Thomas Jerome Seabrook

Thomas Jerome Seabrook Bowie, La Trilogia Berlinese


Arcana, 2014 Musica | Biografie

01/10/2014 di Corrado Ori Tanzi


Un paranoico, un maniaco depressivo che dall’altro capo del mondo telefonava alla moglie Angie (sì quella cantata da Mick Jagger nell’omonima canzone) dicendole terrorizzato di essere stato sequestrato da uno stregone e due streghe con cattive intenzioni. Uno dei musicisti più all’avanguardia, spesso in anticipo sui tempi, fonte d’ispirazione per un intero genere musicale.

David Bowie nel biennio 1977-1979 si trasferì a Berlino col suo amico Iggy Pop. Una nuova vita per sé e per l’Iguana, che aiutò artisticamente (e non solo) giocando su più piani. Se ne andarono a vivere a Shöneberg, un quartiere popolare se non proprio povero, affittando un appartamento modesto per condurre un’esistenza anonima e semplice. I due si mettevano in cammino a esplorare la città perdendosi tra le sue direttrici e vicoli, passando ore in negozi di dischi, gallerie e bar, e osservando come conducevamo la vita i berlinesi anonimi come loro.

Il biennio della celeberrima trilogia berlinese: Low, “Heroes”, Lodger. Il libro di Thomas Jerome Seabrook, Bowie – la Trilogia Berlinese, racconta quegli anni come meglio non è mai stato fatto. Con un pre e un post, per incastonare il periodo nella sua più consona bisettrice. E puntualizza passaggi su cui la Storia ha adagiato una sua verità di comodo.

Come quella che vuole la trilogia a firma Bowie-Eno, quando la paternità dovrebbe per lo meno aggiungere la firma di Tony Visconti, vera anima insieme a Bowie del progetto in cabina di produzione, mentre l’apporto di Brian Eno fu ben più sporadico. Oppure quella che vuole “Heroes” (la canzone) inno alla speranza per cui ciascuno può sperare di diventare Re o Regina anche se solo per un giorno, quando invece la canzone prende spunto dagli incontri clandestini all’ombra del Muro tra Visconti e la corista Antonia Maass, beccati dallo stesso Bowie (che tenne la cosa segreta per venticinque anni) per dire che al massimo l’essere umano può essere contento di essere vivo, senza ambire ad altro.

Seabrook spiega come quest’artista protiforme, intuitivo, precursore e sperimentatore è anche un musicista tecnicamente dotato riuscendo a creare un’interazione melodica tra la sua insuperabile voce e la strumentistica cuore pulsante dei pezzi. Come con Low cambiò la sua scrittura, che abbandonò i racconti elaborati per pennellate liriche brevi, veloci, oblique, come portò alla luce la sua schizofrenia e le sue psicosi per creare un suono crudo, oscuro, a tratti nerissimo (le grandiose Warszawa e Subterraneans, per non dover ripetere la title track del secondo titolo della trilogia).

Oscuro, gelido, bloccato a un centimetro dall’abisso. Ma sempre umano, troppo umano.

Thomas Jerome Seabrook, Bowie, La Trilogia Berlinese, Arcana, pagg. 290, euro 17.50

 

Corrado Ori Tanzi - lo si trova anche su:

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