Vasco Pratolini

Vasco Pratolini Cronache dal Giro d`Italia (maggio - giugno 1947)


Edizioni La vita felice 1995 128 pagine Classici | Narrativa Italiana

21/11/2020 di Luigi Lusenti
Una chicca trovata per caso: il commento al Giro d'Italia del 1947 di Vasco Pratolini. Sì,  l'autore di Cronache familiari, di Cronache di poveri amanti, di Metello, uno dei massimi scrittori della corrente del neorealismo, andò a un giro e scrisse ogni giorno un pezzo di colore. Non fu il solo fra i grandi letterati a seguire la Rosa. Lo fece il poeta Alfonso Gatto, lo fece Anna Maria Ortese che riconobbe di avere preso spunto proprio da Pratolini per i suoi articoli. Lo fecero Achille Campanile e Giovanni Mosca. Cronisti d'eccezione che scelsero la strada per raccontare non lo sport ma l'Italia che seguiva lo sport.

L'Italia umile del primo dopoguerra, senza televisione, abbarbicata in massa su un tornante per vedere le maglie di Coppi, di Bartali, di Fiorenzo Magni. Intere famiglie che organizzavano i picnic al bordo dell'asfalto, attendendo per ore che passasse, come dice Pratolini, il "Circo Barnum" della pedalata. Un "Circo" legato a una foratura, a un passaggio livello abbassato e una lenta locomotiva a fermare i fuggiaschi o gli inseguitori. Vecchi "palmer" avvolti al torace dei "girini", le levette dei cambi ancora sul tubolare, la sacca col rifornimento in spalla.

Oggi un "Giro" si gioca sui secondi, all'epoca contavano le ore. E da nord a sud dell'Italia tutti in attesa per quei pochi attimi di gloria riconoscendo il proprio campione. Una Italia povera, stracciona, umile che si fa raccontare dalle parole di Vasco Pratolini. E che emerge anche dalle figure dei "girini": uno per tutti "l'affamato" Corrieri che arraffa più premi di tappa che può, anche salumi e bottiglie di vino, e li spedisce a casa, nel suo sud, alla sua numerosa famiglia. Così gli spettatori si lanciano anche loro a raccogliere quello che viene gettato dalle macchine degli sponsor: lamette da barba, forcine per capelli, caramelle e biscotti. I campioni ci sono in queste "cronache di povera gente" ma sempre come comprimari.

Il "Giro" diventa la gente italica diversa ma uguale in ogni paese, in ogni strada. Cambia invece il panorama di questa nostra Italia: il mare liguere, la pianura emiliana, i colli toscani, la confusione romana, l'arido e dimenticato sud, le Dolomiti. Andata e ritorno da a Milano, come a dire la "capitale morale" la città a cui aggrappava un paese nel suo disperato bisogno di speranza. Se il servizio militare ha fatto gli italiani, il "Giro" ha fatto l'Italia, trascinandola fuori dal periodo più buio della sua storia e mettendola sulle ruote a correre verso il miracolo economico.

Ovviamente due ruote, quelle della Legnano, della Bianchi, dell'Atala.


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