Wu Ming

Wu Ming L`invisibile ovunque


Einaudi, 2016 Narrativa Italiana | Romanzo

07/01/2016 di Corrado Ori Tanzi
Non celebrare il centenario della Grande Guerra con un libro che ne racconta quattro storie private, tra narrazione pura e memorialistica in stile mockumentary. La letteratura storica che va oltre il romanzo storico, forzato e deformato per arrivare a un ulteriore passo nella direzione della sperimentazione narrativa che il collettivo di scrittura Wu Ming (ex Luther Blisset Project) mostra sin dai suoi esordi con Q nel 1999.

L’invisibile ovunque parte da una frase dello scrittore francese Jacques Vaché, secondo cui “niente uccide un uomo come l’obbligo di rappresentare una nazione”. Le voci delle storie che compongono il libro (tra cui lo stesso Vaché) sono l’humus con cui i personaggi resistono all’orrore della guerra, ideando e realizzando tecniche strategiche di sopravvivenza varia, perché lo scopo può anche richiedere prove al limite del surreale, perfino evaporare la propria fisicità.

Il luogo geografico parte dall’Italia, Appennino emiliano, e si sposta in Francia. C’è chi ci si butta anima e corpo attento però a evitare la vita di trincea arruolandosi negli Arditi e diventando una baionetta vivente buona a ogni futuro uso per il Potere, c’è chi simula una follia regalandosi anima e corpo a un istituto psichiatrico pur nella consapevolezza che quel giochino lo potrà davvero consegnarlo alla pazzia. Qualcun altro si dedica a modificare il senso della realtà, praticando il paradosso per non farsi toccare dalla psiche umana e organizzando fantasmagorici piani per dichiarare a sua volta la guerra a chi ha reso possibile questo abominio. Oppure la soluzione migliore è quella di chi ha perfezionato l’idea di mimetizzarsi dentro un’invisibilità che rende inutile, se non proprio impossibile, il farsi fuori a vicenda.

Quattro storie e quattro linguaggi (collettivi) differenti. Il classico Primo potrebbe essere stato partorito dalla penna di Fenoglio, se non da quella di Pavese, Secondo ha il battito della commedia degli equivoci tra psichiatri e idioti, crossover che monta insieme rivelazioni di documenti falsi, dialoghi e citazioni da altre storie, Terzo è il regno di André Breton e Jacques Vaché, definito con gli estremi di un profilo saggistico che fa sposare lo storicamente accertato a ciò che, offerto come altrettanto storico, è il frutto di un fantastico camouflage e infine Quarto omaggia Borges, con un saggio in cui scovare ciò che è vero da ciò che è falso si rivela sterile esercizio di stile.

Un non-romanzo dunque, ma pur sempre uno scritto di un’uniformità adamantina. Perché, scomposta fino al suo atomo primo, è questa la guerra. L’esaltazione più incontrollata del Non. Il non-visibile che azzera tutto.


Wu Ming – L’invisibile ovunque, Einaudi, 216 pagg., 17,50 euro

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