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interviste
Mario Castelnuovo MARIO CASTELNUOVO RACCONTA GUARDALALUNANINA. DOPPIO LIVE - CON LIBRO - CHE CELEBRA LA SUA CARRIERA E IL CORAGGIO DELLE DONNE
Gli anni Ottanta sono stati un abbaglio. Sfavillavano di vuoti a perdere musicali quando Mario Castelnuovo si affermava invece con le sue canzoni aliene. Canzoni rarefatte, sbieche, dalla simbologia e dall’aura d’antan (Sette fili di canapa, Oceania). Canzoni da “uomo distante”. Già da allora frequentatore di altri mondi, altre visioni, “allineatore di parole” tra i più capaci del microcosmo cantautorale. Il suo lavoro di questi giorni non lo smentisce. Si intitola "Guardalalunanina" (Azzurra Music), un cofanetto con libro e doppio cd che ne celebra i quasi quarant'anni di carriera. Mario stesso ce lo racconta. Così.
MESCALINA: Il tempo vola: dal Q-Concert del 1982 con Marco Ferradini e Goran Kuzminac a questo Guardalalunanina ci è passata una vita. Un altro live che può autorizzare a un bilancio provvisorio della tua carriera: più le luci o più le ombre arrivati a questo punto?CASTELNUOVO: Ci sono state entrambe, le luci e le ombre, ma erano nel computo. Sono stati trentotto anni di una bella vita. Una vita che mi ha dato la possibilità di capire il prossimo, e quindi, di riflesso, di capire me stesso. La vita è il viaggio, non il punto di arrivo, e il viaggio è fatto di luci e ombre, di cose belle, importanti, banali, è fatto di dolore, è fatto di tutto questo. C’è anche da dire che la felicità ha il sonno leggero. Ci scherziamo sopra ma è così.
MESCALINA: Mi aspettavo più o meno questo tipo di risposta, allora insisto: vuoi raccontarmi l'ombra più cupa fra quelle della tua carriera?
CASTELNUOVO: E' relativa al fatto che oggi i numeri sono anteposti al valore. Un disco funziona solo se fa i numeri e non se è fatto bene. Ho sempre rifiutato questo tipo di lettura. Vale anche per i libri, o i quadri: non è certo il consenso popolare a decretare la bontà di un’opera d’arte, fosse così al posto dei critici mettiamoci i commercialisti che facciamo prima…
MESCALINA: Guardalalunanina è l'unica canzone inedita di questo cofanetto. C’è un motivo per cui il titolo va scritto tutto unito?
CASTELNUOVO: In realtà questa canzone piccina piccina di undici anni fa, doveva rimanere nel cassetto. Così pensavo quando l’ho scritta: è la cronaca di un parto a cui ho assistito e da cui è nata mia figlia, una cosa molto intima, quindi. Negli anni ho riflettuto su come il parto rappresenti la versione meravigliosa della vita, e per estensione restituisca l'idea del coraggio quasi eroico posseduto dalle donne. Il titolo l’ho scritto tutto attaccato perché così l’ho pensato, quando ho visto per la prima volta questo esserino piccolo, appena nato. Naturalmente non vedeva nulla, ma in quella notte di luna a me sembrava la guardasse già.
MESCALINA: Sotto l’aspetto musicale mi sembra tu abbia lavorato per sottrazione. C’è soprattutto la chitarra, c’è la voce, e c’è la musicalità delle tue parole…
CASTELNUOVO: Agli inizi di questo mestiere cercavo di bandire la chitarra ogni volta che potevo. Non era mia intenzione propormi come l’ennesimo cantautore solo chitarra e voce. Oggi invece ritornare agli strumenti acustici mi sembra quasi un fatto rivoluzionario. Sottrarre, inoltre, è molto più difficile che aggiungere, ti costringe ad affidarti in primo luogo all’emozione. In questi due dischi, e nei miei concerti da cui sono tratti, ho voluto riproporre le canzoni così come sono nate. Parlo anche da ascoltatore: non m’importa dei virtuosismi fine a se stessi, intendo emozionarmi attraverso una voce che sia il contrario di quelle da X Factor: tutti perfetti ma alla fine non rimane nulla di nessuno. L’artisticità nasce da altri presupposti.
MESCALINA: La scaletta presenta anche due omaggi. Il primo, ancora ancora, potevo aspettarmelo – mi riferisco al Kuzminac di Stella del Nord - ma la straordinaria Aida di Rino Gaetano, è una gradita sorpresa, mi sembra un autore alquanto lontano dalla tua espressività…
CASTELNUOVO: In una pagina del libro che contiene i due cd ho messo la fotocopia di una locandina del mio primo spettacolo dal vivo che coincise con l’ultimo spettacolo dal vivo di Rino Gaetano. Quella sera si accorse della mia tensione e cercò di tirarmi su. Il fatto che il mio esordio davanti a un pubblico abbia coinciso con l’ultima esibizione di Gaetano mi ha turbato per diverso tempo. L’ho sentita come un passaggio di testimone, per cui anche se le sue canzoni sono molto diverse dalle mie, mi è capitato di suonarne qualcuna dal vivo, quasi sempre Aida.
MESCALINA: Il resto del repertorio dei cd è riepilogativo della tua carriera. A mente fredda, ora che il disco è uscito, c’è qualche canzone che hai lascito fuori e che poteva invece starci dentro?
CASTELNUOVO: Certo che sì. Arrivo a dire che tutte le canzoni che ho lasciato fuori potevano trovare posto in questi dischi. E non perché le ritenga di valore inestimabile, ma perché le penso tutte come parti di momenti che ricordo benissimo. Si è trattato di una selezione emotiva, della voglia di ritornare alla forma originaria con cui sono state concepite. Per Madonna di Venere, per esempio, ho voluto rifarmi al fischio di due note che l’hanno ispirata. Erano le due note di non so quale tipo di uccello che ho sentito su una collina tra l’Italia e la Svizzera.
MESCALINA: Guardalalunanina esce in un elegante cofanetto contenente anche un tuo libro. Non è un romanzo e non è un’autobiografia, se non altro non lo è in senso canonico. Allora cosa?
CASTELNUOVO: E’ l’interno di un diario pieno zeppo di fogli e foglietti. Ci sono dentro i ritratti che facevo dei miei miti giovanili come Gigi Riva o Totò. Ci sono gli acquarelli che disegnavo per strada, per vivere. Ci sono spartiti, ci sono i ritratti dei musicisti che vi schizzavo sopra. E poi ci sono le poesie, ci sono i racconti che in alcuni casi sono diventati canzoni. Insomma il mio mestiere è quello di allineare parole, e questo libro è come un piccolo diario di bordo.
MESCALINA: Per chiudere: data la parsimonia con cui centellini le uscite discografiche, che fai quando non scrivi canzoni?
CASTELNUOVO: Ti rispondo onestamente: certi mestieri pubblici necessitano della capacità di imporsi. Ho sempre trovato difficile adeguarmi a questa regola. Con gli anni ho capito poi che bisogna piuttosto sapersi riporre, e ciò rappresenta per molti una difficoltà ancora più estrema. Per venire alla tua domanda, quando non scrivo, immagino. Immagino una società un po’ più diversa da quella in cui viviamo. Immagino un’Italia un po’ più solidale di quella in cui viviamo. Un’Italia meno impaurita, un’Italia che non applauda durante i funerali perchè i funerali non sono uno spettacolo. Abbiamo ridotto tutto a uno spettacolo. Ecco: sogno un’Italia più vera e più serena e più allegra. E sogno anche che chiunque faccia il mio mestiere si faccia vivo solo quando è convinto di avere qualcosa da dire.