’ stato un processo misto, nel quale l’idea ha portato a definire alcuni momenti topici per poi costruire i passaggi che hanno completato il concept.

***Mescalina: ricorri alla tecnica del leit motiv per sottolineare momenti o personaggi?
***Marco: sì, anche se mi è stato detto che la cosa non risulta così evidente; in “La Sottile Linea” ci sono comunque diversi momenti di questo tipo. Per esempio negli episodi di Dorian Gray ci sono linee melodiche ed anche accordi che si richiamano. È un aspetto che intendo proseguire a sviluppare.

***Mescalina: la scelta dei personaggi dell’opera mi è parsa felicissima, molto efficace in termini di rappresentazione dei vari temi. Dracula, Dorian Gray, Frankestein, Dr. Jekill, la Strega Bianca, la Strega Nera sono simboli azzeccatissimi. Come li hai scelti?
***Marco: ho fatto ricorso a figure note, che potessero essere recepite con chiarezza e senza difficoltà, scegliendo anche quelle più appartenenti alle letture ed alle visioni cinematografiche mie personali. L’idea è stata quella di una carrellata logica di protagonisti di immediata percezione per chiunque.

***Mescalina: un passo avanti mi pare sia stato fatto anche nella selezione dei cantanti, bene in ruolo sia da un punto di vista tecnico che da un punto di vista interpretativo. Hai avuto dei criteri particolari di scelta?
***Marco: certamente sì, anche se si è fatto tutto anche compatibilmente con le possibilità a disposizione. Abbiamo lavorato parecchio su Dorian Gray, personaggio certamente complesso; per la strega bianca abbiamo scelto un mezzo soprano, l’amore platonico è stato assegnato ad un soprano e la strega nera è stata studiata con un canto volutamente pulito ed ammaliante per sottolinearne il carattere tentatore. È stato un aspetto del progetto che abbiamo cercato di curare.

***Mescalina: approfittando della presenza di Walter sarebbe interessante capire il ruolo della parte ritmica in un contesto di opera rock.
***Walter: Marco ha scritto le partiture per tutti gli strumenti dando una cornice chiara ai ruoli di ciascuno. È ovvio che in un assetto di ensemble strutturato per l’esecuzione di un lavoro organico prevalga la parte scritta, dato che il contesto collettivo impone un certo rispetto delle parti. Credo tuttavia che il musicista che fa rock sia in grado di aggiungere quel pizzico di personalità in più che magari emerge a tratti, solo in passaggi particolari, ma che tuttavia dà un colore particolare alla musica.

***Mescalina: quindi la scrittura ha avuto un peso particolare. Ci sono state parti che hanno creato qualche difficoltà, per esempio il violino piuttosto che la chitarra elettrica, il violoncello piuttosto che la batteria?
***Marco: mi sono occupato direttamente di tutti gli strumenti, anche se poi sugli archi Persico mi ha dato una mano notevole. Questo credo abbia dato un senso di coerenza al tutto. In linea di massima non ho avuto particolari difficoltà se escludiamo la batteria, elemento complesso sul quale mi sento meno preparato che sul resto. In alcuni casi, come per la chitarra elettrica, ho lasciato molto all’improvvisazione sfruttando anche le ben note qualità di Stefano Tamiazzo al quale è affidato molto della voce “rock “ del lavoro. Per quest’ultimo la scrittura si è limitata, nel novantanove percento dei casi, ad indicare “..da qui a qui fai l’assolo”; giusto in qualche situazione gli ho indicato il tema.

***Mescalina: in questo lavoro hai portato tutto sugli strumenti suonati, abbandonando l’elettronica Midi ed ottenendo un suono decisamente più caldo e ricco. Perché non hai usato qualche ottone? Probabilmente avresti ottenuto un bel contributo sul drive.
***Marco: sì certo, ma è difficile trovarli. Ho provato un trombone ma su di un altro lavoro, mentre invece quei pochi che suonano il sax operano in altri settori e generi e non di rado si fanno pagare. Mi sarebbe effettivamente piaciuto avere una sezione di fiati ma non è stato possibile.

***Mescalina: quanto tempo ti ha richiesto la realizzazione di “La Sottile Linea”?
***Marco: in termini di periodo solare direi un annetto. Tieni però presente che nello stesso arco di tempo ha interrotto più volte la cosa per fare anche altro, quindi l’indicazione non ha un valore assoluto. Impegnativa è stata anche la registrazione, effettuata separatamente con in vari musicisti. In questa fase un errore imponeva poi riprese o correzioni, se possibili, che comunque comportavano ore ed ore di lavoro.

***Mescalina: c’è stato molto impegno in sede di produzione e di gestione delle sessioni di registrazione?
***Marco: occorre tenere presente che non siamo dei professionisti e che quindi non possiamo permetterci sessioni prolungate e costose. Qui fortunatamente viene in aiuto la tecnologia, che ti consente di correggere facilmente e rapidamente eventuali errori senza dover rifare tutto.
Walter: la cosa può apparire sgradevole e riduttiva ma è assolutamente una regola anche per artisti professionisti. Il mondo musicale italiano è pieno di cantanti ed artisti che vengono corretti e rettificati in sede di registrazione grazie all’ausilio del computer. Questo comunque permette delle opportunità che una volta non potevano offrirsi; anni fa realizzare un disco come “La Sottile Linea” sarebbe stato impossibile proprio per l’eccessivo impegno di produzione che si sarebbe imposto.

***Mescalina: per quanto tempo avete lavorato in studio?
***Marco: direi qualche settimana, tenendo conto anche del tempo necessario per mettere a punto i suoni e riascoltare le parti.
Walter: tieni presente che nel caso specifico, grazie anche al lavoro preliminare di scrittura sviluppato da Marco, si è riusciti sovente a fare “..buona la prima” o quasi. In effetti è stato importante il lavoro di messa a punto del suono, complesso soprattutto per strumenti a più voci come la batteria. Direi che il tecnico che ha lavorato si merita davvero un elogio per come è riuscito a gestire questa fase che è tra le più impegnative, anche se nascosta e sovente dimenticata.

***Mescalina: da tutto quello che emerge appare evidente che comporre e portare a termine un’opera rock richiede, rispetto alla realizzazione di un disco “standard”, uno sforzo maggiore ed anche una competenza trasversale piuttosto spiccata. Credi anche tu che l’opera rock ponga difficoltà superiori?
***Marco: tutto sommato no. Anche un disco rock di buon livello non si improvvisa e bisogna avere presente più elementi per fare qualcosa di buono. In fin dei conti si parte sempre da un’idea, da un concetto, e si sviluppa il tutto in coerenza. Anzi, volendo ben guardare l’opera rock può essere addirittura più facile dato che si basa su di un solo spunto, avuto il quale è più facile proseguire che non nel caso di un lavoro non “concept”.
Walter: io mi permetto di dissentire. Credo che l’impegno da profondere e le competenze richieste per portare a termine un’opera rock siano particolari e che oggettivamente l’impegno sia, mediamente, superiore a quello richiesto per un disco normale. Inoltre il fatto di dover mantenersi coerente ad un’idea specifica costituisce, a mio avviso, una difficoltà superiore rispetto alla possibilità di variare direzione. Se sono libero di alternare punk a blues, rock a folk e così via ho meno vincoli, e quindi meno problemi, rispetto alla necessità di mantenere dritto il timone come richiesto in un’opera rock. Inoltre un conto è suonare in un gruppo che conosci a menadito ed un altro è suonare in un ensemble nuovo; qui il ruolo del coordinatore e del compositore è fondamentale e Marco se l’è cavata benissimo nel tenerci tutti assieme.

***Mescalina: hai qualche riferimento o influenza specifica come modello di compositore?
***Marco: il richiamo principale che mi sento di fare è a Roger Waters; certamente ho idee musicali diverse ma mi ritrovo in quell’approccio a canzoni distribuite in più parti e fasi come in “The Wall, lavoro dal quale sono partito nella mia passione al genere.

***Mescalina: nel tuo lavoro compositivo operi da solo o ti appoggi anche all’aiuto ed al parere di altri?
***Marco: in prima battuta faccio io; testi e musica vengono concepiti e composti per poi essere spesso sottoposti al parere di terzi, amici e/o collaboratori per avere riscontri ed anche qualche opinione e suggerimento.
Walter: in questo aspetto Marco è molto aperto a contributi di terzi, anche se poi non necessariamente cambia idea. Non si tratta infatti di un lavoro di gruppo ma più di un coinvolgimento e di un ascolto degli altri allo scopo di ottenere il meglio; questo si verifica soprattutto nelle parti strumentali più delicate sulle quali magari l’esperienza di qualcuno, come nella batteria, può essere particolarmente utile.

***Mescalina: pensi anche ad una rappresentazione dal vivo?
***Marco: è la cosa che mi interesserebbe di più ed è uno dei passi che intenderei dare nel prossimo futuro. C’é però da dire che le difficoltà sono numerose; organizzare una rappresentazione dal vivo è almeno venti volte più difficile che realizzare il disco. Si va dai problemi economici, che poi sono in primi dato che praticamente nessuno è disposto a finanziare un’iniziativa di questo tipo, fino ai problemi organizzativi di mettere insieme le persone.

***Mescalina: pensare ad una rappresentazione dal vivo comporta quindi riprogettare o ripensare parti del lavoro?
***Marco: L’iniziativa richiede la scelta degli attori e della scenografia, aspetto che però intendo lasciare al regista del caso riservandomi solo l’ovvio affiancamento per le verifiche di coerenza con il progetto. Il problema è che spesso e volentieri gli attori non sanno cantare e quindi, almeno per i ruoli vocali, la ricerca ritorna a nostro carico. C’è poi il grandissimo vincolo legato alla disponibilità contemporanea dei musicisti necessari; se teniamo presente che ognuno di questi ha altri impegni professionali diventa praticamente irrealistico pensare di disporne con continuità contemporaneamente. Infine c’è l’aspetto economico che ricordavo. Sto pertanto pensando a come ridurre alcune parti e riarrangiarne altri allo scopo di poter ricorrere ad un gruppo piuttosto che ad un ensemble articolato come quello del disco. Speriamo di pote combnare qualcosa presto.


***Augurio che ricambiamo volentieri a Marco, sinceramente convinti che questo suo ultimo lavoro meriti un’attenzione particolare anche dal palcoscenico. Nel frattempo ribadiamo il nostro consiglio ad avvicinare l’arte di questo musicista partendo certamente da “La Sottile Linea” per la quale rimandiamo alla recensione già comparsa sulla testata.