Zerocalcare Quando muori resta a me
Bao Publishing, 2024, 304 pagine, 24 euro Narrativa Italiana | Romanzo | Graphic novel
21/05/2024 di Laura Bianchi
Lo seguo dall'inizio, e posso testimoniarlo: ogni volta è stata una conferma, e quella combinazione cresceva di pari passo con la sua popolarità. Così, ogni sua uscita suscita in me un duplice interesse: voglio conoscere il suo punto di vista sulla contemporaneità, ma anche capire se quella combinazione persiste, e cresce.
È il caso dell'ultima sua graphic novel, la più ambiziosa, ma anche, e non paradossalmente, la più umile: Quando muori resta a me, in cui "l'ultimo intellettuale" (cit. L'Espresso, anche se lui smentì: “Tutte le volte che in vita mia mi hanno chiesto se sono un intellettuale ho sempre detto di no”) di Rebibbia affronta, analizza e supera l'eterna tensione tra pubblico e privato, dimostrando che il primo viene ricompreso nel secondo, se questo è autenticamente raccontato.
In mezzo a tanti "accolli", Rech ha fortemente voluto, e trovato, il tempo per affrontare un nodo cruciale dell'esistenza, propria e altrui: "nell'imminenza dei quarant'anni" (come scrive Luzi in una splendida poesia), riflette sulla paternità, in tre accezioni, in un viaggio anche metaforico col Genitore Due, il padre.
Tre accezioni, si diceva: quella familiare, alla scoperta di una figura che, nella narrativa dell'autore, era sempre rimasta sottotraccia; quella autobiografica, nella propria decisione di non avere figli; e quella simbolica, nella relazione con il passato politico e ideologico dei padri, della generazione che " ha fatto il Sessantotto". Un viaggio dentro di sé, in cui il disegnatore, sperimentando anche tecniche molto differenti da quelle conosciute - e comode, quindi meno attraenti ai suoi occhi -, trascina anche il lettore, mettendosi a nudo, ancora più del solito, con tutte le idiosincrasie, le incertezze, ma anche gli ideali e i valori che, nel passo del tempo, non lo abbandonano mai: l'impegno civile e sociale, l'attenzione per gli ultimi e per l'ambiente, la cura per i rapporti interpersonali.
L'avatar di Zerocalcare, divenuto, negli anni, perfino un pupazzetto, è qui messo in crisi, letteralmente smontato e ridisegnato, da un Michele Rech allo specchio dei propri anni, che si confronta col passato non solo dei propri genitori, separazione e conseguenti traumi sottaciuti compresi, ma anche dei loro amici e antenati, per recuperare uno scorcio di passato e di storia, sia minima, sia massima, dalle inimicizie nate in un paesino delle Dolomiti (da cui proviene la famiglia paterna) e dalle incomprensioni tra i genitori, fino al primo conflitto mondiale e agli anni di piombo.
Un'opera che sarebbe scontato definire matura, tanto è sorprendente, su molti livelli: tecnico (osservare le pagine dedicate al flash back dei primi anni del Novecento per capirne la novità), narrativo (l'intersecarsi dei piani e il grande spazio assegnato alla pluralità dei punti di vista) e contenutistico (i messaggi a più direzioni, che colpiscono nel segno, alternando ironia, autoironia, sarcasmo, emozioni e commozione autentica).
Il piccolo Michele, che canta Extraterrestre di Finardi sull'auto dei genitori, inconsapevole e felice, diventato l'artista che tutti credono di conoscere (ma stavolta un po' di più), forse non troverà mai "er Duolingo delle emozioni" con suo padre, ma è riuscito a diventare un uomo che ha fatto pace con le "fratture scomposte che si so' calcificate storte", e sa il valore della memoria. E noi ci proviamo, emozionandoci con lui. Felici di essere suoi contemporanei.