Max Manfredi

interviste

Max Manfredi

04/10/2004 di Simone Broglia

#Max Manfredi#Italiana#Canzone d`autore

Cantautore di razza, simbolo riconosciuto della rinascita della scuola genovese. Dopo tre dischi all’insegna della qualità e un album dal vivo in uscita, chiacchierando con Mescalina, parla di musica, poesia, passioni e progetti futuri …

  

    Interviste:

                   Max Manfredi

Cantautore di razza, simbolo riconosciuto della rinascita della scuola genovese. Dopo tre dischi all'insegna della qualità e un album dal vivo in uscita, chiacchierando con Mescalina, parla di musica, poesia, passioni e progetti futuri …


Mescalina: FINALMENTE ESCE IL TUO PRIMO DISCO DAL VIVO. COME LO PRESENTERESTI AI LETTORI DI MESCALINA?
Max Manfredi: Per chi già mi conosce, un'occasione per incontrarmi "in concerto". Per chi non mi conosce, un modo per avvicinarsi al mio mondo poetico e musicale. Di fronte al quale le reazioni coprono una vasta gamma: dall'ostilità, all'indifferenza, all'interesse blando, all'entusiasmo, all'innamoramento. Agli organizzatori di concerti direi: ascoltate come suonano Max Manfredi e i suoi musici dal vivo e, nel caso, invitateci alle vostre manifestazioni.

Mescalina: HO VISTO CHE E' MOLTO INCENTRATO SUI PEZZI VECCHI, DA "NOTTI SLAVE" A "CENTERBE". COME MAI? NON ME LO ASPETTAVO…
Max Manfredi: Ho preferito rileggere vecchi pezzi fuori catalogo. Finché i miei cd non saranno ripubblicati, posso solo caldeggiare che qualcuno li metta in Internet e li renda scaricabili. Il problema etico della liceità di taroccare scompare, a mio avviso, nel momento in cui diventa l'unico modo per conoscere un' "opera dell'ingegno". Poi in un concerto si fanno brani vecchi e nuovi.
Quando si suona dal vivo bisogna stare attenti alla scaletta, è importante ad esempio alternare un pezzo lento ad uno più movimentato.

Mescalina: COME MAI SOLO ORA ESCE UN TUO LIVE, C'ERANO STATI PROBLEMI IN PRECEDENZA A PUBBLICARE UN DISCO DAL VIVO?

Max Manfredi: Non mi era ancora venuto in mente. Di solito il disco live esce dopo un certo numero di cd fatti in studio. Tre era il numero perfetto.

Mescalina: L'INTAGLIATORE DI SANTI HA RICHIESTO MOLTO TEMPO PER LA REALIZZAZIONE, BEN SETTE ANNI DA "MAX", COME MAI?
Max Manfredi: A dire la verità, la realizzazione ha richiesto non più di quindici giorni. E' stata la preparazione più lenta, e soprattutto non avevo produttori.

Mescalina: IN UNA INTERVISTA DICEVI DI PRENDERE DA CONTE. IO TROVO, FORSE, NELL'UTILIZZO DI RITMICHE AUTOCTONE O IN QUALCHE MODO RICERCATE UNA POSSIBILE VICINANZA …
Max Manfredi: Non credo di avere mai detto di "prendere" da qualcuno, a meno che non si tratti di piccoli furti innocenti. Di solito cito una famosa frase del poeta Eliot, che dice che l'artista maturo non imita, ruba.
E io sì che sarò ancora un po' acerbo, ma debbo ricordare a chi mi considera un epigono (di alcuni cantautori famosi, magari della scuola genovese) che ho cominciato a fare canzoni a tredici anni, quindi, più che epigono, sono e sono stato contemporaneo di molti, e precursore di pochi altri venuti dopo. A questi amanti dell'epigonismo suggerisco di fare una svolta copernicana, e non considerare chi viene dopo come imitatore dei precedenti, ma un precedente come suo precursore! E' un punto di vista paradossale ed interessante.
Quanto a Paolo Conte, è stato citato da un amico giornalista in modo volutamente e simpaticamente provocatorio nei confronti del lettore. Paolo Conte è uno dei cantautori che stimo e ho seguito. Quando ero ragazzo le radio erano poche, non c'erano nemmeno le radio libere, c'erano tre canali quindi se uno sentiva la radio capiva immediatamente ciò che succedeva nel mondo musicale, anche per quanto riguarda i cantautori.
Ricordo di aver ascoltato Ciampi, le prime canzoni di Vecchioni, poi Guccini, Lolli e appunto Conte, il cui successo ha avuto un percorso piuttosto lungo. Per quanto riguarda le ritmiche e le musiche lui va per standard, ma in maniera molto personale; utilizza i ritmi sudamericani o il jazz, io ne prediligo magari altri. Però per entrambi c'è un lavoro musicale e una ricerca, ovviamente con mezzi ben diversi. E un amore per la parola in musica, credo.
Questa è la cosa che mi interessa di più in una canzone. Non essendo io un musicista tout court, nemmeno dilettante, mi piace lavorare alla musica, inventarmela, scoprire l'acqua calda (magari trovare, col mio amico musicista Fabrizio Giudice, delle orchestrazioni per quartetto d'archi che mi ricordano Bach, o certe parti che arieggiano altri musicisti "classici" o moderni), comporre con ritmi dispari o mettere alla prova timbri diversi e giocare con gli arrangiamenti. Perché gli arrangiamenti fanno parte della poetica del testo! Io dico anzi che in una canzone esiste una parte poetica, la musica, e una musicale, il testo.

Mescalina: DAL PUNTO DI VISTA POETICO INVECE DA QUALI AUTORI PRENDI PER CREARE IL TESTO? GOZZANO?

Max Manfredi: Sai, se si parla di canzone hanno ragione i poeti, è un'altra cosa. Non è stato sempre così: ad esempio, nelle canzoni dei trovatori medioevali, musica e poesia dovevano essere strettamente legate. Oggi si assiste al loro divorzio, anzi, spesso la musica non vuole più essere poetica e la poesia non vuole più essere musicale, ed è normale visto che la poesia, più che suscitare emozioni, mira ad essere, spesso, specchio di dimensioni attinenti alla scienza o alla conoscenza. D'altronde è stato così anche in epoche molto antiche. Dante e Petrarca insegnano anche in questo caso. E quest'ultimo si diceva convinto di essere poeta laureato e laureando quando componeva in lingua latina, e chiamava "noccioline", "peanuts", i versi in volgare che ce lo hanno reso immortale!








Posso dire che la poesia contemporanea in genere non mi piace, e per contemporanea intendo dal 1940 in poi. Molto spesso è dignitosa, a volte non lo è. Ma il vero problema, che coinvolge tutte le arti, è che non si può proprio scegliere più di tanto, perché la selezione è tutta esclusivamente dettata dal marketing editoriale. I poeti valorosi e meno isolati oggi si riuniscono in gruppi, in fratrie; consapevoli che la poesia è una passione, più che un mestiere, e forse è giusto così.
Certi insegnamenti di certi maestri, poeti, musicisti o ahimè pubblicitari, possono essere convogliati nella pratica della canzone. Nel mio caso penso di aver aumentato la distanza connotativa tra le parole rispetto alle indicazioni di Gozzano, che usava come si sa più che altro i due registri dell'Aulico e del Prosastico. Io ho a disposizione più gerghi diversi con cui giocare; stando attenti, perchè il prezzo che si paga è poi quello della scarsa comunicabilità. Ed oggi si vive nella religione della "comunicazione " che è in realtà diventata fascinazione … con gli altari mostruosi dell'auditel o dei sondaggi e tutte le mistificazioni a cui dà origine questo tipo di culto …

Mescalina: ANCHE IL MERCATO MUSICALE CREDO RISENTA MOLTO DELLA POLITICA DELLA FASCINAZIONE?
Max Manfredi: E' ancora peggio. La pubblicità, prima di essere fascinazione possibile, è informazione necessaria. Se Max Manfredi non è pubblicizzato, lo conoscono in pochissimi, e il suo prodotto rimane pro-fano, al di qua del tempio, l'edificio dove da tempo immemorabile i mercanti hanno cacciato i cristiani a calci.

Mescalina: PRIMA ABBIAMO PARLATO DI GOZZANO, LA FIGURA CREPUSCOLARE DELL'INETTO A VIVERE RICORRE SPESSO ANCHE NELLE TUE CANZONI. "TRA VIRTU' E DEGRADO" E "TOTO' MERUMENI" POSSONO ESSERE AVVICINATE ?
Max Manfredi: "Totò Merumeni" è biografica (e autobiografica), vi si adombra la storia di un personaggio. Quanto all'inetto a vivere, l'eroe perdente, è figura crepuscolare, ma è anche presente in molta letteratura e cinematografia americana, ad esempio. "Tra virtù e degrado" si sviluppa tramite un io lirico che racconta altro. Forse è più vicina all'inizio de "L'amica di nonna Speranza" per l'accatastamento di immagini, una sorta di catalogo, metodo molto usato da Gozzano e dai Futuristi.

Mescalina: ANCHE IL MANIFESTO DEI FUTURISTI E' FORSE UNO DEI PRIMI ESEMPI DI CATALOGO IN SENSO STRETTO…
Max Manfredi: Sì, con l'aggravante del legiferare. E' una necessità di stampo sadico (e giocoso, finché ci si mantiene nell'ambito del gioco) quella di sovvertire un ordine con un altro ordine perentorio, ma assolutamente arbitrario. Comprende anche un sistema punitivo, o forse autopunitivo, perché il sadico è spesso anche vittima di se stesso. Nel caso del futurismo convive con un opportunismo politico. Artaud, invece, poeta e uomo di teatro, legiferava sulle sue stesse contraddizioni. Oggi solo un coglione potrebbe stilare un manifesto, a meno che non si tratti di un vezzo, di una parodia consapevole (e in parte nel futurismo già lo era).

Mescalina: DA DOVE NASCE LA TUA PASSIONE PER IL MEDIOEVO E LA MUSICA ANTICA?

Max Manfredi: Nasce un po' di anni fa quando, con un gruppo capitanato da mio fratello maggiore, facevamo musica folk. Andando a cercare l'origine sempre più antica delle canzoni si perveniva ad un altro tipo di dimensione che era quella della cultura di corte. Le canzoni dei trovatori, dei trovieri o dei chierici vaganti sono uno degli antenati più riconoscibili della canzone d'autore, quindi mi ci sono affezionato. Poi mi serve per integrare le entrate!

Mescalina: PER ANNI IL MEDIOEVO E' STATO PRESENTATO COME UN MILLENNIO GRANITICO E UNITARIO SOTTO L'ASPETTO ARTISTICO. ORA QUESTO E' STATO SFATATO RISCOPRENDOLO COME PROFONDAMENTE POLICENTRICO. COSA NE PENSI?
Max Manfredi: Premetto che non sono uno studioso, e quindi rispondo a braccio. Da quando è "finito", ciò che arbitrariamente è stato chiamato medioevo ha subito operazioni sempre diverse e funzionali alle mentalità di altre epoche, basti pensare alla fantastica mistificazione operata nel periodo romantico. Questo è anche il suo incanto, incanto che perdura, visto che la Hollywood odierna continua a fare film su Re Artù. Forse l'errore è nel dimenticarsi che erano leggende già allora, fiction con cui ci si divertiva.

Mescalina: COME MAI HAI PARLATO DI MISTIFICAZIONE OPERATA NEL PERIODO ROMANTICO?

Max Manfredi: Mistificazione in senso nobile, come lettura funzionale alla propria estetica. Una sorta di estatico accaparramento!

Mescalina: UNA MITIZZAZIONE …
Max Manfredi: Nei casi migliori sì, fino ad arrivare a risultati poetici struggenti. Nei casi peggiori c'è quella che il mio compianto docente Furio Iesi chiamava la funzionalizzazione del mito, arrivando così alla politica. Ne è esempio tutta la costruzione filomedioevale che ci fu nella restaurazione tedesca dell'Ottocento. Tutte le volte che si cerca un'origine, e la si addita come traguardo, ahimè, o si fa della religione o si mistifica, o entrambe le cose insieme!

Mescalina: ANCHE IL LIED FORSE E' UNA RIPRESA OTTOCENTESCA DELLA CANZONE MEDIOEVALE?
Max Manfredi: Il Lied è una forma di poesia e canzone che appartiene alla musica classica. Nel lied spesso succede che corrano in equilibrio musica alta e poesia alta, ma sempre con l'orecchio rivolto ai temi popolari, altrimenti il lied non ha senso. Gli ultimi esempi eclatanti di Lieder sono quelli di Mahler dove l'equilibrio viene dato da un eccesso musicale straordinario e un testo pregevole ma non eccessivo: l'equilibrio viene sostanzialmente da una frequentazione rigorosa della vertigine, dello squilibrio.
Il Lied è un fenomeno borghese che si svolgeva nei salotti, non era per soli specializzati, era un po' come dovrebbe poter essere la canzone oggi.
Dovrebbe poter esserci spazio per una canzone che abbia questo tipo di ambizioni e di esito. A volte la cosa succede, a volte, invece, non si trova un 'alternativa. La "canzone per tutti" non vuol dir nulla perché tutte le canzoni sono per tutti dal momento che le indirizzi a tutti. "Salutandovi indistintamente", come diceva Totò.

Mescalina: QUALSIASI CANZONE E' ACCESSIBILE A TUTTI?
Max Manfredi: Sì, dal punto di vista della sensibilità, no dal punto di vista culturale e linguistico. Se ascolto una canzone in Islandese non capisco le parole o se sento una canzone con un tipo di musica non mio, a cui sono ostico, posso non capirlo ed esserne anche un po' intimorito, quindi refrattario.
Una volta, durante un concerto a Roma, sentii una ragazza che urlava "Basta, non ne posso più! Mi fai male!" La stessa venne a scusarsi e a farmi i complimenti alla fine del concerto: avevo toccato in lei corde profonde, complice magari qualche birra di troppo (mia o sua)!

Mescalina: COME MAI NELLE TUE CANZONI VENGONO CITATE SPESSO LE CATTEDRALI?
Max Manfredi: Non so perché le nomino spesso, mi sembra una immagine forte, è come quando compaiono in un film.

Mescalina: ANCHE L'UTILIZZO DEI CORI NELLE TUE CANZONI E' FREQUENTE …
Max Manfredi: Mi piacciono molto e mi piacerebbe assumere due coriste, il problema è che le mie canzoni non si prestano. Ci sono autori che ho amato molto, come Leonard Cohen, in cui il coro fa parte dell'estetica, nei miei pezzi è più difficile … così alle volte c'è un accenno ad un coro da osteria che, ahimè, mi è più consono.

Mescalina: A PROPOSITO DI OSTERIE, GENOVA CHE CITTA' E'?
Max Manfredi: Ripida. Genova per me è un posto piccolissimo e a me piacciono i posti piccoli. Il centro come distanza tra le due stazioni è percorribile in venti minuti a piedi quindi Genova, "il centro storico più grande d'Europa", ha i pregi e i difetti di un posto piccolo. Di sicuro c'è un forte legame affettivo visto che è una città che ho girato e rivoltato come un vecchio cappotto.

Mescalina: PERCHE', SECONDO TE, E' UNA "CITTA' DA CANTAUTORI"?
Max Manfredi: Perché "per i ciclisti è micidiale". Oppure, come diceva Gianni Tassio, "è l'aria e la focaccia". Oppure perché a Genova, città silenziosa, parlano tutti moltissimo: se si ha senso musicale e lirico si diventa cantautori, se si ha sense of humour si diventa cabarettisti: o viceversa!

Mescalina: LA SCUOLA GENOVESE ODIERNA HA MANTENUTO LA COESIONE DELLA VECCHIA SCUOLA?
Max Manfredi: Diciamo che la definizione "scuola di Genova" è una stata data dai giornalisti verso i primi anni sessanta, quando Paoli, Villaggio, De andrè, Lauzi, Bindi si trovavano in una sorta di otium e comune legame di amicizia che ha portato a far parlare di "Scuola di Genova".
Ora c'è questo tipo di attività comune fra cantautori, ma le radio non trasmettono più ciò che hai attorno, per cui bisogna mettersi le bombole e andare a cercare di sotto…e sulla qualità del prodotto è tutto da vedere. Ci sono due o tre cantautori genovesi poco noti di cui mi fa piacere ascoltare le canzoni. Diciamo anche quattro o cinque, va'!

Mescalina: AD ESEMPIO ALLOISIO O AUGUSTO FORIN?

Max Manfredi: Alloisio direi che è abbastanza noto, per quanto riguarda Forin mi fa piacere che tu lo conosca. C'è anche un signore che si chiama Franco Boggero che, secondo me, al momento, è uno dei più bravi e originali in Italia. Anche altri andrebbero citati, ma ci vorrebbe un'intervista intera. Su tutti Federico Sirianni e Claudia Pastorino. Anche Alessio Lega (spostandosi da Genova) mi piace, ha fatto un buon disco con i Mariposa, gruppo di sfondamento lirico quasi rumorista che si è mantenuto molto rispettoso del lavoro di Alessio: e dalle loro canzoni emerge una sana malinconia, è come se ci fosse un momento di vuoto, uno iato, fra la musica popolare di un tempo e quella di oggi; e in effetti, c'è, e lì abita il disco di Lega.

Mescalina: ASCOLTANDO "L'INTAGLIATORE DI SANTI" HO AVUTO L'IMPRESSIONE DI ATTRAVERSARE UN RACCONTO DI PESSOA PER IL MODO DI CARATTERIZZARE SITUAZIONI E PERSONAGGI
Max Manfredi: E, insomma, se qualcuno ascoltando il mio cd, tanto per cambiare, invece che invocare ed evocare il nome (e il nume) di De André - a volte anche un po' a sproposito - mi cita Pessoa, io non posso che esserne contento e congratularmi, se non altro per l'originalità. Scherzando uso dire che Pessoa, al mio confronto, era uomo tutto d'un pezzo. Non è vero, era più schizzato di me. In comune abbiamo il rifiuto del plot, questa incapacità di escogitare storie, questo perderci fluviale nelle immagini e nei concetti. Io, con le mie istantanee, lui coi suoi dipinti.
Lui era, dolorosamente, un epico mancato. Io con l'epica ho poco a che fare. Sono piuttosto un lirico che ama sottrarre il soggetto da ciò che scrive. Un lirico frammentario, un reporter invisibile.

Mescalina: MANFREDI È CANTAUTORE, ROMANZIERE, MUSICISTA FOLK, MUSICO E SCRITTORE DI PIECES TEATRALI CONTINUANDO CON PESSOA, CHI DI QUESTI E' MAX E CHI MASSIMO?
Max Manfredi: Questa tra Massimo e Max è una differenza inventata da un amico poeta, Claudio Pozzani; differenza che a volte può avere un fondamento di verità. Io vivo di contraddizioni e forse ho un po' più di lucidità di altre persone nel capirle in tempo reale.
Sono romanziere, ma non ho mai scritto un romanzo vero e proprio, cioè con una trama raccontabile. Ho però scritto libri di prosa (Trita Provincia, per il momento reperibile sul sito
www.liberodiscrivere.it) e filastrocche (Il libro dei limerick, collezione domino vallardi /garzanti, anche lui fuori catalogo; e, sempre con le illustrazioni di Serena Giordano, è in uscita un altro libro-filastrocca su un quadro di Depero il futurista).
Come musicista mi limito alla pratica della musica popolare, leggera ed antica, specialmente medioevale. Ho scritto poesie e teatro, come quasi tutti quelli che scrivono. Sono un mediocre chitarrista, ma dato il basso livello tecnico della media dei cantautori, si dice che suono abbastanza bene la chitarra.
Ultima cosa, vorrei segnalare ai lettori di Mescalina che hanno avuto la pazienza di seguire quest'intervista l'E-mail a cui mandarmi, se credono, le loro lettere:
maxmanfredi@libero.it. Per dialoghi pacati, discussioni civili, polemiche furiose, diffide, sfide a duello (tutt'al più al gioco dei "tocchi"), intelligenti carteggi, divertenti stupidaggini, segnalazioni, informazioni, tresche & nostalgie.

Si ringraziano gli autori delle foto: Andrea Caponeri, Patrizia Biaghetti e Augusto Forin, Ferruccio Mazzucco e Giampiero Orselli.