William Goldman

William Goldman La principessa sposa


Marcos y Marcos, 2007. trad. Massimiliana Brioschi, pagg. 329, euro 18 Narrativa Straniera | Fantasy

28/12/2023 di Valeria Di Tano
William Goldman, La principessa sposa

C'è un'immagine del bambino interiore, quel lato della personalità che in ogni adulto tiene vivo il senso della scoperta, della magia e della meraviglia, ancora in contatto con gli anni dorati e spensierati dell'infanzia e che riesce a restare incontaminato dalle costrizioni sociali. È una parte preziosa e delicata, che va nutrita con la leggerezza di calviniana memoria, il godimento di piaceri semplici, con la lettura di un romanzo come La principessa sposa.

Quando William Goldman lo scrisse, esattamente cinquant'anni fa, era già lo sceneggiatore premiato con l'Oscar per Butch Cassidy di George Roy Hill: un western che sarebbe diventato un classico destinato alla Storia del cinema e alla memoria di intere generazioni. Dentro di lui però se la spassava un bambino con gli occhi grandi, una fantasia selvaggia e una sfrenata voglia di inventare una storia di quelle che lasciano a bocca aperta, che fanno sognare, surreali e fantastiche.

Un po' ce lo vedo, lo scrittore di origini ebraiche, nato alla periferia di Chicago, che avrebbe scritto per Paul Newman, Clint Eastwood, John Travolta e tanti altri, che avrebbe raccontato storie di frontiera, fantascienza e horror, trame politiche e militari, che alla scrivania sorride sornione e divertito, davanti alla pagina che si riempie di vicende rocambolesche e avventurose.

Perché questo è La principessa sposa: una favola per ragazzi, una commedia che è storia d'amore, ma soprattutto grottesca avventura. La mano da sceneggiatore di Goldman trasforma in romanzo quel tono ironico e spavaldo capace di affascinare i bambini e sedurre gli adulti, che nel cinema rende leggendari  i personaggi, da James Bond a Indiana Jones, solo per citarne due famosissimi. È la porta di un mondo irreale, ma credibile, nel quale le regole adulte lasciano il posto a una malia primitiva e ingenua, capace di trascinare ovunque.

Al centro della storia, l'amore contrastato di Buttercup e Westley, una lattaia e un garzone, separati da un destino infausto, che porta lei tra le braccia di un principe malvagio e lui sulla nave di un feroce pirata. Ed è qui che il genio di Goldman comincia a fare vittime e a stregare il lettore: mentre segue con premurosa attenzione gli schemi più tradizionali di ogni favola, allo stesso tempo, con una malizia sottile ed elegante, li sovverte e li rivolta, facendo sparire e riapparire, morire e sopravvivere i suoi personaggi, in una girandola di colpi di scena che appiccicano letteralmente alla pagina.

Non mi stupisce che questo romanzo, idealmente scritto per un pubblico giovanissimo, sia diventato, per la generazione che oggi sfiora i cinquant'anni, una specie di feticcio: d'altra parte contiene tutto ciò che ci è servito per attraversare indenni (o quasi) gli anni Novanta e lo spauracchio del Duemila. C'è del romanticismo, ma disinnescato da una quota considerevole di cinismo; della satira, resa innocua dalla goffaggine dei finti eroi che lo popolano; una comicità irriverente e scorretta, alleggerita da uno strato di tenerezza disarmante.

La scrittura di Goldman è assolutamente al servizio di tutto questo bendidio: ricca, colta, giocosa, appuntita come una matita ben temperata, la stessa matita dalla quale sembrano uscire tutti i personaggi, risultato di un tratto ripassato più volte per essere ben chiaro e di cui la mano poi si è fatta beffe, soffermandosi ad accarezzarlo, sfumandolo disordinatamente al contatto tra la pelle e la carta.

È un piacere vero quello che deriva dalla lettura, proprio per via di questa sfocatura: perché tutto può essere e può accadere, come quando si gioca da bambini, come quando una voce che amiamo ci racconta una storia. E, se la amiamo davvero, non ci importa che la stia leggendo o inventando.

Basta che sia una bella storia.

Menzione speciale, nell'edizione del 2007 di Marcos y Marcos, alla prefazione di Cristiano Cavina e alle ultime parole del romanzo, nella traduzione di Massimiliana Brioschi: “Non sto cercando di demoralizzarvi, cercate di capire. Voglio dire che penso veramente che l'amore sia la cosa più bella del mondo, dopo le pasticche per la tosse. Ma devo anche dire, per l'ennesima volta, che la vita non è giusta. È solo più decente della morte, tutto qui”.