Massimo Priviero

interviste

Massimo Priviero Il Capitano della Compagnia

06/12/2013 di Gianni Zuretti

#Massimo Priviero#Italiana#Rock

Venticinque anni di carriera, una dozzina di album collegati tra loro da un fil rouge caratterizzato dall’onesta intellettuale nel portare avanti, con cocciutaggine e coerenza, spesso a scapito di un successo che era a portata di mano, la propria visione del mondo, un vivere la musica senza cercare facili scorciatoie che ne minassero i “sacri principi”, questo è Massimo Priviero, un artista vero e sincero, fuori dalle mode che segue la sua strada serenamente e senza rimpianti, in altre parole un uomo attento e preparato che comunque continua ad interrogarsi cercando di approfondire il senso della vita. Lo abbiamo incontrato per una discussione a cuore aperto nella quale mettere a nudo, senza schermi precostituiti, la parte più interiore di sé.
Mescalina: Un quarto di secolo, mezza vita trascorsa a far "rotolare" la chitarra e le canzoni sui palchi, giorni passati tra le pareti di uno studio d’incisione, cosa ti ha lasciato e cosa ti ha tolto questo “dannato” mestiere?

Massimo: Forse è banale da dire ma a volte ti sembra ieri ed altre ti sembrano passati cent’anni. E come si usa dire: salvezza e dannazione. Mi ha lasciato gli occhi della gente che ho visto e vedo ai miei concerti e che mi sono entrati dentro per sempre. Mi ha tolto la capacità di fare altro nella mia vita, almeno finora, che avesse la stessa intensità emotiva e per questo ogni tappa del viaggio diventava sempre una fine e un nuovo inizio. 

Mescalina: Ora che il nuovo album “Ali di Libertà” ha messo le scarpe per camminare e, si spera, proverà a consumare molte suole, ripensando a questi ultimi anni passati a scavare con le mani nude  la tua anima per “cercare” le canzoni, sei soddisfatto di cosa ne è uscito?

Massimo:  Nessun vero musicista o artista o chiamalo come credi meglio, è soddisfatto al cento per cento di quel che fa. Anzi, capita che “metaforicamente” tirerebbe dietro il martello alla sua opera come faceva Michelangelo. Diffido di chi si dichiara soddisfatto. Ma è ovviamente anche una molla per continuare, come dici tu, “a scavare e cercare”. In tutto questo, credo che ALI sia una foto ben riuscita di quel che ero quando ho iniziato a scriverlo fino ad arrivare ad oggi. E che la soddisfazione sta’ nell’aver fatto il tuo meglio in quel momento. Così è stato. Poi, comporre e scrivere è un atto solitario che metti a disposizione soprattutto di chi ti segue e ti ascolta. E’ a loro che chiederei se sono soddisfatti di quel che ho fatto.   

Mescalina: Tutto questo magma di sentimenti profondi che peraltro racconti analizzando le tue nuove “figlie” e che ascoltandole arriva in maniera inequivocabile, ti rappresenta in pienezza?

Massimo:  E’ l’album più autobiografico della mia carriera, su questo ci son pochi dubbi. In quel modo, se vuoi, diventa anche l’album che ti rappresenta di più. Il mio desiderio era di essere allo stesso modo molto autobiografico e molto condivisibile. Scoprire cioè quanti frammenti della mia vita sono in realtà pezzi di vita di chi ha percorso strade vicine alla mia o di chi sta’ al mondo in modo simile al mio. Proprio perché non è solo un modo di fare musica ma anche un modo di stare al mondo. E’ chiaro che questo si traduce in una scrittura molto a cuore aperto e senza barriere emotive. Senza alcuna paura.  

Mescalina:  Io immagino che le canzoni per un songwriter siano assimilabili ad una buona medicina, per te rappresentano un valido rescue remedy per affrontare il tuo domani?

Massimo:  Non so’, qualche volta sicuramente ma spesso ti assicuro che diventa come scalare una montagna. Tante volte, almeno per me, vuol invece dire cercare una soluzione melodica, un arrangiamento, un testo da scavare fino all’ultima parola. E non è proprio una cura ma molto più una specie di prigione dove ti sei rinchiuso ma dove ti senti a casa tua. Non è facile da spiegare. La vera medicina è fare un concerto e capire se quello che hai scritto è arrivato alla gente che hai davanti a te. Se avverti che questo accade, almeno in quel momento guarisci da tutti i tuoi “mali esistenziali” e trovi forza per andare avanti. La stessa forza che tu hai cercato di dare a chi ti ascolta. 

Mescalina:  Affronti temi di carattere universale in un mondo, quello della musica, in cui si è perso il senso della misura passando dal disimpegno più sfrenato, spesso imbarazzante coacervo di volgarità, a voli pindarici “torcibudella” autoreferenziali, come hai fatto a trovare invece il giusto equilibrio per dire cose importanti senza cadere nella retorica?

Massimo:  Ho sempre avuto più predisposizione per una visione anche “epica” dell’esistenza umana. Questo mi ha sempre spinto più verso un modo se vuoi “massimalista” di scrivere. Non mi riesce di tradurre in musica quel che chiamano la bellezza delle piccole cose quotidiane. Ho bisogno di prenderle e di provare a farle volare in cielo. Allo stesso modo, mi porto dietro una scarsa propensione all’ironia e all’autoironia.  E forse un mio difetto è di prendere tutto un po’ troppo sul serio, magari se vuoi di prendere anche me stesso un po’ troppo sul serio. Così, quel che mi riesce meglio è provare a volare in alto con tutti i rischi del caso. Se mi dici che riesco a trovare giusto equilibrio ne sono felice. Continuo a credere che il meglio sia in quel che chiamiamo “sangue sudore, lacrime e sorrisi”. Io sono questo, non aspettarti che scriva di una Topolino amaranto. Se pure è un modo splendido di fotografare qualcosa, non è quello il mio modo.

Mescalina:  Tornando ai temi che escono forti: le origini, la famiglia, la spiritualità, gli ultimi,  il coraggio nella rinascita, la terra e i suoi mali ed ovviamente l’amore, qual è attualmente la tua scala di valori?

Massimo:  Tutti i termini che usi sono in cima ad una ipotetica scala che in momenti diversi può spostare dei suoi punti importanti. Ma credo che tutto può riassumersi in un concetto che si traduce nella parola forza. Forza di vivere, forza di esserci, forza di difendere le cose che per te contano di più. Finché questa forza interiore esiste, poco diventa insuperabile. Tuttavia, è anche questo un sentimento e un approccio alla vita che sei costretto a coltivare ogni giorno. Tu sai che esistono dei valori, dei concetti che contano davvero e il tuo problema diviene davvero quanta forza hai dentro di te per abbracciarli e per viverli fino in fondo anche nei passaggi più difficili della tua esistenza.

Mescalina: Raccontaci una gioia provata durante la nascita dell’album ……. e un dispiacere o rimpianto?

Massimo:  La gioia più grande era nelle discussioni con mio figlio ventenne quando analizzavamo insieme le canzoni che mi uscivano e il suo modo anche di criticarle liberamente oltre che di apprezzarle o amarle. Il dispiacere sta’ sempre in quando hai scritto 20 25 canzoni e decidi che una metà devono star fuori per il giusto equilibrio dell’album. E naturalmente sei in grande difficoltà nel scegliere e sai bene che commetterai qualche errore. Dopo di che, la cura giusta è che per un po’ di tempo non riascolti quello che hai fatto…

Mescalina: Tecnicamente si notano delle ampie aperture al folk con un rapporto percentuale rovesciato rispetto al rock dei dischi precedenti, quale percorso musicale immagini intraprenderà Priviero nei prossimi tre anni?

Massimo:  Perché tre anni? Mah, visto così mi sembra un sacco di tempo..posso arrivare ad immaginarne uno. Credo che questa cifra più folk andrà sempre più ad aumentare e presto o tardi farò quell’album chitarra e voce che annuncio da un po’ di tempo ormai. Ma davvero non saprei dire con certezza. Sono una persona di una testardaggine assoluta in quel che vuole fare e poi fa, ma che spesso non rispetta i tempi che all’inizio cerca di darsi. Anche se a volte questo non dipende solo da me.

Mescalina: Come hai impostato il tour che farà conoscere questo album, teatri, club? Quanto visto all’apertura al Blue Note lascia immaginare che queste dovrebbero essere le location giuste per una resa ottimale, concordi?

Massimo: Teatri soprattutto e qualche buon club scelto con molta cura. Ma situazioni live diversificate. Full band, trio, solo. Mi piace anche adattarmi al posto dove suono affinché la resa del concerto sia la migliore possibile per chi ascolta. E cambiare formula vuol anche dire reinventarsi ogni volta e non ripetere schemi che dopo un po’ diventano soprattutto mestiere. Amo la parte emotiva di quel che faccio molto più di qualunque altra. Molto più del mestiere, anche dopo 25 anni. Il giorno che questa venisse meno davvero farei dell’altro. 

Mescalina: La tua anima però è posseduta dal rock e in quel concerto ad un certo punto (per quanto consentisse quella situazione) hai dato fuoco alle polveri, quanto ti piace ancora, usando un termine che hai coniato tu,  “spadellare” ?

Massimo: Stare su un palco vuol dire anche annullare il tempo che scorre per un paio d’ore. Viaggi nel tuo tempo e nella tua vita senza alcuna scadenza. Passato, presente e futuro che si fondono in quelle due ore. Per questa ragione, tutto quello che ti sale dentro ti vien voglia che prenda forma e se vuoi anche quella parte più “ragazzina” di te stesso a cui non vuoi rinunciare. Perché anche quella è parte di te. Di quel che eri e di quel che sei. Così “spadellare” è anche un modo per tirar fuori quella parte e per dire al tempo che scorre “Guarda, certo che mi hai fregato come tutti. Ma, solo per queste due ore, un po’ ti frego io.” E so’ che il mio pubblico continua ad apprezzare anche questo aspetto. E’ già una buona ragione per non farne ancora a meno. 

Mescalina: Interessante l’inserimento ne tuo nuovo organico della fisa, è in sostituzione del violino, oppure immagini che i due strumenti possano incontrarsi sul palco?

Massimo: In realtà non li ho mai usati insieme con tanta continuità, ma credo che non ci sarebbero problemi, anzi. Tuttavia in questo momento sono molto innamorato della fisa, lo considero lo strumento più giusto per questa commistione di rock e di folk e credo che avrà uno spazio sempre più importante in quel che faccio. E’ la compensazione struggente della parte magari più aggressiva che ti arriva da chitarre basso e batteria. Aspettati che aumenti ancora nei miei live e nei miei lavori in studio.

Mescalina: Hai un rapporto speciale con il tuo pubblico, sei attento a gratificarlo con cadeaux come la bella stampa limitata dell’LP+CD ma ancor di più regalando un eBook sontuoso via mail, quanto vale “la tua gente” per te? Che valore ha per Massimo l’amicizia?

Massimo:  Io sono uno di loro. Io sono semplicemente il “capitano della compagnia“ o il tenente..fai tu. In qualche modo loro suonano con me e in qualche modo io faccio quello che forse loro farebbero. In questa maniera si crea qualcosa di speciale e a volte di intoccabile. Accade che alcune canzoni che scrivo divengano piccoli frammenti anche della loro esistenza. E nulla è più importante di questo. Chiaro che, detto da chi è alla fine un solitario come lo sono io, anche l’amicizia diviene allora qualcosa di speciale, di raro ma poi di inattaccabile.

Mescalina: So che hai in animo di riproporre un bel lavoro di teatro canzone che hai realizzato con lo scrittore e amico Roberto Curatolo, Dall’Adige al Don, era un grande lavoro, ad alto tasso emotivo e valore storico, ci sono buone possibilità di rivederlo a teatro?

Massimo:  Non vedo l’ora che riprendiamo le fila di quello spettacolo. Ho un ricordo meraviglioso delle date che avevamo fatto ed erano state troppo poche per metterci la parola fine. E’ una promessa solenne che ti faccio e che farei a Roberto.

 
Fotografie di Ferdinando Bassi tratte da eBook a cura di Annalisa Balestrieri richiedibile tramite il sito di Massimo:

http://www.priviero.com/iniziativa-speciale.html