Les Anarchistes

interviste

Les Anarchistes Libertari con stile

04/11/2008 di Massimo Baraldi

#Les Anarchistes

      
  Libertari con stile
      Intervista LES ANARCHISTES

Les Anarchistes. Un collettivo di musicisti libertari con base a Carrara che prosegue oggi sulla strada tracciata da personaggi come Giovanna Marini e Caterina Bueno, recuperando con rigore filologico canti popolari che sono la testimonianza diretta del nostro passato di oppressi, sfruttati o migranti in cerca di fortuna e libertà. La storia insegna, dicono. Suppongo sia vero, a patto però che uno se la ricordi… e, con l'aria che tira di questi tempi, qualche dubbio è lecito. Si sa, cambiano le condizioni, le sorti pure… e alla fine la memoria si arrangia come può.
Un lavoro prezioso, quindi, che è valso all'album d'esordio "Figli di origine oscura" il Premio Ciampi nel 2002 nonché la considerazione di personaggi come Moni Ovadia, Erri De Luca, Antonello Salis, Raiz, il Tuxedomoon Blaine L. Reininger e molti altri, tributata con la partecipazione spontanea ai loro progetti.
Canti anarchici, di scioperanti e mondine. Storie di partigiani e cavatori, riproposte con passione e adagiate su un substrato sonoro generato dalle esperienze dei musicisti che in esso si raccolgono, lasciati liberi di esprimersi col proprio linguaggio: avanguardia, jazz, dub, noise, rock si intrecciano creando un tutt'uno indissolubile e mutevole.
Ospiti della rassegna "Musica in Collina" curata da Giulio Bianchi, incontro Nicola Toscano, Alessandro Danelli, Pietro Bertilorenzi, Cristina Alioto, Max Guerrero e Mauro Avanzini subito prima del loro concerto a Villa Guardia… quella che segue è la fedele trasposizione della nostra chiacchierata, ordinata secondo uno schema rigorosamente anarchico.


MB: I Les Anarchistes sembrano essere strutturati come un vero e proprio collettivo di libertari, capace di accogliere contributi di nuovi artisti e mutare la propria forma di conseguenza. Sbaglio?
NT: Il nostro è un gruppo mutevole, aperto. Pensa a "La musica nelle strade!", il secondo disco: un concept album e 65 ospiti a farci compagnia… un record! Tra questi vorrei ricordare "La Compagnia della Fortezza di Volterra" diretta da Armando Punzo, con cui abbiamo registrato due brani all'interno del carcere e girato altrettanti video per la regia di Antonia Moro. E poi Giovanna Marini, Erri De Luca che ha contribuito con un testo, il jazzista free tedesco Matthias Schubert, Moni Ovadia con "Pishkuli" (il canto yiddish intonato dagli ebrei in marcia verso i forni crematori), Petra Magoni con la rielaborazione della "Ballata di Sacco e Vanzetti" scritta da Joan Baez ed Ennio Morricone, "Il Parto delle nuvole pesanti"… Al disco d'esordio "Figli di origine oscura", invece, hanno partecipato Antonello Salis, Raiz degli Almanegretta, Blaine L. Reininger dei Tuxedomoon e altri. AD: C'eravamo anche noi, eh (ride)!

MB: La presenza di Blaine L. Reininger mi ha colpito in modo particolare… com'è nato il rapporto con lui?
NT: Casualmente. Blaine è molto amico di Alfonso Santagata, il grande regista teatrale, ed era suo ospite a San Casciano, nei pressi di Firenze; noi eravamo proprio agli inizi, gli parlai del progetto e si dimostrò interessato. Ci propose anche un nome, "Anarchici Elettronici". Alla fine optammo per "Les Anarchistes"… ma era bellissimo, specialmente pronunciato da lui alla californiana (ride)! Blaine è un personaggio particolare, vive perlopiù dove suona e se per un po' non ha concerti si ferma dove si trova. La sua base è l'isola di Lesbo e, considerando che Steve Piccolo risiede a New York e Steven Brown nel Chiapas… solo le spese di viaggio, per metterli insieme, sono devastanti! Dev'essere per questo che, come Tuxedomoon, suonano solo nelle grandi occasioni (ride).

MB: La musica può veicolare le idee. In America solo pochi avrebbero sentito parlare di sindacato se Woody Guthrie non fosse stato disposto ad andarsi a prendere delle gran legnate negli assolati campi californiani. Quali sono, oggi, le difficoltà legate alla scelta di collocare la propria creatività all'interno di un discorso dalle precise connotazioni politiche?
NT: Adesso le botte non te le danno più, però non ti fanno suonare. Boicottaggio mediatico, è così che si chiama. Far sentire la propria voce non è semplice.
PB: È paradossale che in questa era iper-tecnologica ci sia difficoltà a inserire un discorso non allineato tra il "pecorismo" imperante… ma più della politica, ci interessa la libertà di espressione, quella che ci garantisce la possibilità di comunicare con chiunque. Non siamo per i discorsi elitari.
AD: Sono sul palco per cantare e trasmettere emozioni, non per preoccuparmi se a recepirle sarà uno di destra, di sinistra o un anarchico… la musica deve superare le ideologie. Il conformismo nell'anticonformismo: questo è davvero il peggio del peggio… girala come ti pare, ma alla fine ti ritrovi sempre con una divisa cucita addosso.
NT: Il nostro progetto ha connotazioni più culturali che politiche. Prima di cominciare a far sul serio abbiamo tenuto un concerto di prova a Torano, un paesino sopra Carrara dove vivono gli anarchici veri, quelli storici, tutti cavatori: è stato un successone. Il nostro discorso avrebbe potuto essere interpretato come il volersi appropriare di una memoria storica, perciò volevamo andarci coi piedi di piombo e valutare la reazione. Be', sono stati proprio loro, con una damigiana di vino stappata davanti al palco, a darci il LA per iniziare l'avventura. Stiamo parlando di gente particolare, vecchi burberi che trincano come bestie e parlano dialetto misto a un italiano incomprensibile... non certo tipi da venir lì con uno "Scusa, l'arrangiamento non mi è piaciuto tanto."! Quelli inveiscono direttamente (ride)!
PB: Fai lo spaccato di un paese e ti rendi un po' conto di come gira. Lassù la gente che lavorava e faceva la vita dura ora si trova a convivere con persone diverse per cultura e abitudini. Fare le cose insieme è lo scopo, il resto non ha senso… tutti contro tutti è un gioco che fa comodo a qualcuno, ma non a noi. L'anarchia è un'utopia e lo sappiamo, ma a noi piace intenderla come un modo di comunicare universale. Stare insieme, scambiare opinioni e crescere puntando a qualcosa di positivo. Fabrizio De André scriveva che l'utopia sarà anche irraggiungibile, ma serve a camminare: se vai in quella direzione, per lo meno non stai fermo.
NT: L'altro giorno eravamo all'Elba, dove già presentammo il nuovo disco in occasione di alcune giornate dedicate alla memoria di Pietro Gori, che lì aveva le proprie origini e proprio a Portoferraio trascorse gli ultimi anni della propria vita. Un signore anziano, un artista, mi disse: "Io non mi posso definire anarchico, per rispetto all'anarchia." È un concetto importante, che andrebbe tenuto a mente.


Foto di Donato Guerrini


MB:
La "Bella ciao!" delle mondine integrata coi versi in dialetto campano di Raiz sembra suggerire che quel tipo di condizione è vivo oggi come allora.
AD: Assolutamente sì.
NT: Abbiamo un forte legame con Napoli e ci piaceva unire il Nord e il Sud in maniera quasi casuale. In "Pietro Gori", il nuovo disco, c'è un rap di Lucariello, sempre degli Almanegretta

MB: Il lavoro che state svolgendo sulla memoria è estremamente prezioso. I nomi di Pietro Gori, Gino Lucetti e Sante Jeronimo Caserio, benché impressi a fuoco nella coscienza anarchica, oggi sono sconosciuti ai più…

AD: Lo sono di meno rispetto a 10 anni fa, anche grazie ai "Les Anarchistes"… spesso però siamo stati accusati di fare i soldi con le canzoni anarchiche. Ci tengo a precisare che ognuno di noi si fa un culo incredibile durante la giornata, abbiamo un'età media di 42-43 anni, c'è chi vive ancora in famiglia e un contributo per suonare non lo si è mai visto. Giriamo in pulmino e lì ci laviamo i denti, conduciamo una vita di un'umiltà impressionante.
PB: Nel Sud si è fatta una grossa operazione con la pizzica e la taranta… però nel Centro e Nord Italia solo in pochi hanno seguito un percorso musicale in grado di ricondurli alle proprie radici. Lo stornello è il nostro blues, solo che gli italiani non se lo filano proprio.
AD: Non siamo soli lungo questa strada, ma altri gruppi hanno optato per la riproposizione fedele degli originali. Secondo noi, nel 2008 non puoi presentare una canzone esattamente come la faceva Giovanna Marini nel 1964… cambiano le orecchie, cambiano i tempi, cambiano le sonorità. Ogni musicista deve avere una propria personalità, noi abbiamo la nostra.

MB: La dimensione della canzone politico-sociale, è rigorosamente acustica, spesso corale, eppure avete optato per un tessuto sonoro elaborato che sa di jazz, dub e avanguardia. Questo ne accresce o diminuisce la capacità di impatto?

CA: Noi speriamo che la accresca, ma nel dubbio abbiamo sempre pronto un set acustico… poi è vero che gli arrangiamenti sono elaborati, ma la melodia vocale rimane incontaminata. Abbiamo vissuto l'esperienza di suonare col pubblico che cantava insieme a noi leggendo il libretto di Pietro Gori, come all'Opera (ride)!
AD: Abbiamo fatto tanti concerti acustici… c'è gente che ci preferisce così, altri in versione elettrica.
NT: Ciò che cerchiamo è un suono di rinnovamento… altri cambiano le melodie mantenendo un arrangiamento simile, ma non apprezziamo questo tipo di cose.
MG: Per rispondere più direttamente alla tua domanda, direi che è esattamente l'effetto che desideriamo ottenere. Rinnoviamo continuamente le sonorità, ma non tocchiamo il messaggio che è posto all'interno, perché è la sola cosa fondamentale. Cantiamo di valori immutati e immutabili, per far capire che è possibile stare insieme in un mondo migliore costruito su basi più democratiche di quelle caratterizzanti uno stato costituito o una democrazia politica.
PB: Dai retta ai media e penserai di aver bisogno di tutto, ti riempirai di cazzate e scoprirai di non avere nulla. All'uomo, in realtà, servono cose semplici, autentiche. Quanto a noi, potremo piacere oppure no, ma è innegabile che abbiamo un nostro stile. NT: Sì, infatti con Caterina Bueno, che ci ha lasciati recentemente e pochi ricordano, all'inizio abbiamo avuto un grande rapporto, almeno fino a quando ha sentito la nostra versione di "Battan l'otto"… non è svenuta per miracolo (ride)!
AD: Stiamo parlando di quella che, con Giovanna Marini, è stata la più grande cantante popolare e ricercatrice degli anni '70: tanti canti, soprattutto toscani, senza di lei sarebbero caduti nell'oblio. Mentre la Marini si è anche dimostrata un'ottima imprenditrice, non si può affermare lo stesso di Caterina. Lo dico in senso buono, sia chiaro. In quale altro modo avrebbe potuto reagire? Fu proprio lei a riscoprire e salvare questa canzone, che pare provenga dagli scioperi delle acciaierie di Terni dei primi del '900, ed era abituata a sentirla per chitarra e voce… non certo orchestrata in quel modo, con Blaine al violino elettrico e Lauro Rossi, che stasera non c'è, al trombone (ride)! Caterina ha comunque superato questa cosa e siamo sempre rimasti in ottimi rapporti.
MG: Il nostro desiderio iniziale era creare un insieme di persone capaci di esprimersi col proprio linguaggio. Mauro Avanzini e Lauro Rossi sono jazzisti, non abbiamo mai voluto che facessero qualcosa di diverso da ciò che veniva loro spontaneo.
MA: Lauro viene dal free e suona nella "Italian Instabile Orchestra", io e lui siamo praticamente le "schegge impazzite" dei "Les Anarchistes" … in questo senso la nostra presenza è un elemento importante e non riscontrabile in alcun altro gruppo, se non forse negli Area.
MG: I "Les Anarchistes" sono l'attuazione di concetti che vorremmo fossero applicati anche a comunità più estese di un collettivo musicale: rispetto della diversità individuale e libertà di espressione. Cose apparentemente slegate possono intrecciarsi e diventare un tutt'uno, noi siamo qui a dimostrarlo.

MB: Le vostre collaborazioni sono aperte anche ad artisti non strettamente legati alla musica, lo dico pensando a Erri De Luca e Moni Ovadia. Atteggiamento interessante, in un mondo in cui le diverse forme di espressione artistica sembrano chiuse a compartimenti stagni.
AD: Tu pensa che per il video "Muss es sein! Music!", visionabile sia su youTube che sul nostro sito www.lesanarchistes.org, abbiamo trascorso una settimana a Volterra. Maria Grazia Giampiccolo, direttrice dell'istituto penitenziario, ha compreso il progetto e grazie alla sua intelligenza abbiamo avuto il permesso di fare un concerto natalizio all'interno della struttura. Non solo, ci ha consentito di lavorare nel teatro del carcere con la quarantina di detenuti che costituisce la "Compagnia della Fortezza" e di rappresentare lo spettacolo in piazza a Volterra. Sono attori straordinari, due anni fa si aggiudicarono il premio come miglior compagnia teatrale europea e sono l'esempio di come possano essere utilizzate le energie dei giovani carcerati.
NT: Quella di unire strategie culturali diverse è una nostra fissazione. La collaborazione con Salis e Raiz, per esempio, non è casuale. Le dimensioni del rock e del jazz italiano sono assolutamente distinte, noi volevamo provare a unirle. Tempo dopo, a Roma, hanno fatto un concerto insieme… vorrà ben dire qualcosa!

MB: C'è voluta la perestrojka perché le canzoni di Vladimir Vysotsky fossero ufficialmente sdoganate in patria, ma ciò non ha impedito al popolo russo di venerarlo come un eroe anche prima di quel giorno. In "La musica nelle strade" avete incluso la sua "Il bagno alla bianca", dedicata ai gulag siberiani. Come mai questa scelta?
NT: Innanzitutto è una canzone meravigliosa e ben tradotta… in più era giusto così. Il disco parla dei "campi della modernità" nella bio-politica contemporanea, c'è sembrato doveroso includere anche l'esempio sovietico.

MB: Cito, dal vostro commento a "Fuochi di parole": "L'uomo non crea più nulla. Si limita a subire. Noi viviamo nell'impero della passività. In questo senso siamo tutti banditi. È nostro compito riprenderci la parola". Che fine ha fatto la parola? E in quale modo possiamo sperare di riappropriarcene?
MA: La parola dovrebbe essere rivolta nel modo giusto, perché purtroppo si presta a mille interpretazioni. Solo la poesia può rimettere ordine tra le parole e restituire loro un vero senso.

Villa Guardia, 21 settembre 2008 ©Massimo Baraldi 
www.massimobaraldi.it