
Steve
Conte ha un curriculum che comprende collaborazioni con Paul Simon, Willy
De Ville, Peter Wolf, Billy Squier e Willie Nile. Ora è impegnato per
il reunion tour di Simon & Garfunkel
e sarà presto in Italia per aprire a John Mayall. Ma non perdetevi le
sue date da solo
e il disco dei Contes: “Bleed together”.
Interviste:
Steve Conte
Steve Conte ha un curriculum che comprende collaborazioni con Paul Simon, Willy De Ville, Peter Wolf, Billy Squier e Willie Nile. Ora è impegnato per il reunion tour di Simon & Garfunkel
e sarà presto in Italia per aprire a John Mayall. Ma non perdetevi le sue date da solo
e il disco dei Contes: “Bleed together”.
Mescalina: Steve, hai appena pubblicato un disco insieme a tuo fratello e con l’aggiunta come ospiti speciali di tua madre e del tuo nipotino appena nato … detto così, sembra un album di famiglia, come nella tradizione italiana … se non sbaglio, hai origini italiane?
Steve Conte: Sì, la nostra discendenza è italiana al 100%: la famiglia di mia madre è della Calabria e quella di mio padre della Basilicata. Per noi è stato logico far cantare nostra madre sul cd, perché sono state le sue paghe come cantante in un night club jazz a farci crescere e poi è stata lei a spingerci a diventare musicisti facendoci suonare nella sua band.
Mio padre poi era un grande appassionato di musica, ci ha comprato molti dischi e anche la nostra prima batteria e la nostra prima chitarra quando eravamo bambini.
Mescalina: Dai Crown Jewels ai Contes che cosa è cambiato?
Steve Conte: Niente, tranne il nome … ed è davvero azzeccato, perché mette proprio in evidenza chi siamo. Sai, ci hanno sempre chiamato “i Contes”, così, invece di nasconderci dietro un nome di una band, abbiamo pensato che fosse meglio lasciare l’onore al nostro cognome!
E poi credo che oggi la gente si aspetti di ascoltare un suono possente da una band, soprattutto di questi tempi in cui il marketing e l’essere commerciali contano così tanto. Invece, presentandoci come duo (con l’aggiunta di una band alle spalle), siamo più liberi di fare quello che ci piace e che ci viene voglia di fare. Difatti il nostro nuovo cd “The Contes: Bleed Together” è molto vario dal punto di vista stilistico: c’è del rock & roll, della bossa nova, un po’ di soul, lounge, ecc. Gli appassionati di buona musica dovrebbero apprezzarlo, almeno spero.
Mescalina: Nel frattempo tu hai fatto anche molte esperienze come sessionman con artisti come Paul Simon, David Bowie, Peter Wolf, tra gli altri … come è stato lavorare con questi grossi nomi? Raccontaci qualcosa di Simon e Bowie.
Steve Conte: In realtà è stata mio fratello che ha lavorato con Bowie, quindi non è che io ti possa dire molto … invece adesso sto cantando con Paul Simon, questa volta per il suo reunion tour con Garfunkel. Negli ultimi tre anni il mio compito era stato quello di cantare per lui durante le prove in studio. Sono praticamente il suo sosia o il stunt-man vocale, in modo che lui può starsene seduto in disparte, ad ascoltare la band e a far riposare la sua voce quando vuole. Ho dovuto imparare i testi, le melodie e i fraseggi vocali di tutto il suo catalogo, e, credimi, non è stata una cosa da poco. Lui è davvero un genio musicalmente ed è un profondo conoscitore di molti generi di musica etnica, oltre ad essere capace di scrivere testi di grande effetto poetico. Ho imparato tantissimo lavorando con lui … e cantando le sue grandi canzoni con una band davvero incredibile!
Mescalina: … ormai cominci ad avere un nome a New York? Mi sembri molto legato a quello che succede nella city … so che hai organizzato e partecipato a parecchi concerti di beneficenza dopo l’11 settembre, no?
Steve Conte: Sì. C’è appena stato il secondo anniversario dell’11 settembre, una cosa che mi ha fatto riflettere parecchio. Avevo organizzato una serata nell’ottobre del 2001 in memoria della Compagnia 33, Squadra 9 dei vigili del fuoco di New York. Loro erano stati tra i primi a rispondere alle chiamate che venivano dal World Trade Center. E degli undici uomini di quella squadra che offrirono il loro aiuto quel giorno, se ne è salvato solo uno: mio cugino Richie Conte. Per me è stata un’esperienza che mi ha emotivamente sconvolto, quando sono andato a cercare Richie alla loro centrale e ho saputo che quei dieci uomini che si erano lanciati tra le fiamme avevano moglie e figli, alcuni anche dei genitori anziani a carico. Ho subito pensato che dovevo fare qualcosa per dare una mano a quelle famiglie. Le bands che hanno suonato al mio concerto hanno devoluto il 100% dell’incasso e della vendita dei cd direttamente alla centrale dei vigili del fuoco per aiutare le famiglie di quegli eroi che avevano donato la loro vita per salvare quella degli altri.
La serata è stata registrata e prima o poi pubblicheremo un cd, sempre in beneficenza.
Mescalina: Poi so che ultimamente sei stato in tour in Italia con Willy De Ville, un altro “grande”, in ogni senso … come è stato suonare con lui?
Steve Conte: È stata davvero un’esperienza. Willy è da sempre uno dei miei preferiti, quindi in un certo senso ero anche spaventato. Da una parte era magnifico, ma dall’altra sapevo che dovevo prendere il posto di un musicista che aveva fatto parte della band per quindici anni (Freddie Koella, che adesso suona nella band di Bob Dylan). Ma è stato tutto più facile perchè abbiamo suonato in posti incantevoli, incontrato della gente meravigliosa e poi il cibo e il vino … soprattutto in Italia. Già ne avevo avuto un assaggio quando ero stato in tour con Willie Nile nell’estate del 1999 …
Mescalina: … hai fatto anche delle date da solo?
Steve Conte: Sì, ho suonato per la prima volta a Parigi in un piccolo locale che si chiama “The Lizard Lounge”. È stato fantastico. Ho suonato da solo e, anche se non conoscevo nessuno in Francia, ad ognuno dei tre set che ho tenuto quella sera, sono riuscito a tirare in sala la maggior parte della gente che c’era fuori.
Mescalina: Adesso sei in tour con i Contes e stai facendo da spalla a qualcuno?
Steve Conte: Per il momento, ho in ballo un piccolo tour in Italia, dovrebbe trattarsi di suonare in qualche club e di aprire anche per quella leggenda del blues che è John Mayall. Questo verso la metà di novembre nella zona di La Spezia, in Liguria.
I Contes invece hanno appena fatto una grande serata per l’uscita di “Bleed together”. È stato un concerto memorabile con una band fantastica. Oltre a me e mio fratello, c’erano Aaron Comess degli Spin Doctors alla batteria, Andy York della band di John Mellencamp alla chitarra, il tastierista/produttore Andrew Hollander, il batterista di Wille Nile, Rich Pagano e nostra madre, Rosemary Conte, che si fa ancora rispettare come cantanta jazz.
Mescalina: Come sta andando il disco negli Stati Uniti?
Steve Conte: Molto bene finora … siamo abbastanza trasmessi dalle radio, abbiamo avuto delle ottime recensioni e stiamo ricevendo anche molte lodi da musicisti affermati, di grande rispetto, oltre che da produttori che hanno colto l’alta qualità del disco, delle canzoni e delle nostre interpretazioni. È tutto sul nostro sito …
Mescalina: Avete un suono pop molto vario … oltre alla solita strumentazione, usate fiati, archi, sitar, mellotron e così via…
Steve Conte: Certo, noi siamo eclettici! Il nostro scopo era prima di tutto quello di fare un disco che NOI avremmo voluto ascoltare, sia come musicisti che come cantautori. Non come consumatori. Sai, la gente non fa che ingoiare la merda delle case discografiche, delle TV e delle riviste. Ma noi volevamo un disco come facevano le bands di una volta, che non dovevano seguire nessun formato … come il “White album” dei Beatles o “Something/Anything” di Todd Rundgren, non basato tanto sulle canzoni, ma piuttosto sulla varietà di stili e di strumenti, eppure con il suono di un’unica band. A questo proposito molte idee ci sono venute a forza di lavorare col nostro produttore Andrew Hollander.
Mescalina: Sembra quasi un’attitudine di stampo psichedelico! Ci sono una certa follia e molta libertà nel vostro approccio al pop-rock …
Steve Conte: Bè, grazie: noi cerchiamo sempre di rimanere il più fuori possibile! Così anche la vita è più divertente … e poi abbiamo un orecchio che è per natura psichedelico. Devono essere stati tutti quei dischi degli anni ’60 che i nostri genitori tenevano in casa. E poi ci sono anche un po’ di gruppi inglesi che ci piacciono come XTC, Radiohead, Beatles, Small Faces, Humble Pie, Stones, Police, ecc.
Mescalina: “Bossanova sunday” mi ha davvero colpito: come siete arrivati a mescolare la bossanova con violini, flauto e scat?
Steve Conte: Avevamo scritto quella canzone per descrivere quelle feste piene di musica che i nostri genitori organizzavano quando eravamo più giovani. Di solito suonavano dischi pieni di soul come quelli di Sergio Mendes, di Burt Bacharach o di jazz con molti archi. Avevamo in mente questa atmosfera molto anni ’60.
Per quanto riguarda le parti cantate, siamo solo io e mia madre, che facciamo quello che ci viene più naturale!
Mescalina: Anche questo disco è stato pubblicato dalla Thunderdog Recordings, che è la tua etichetta … Come va? Vi occupate anche di altri artisti?
Steve Conte: La Thunderdog Recordings era nata dall’idea di avere un’etichetta tutta nostra, solo per noi, ma ora mi trovo a ricevere dozzine di nastri e cd di gente che vuole che io produca i loro dischi. Il fatto è che io non posso chiedere dei soldi a qualcuno se non amo le sue canzoni o se non credo nel suo talento. Mi sono messo a raccogliere tutte le canzoni dei Contes, che, per un motivo o per l’altro, non usiamo, e, se un giorno, dovessi trovare qualcuno con una grande voce che vuole registrare un disco, ma non ha canzoni - ecco! - potremmo fare qualcosa!
Mescalina: In generale avere una propria etichetta e cercare una produzione/promozione indipendente sembra una delle poche vie d’uscite alla cosidetta crisi della musica … molti artisti si stanno orientando in questa direzione, che ne pensi?
Steve Conte: Sì, in realtà musicisti e compositori avrebbero dovuto cominciare a fare da sé già da parecchio tempo. Le case discografiche hanno temuto a lungo che ciò potesse accadere. Quello che loro ti offrono sono soldi, contatti per tv/radio/riviste e pubblicità. Sanno che i musicisti non hanno la più pallida idea di queste cose e che sono attratti dalla possibilità che qualcuno le faccia per loro.
Quando penso che noi abbiamo speso venti volte di più per registrare il nostro primo disco con una major che per fare questo nuovo cd, mi sento male … e questo disco è venti volte meglio!
Mescalina: A guardare la tua carriera e ad ascoltare la tua musica, sembra che tu voglia suggerire un concetto di musica libero dai generi, dalle etichette e da qualunque strategia …
Steve Conte: Lo spero … perché diavolo non possiamo essere liberi e fregarcene di tutto? Scherzo. A me piace suonare, cantare, scrivere e registrare la mia musica, ma alla stessa maniera mi piace suonare con altri artisti, di cui rispetto il lavoro. Il mio obiettivo è di continuare a fare entrambe le cose…
Mescalina: Progetti per il futuro?
Steve Conte: Dopo che avrò finito di suonare con Simon & Garfunkel, ricomincerò a fare concerti con i Contes lungo la East Coast e spero anche in Europa!
Mescalina: Allora spero di vederti presto in Italia, con la tua band!
Steve Conte: Certo, e per maggiori informazioni sul mio tour in Italia potete visitare il mio sito (www.thecontes.com) oppure quello del mio promoter: http://www.muv.it/jux_tap.htm. Vorrei solo aggiungere un’ultima cosa sul tour con Willy De Ville: abbiamo suonato in molti paesi europei e devo dire che il pubblico migliore lo abbiamo trovato in Germania e in Italia. Certamente, il mio cuore batte più dalla parte degli italiani, perché lì sono le mie origini, ma è innegabile che in voi si sente più passione. Gli italiani amano e apprezzano l’arte, la musica e la creatività. E queste sono le persone che mi piace avere vicino. Se riuscissi ad avere il pieno controllo del mio successo, di sicuro vorrei sviluppare la mia carriera in Europa e vivere in Italia, per godermi la vita come voi sapete fare.
Pace e amore a tutti - Steve Conte.