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Teodoro Lorenzo Rimpalli
Voglino Editrice, Collana Essere, 2024, 104 pagine, 14 euro Biografie | Società | Sport
12/02/2025 di Valerio Corbetta
Le considerazioni tattiche, a chi è interessato alla parte “sul campo”, Teodoro Lorenzo le infila nel penultimo capitolo del suo Rimpalli, quasi interamente dedicato a ridimensionare, anzi a rendere piccolo piccolo, il mito di Arrigo Sacchi. Dodici pagine che riassumono quello che per l'autore è l’essenza del calcio, paradigma della vita, e che nelle 188 precedenti ha fatto comparire qua e là, nascosta dietro i racconti di uno spezzone di esistenza trascorsa con una sfera tra i piedi, fino a quando ha capito che giocare pallone e giocare a calcio sono due attività totalmente differenti e che la seconda non era più cosa per lui. Di mezzo si infila il destino che beffardamente si frappone tra il lieto fine e la dura realtà, rappresentata da una bandierina alzata che cancella la gioia più grande, effimera e destinata a durare lo spazio di pochi secondi. Che l’autore espande fino a trasformarla in “Rimpalli”.
Teodoro Lorenzo è stato calciatore professionista tra le giovanili della Juventus e le esperienze a Ivrea e ad Alessandria: e, in questo romanzo autobiografico, la sua descrizione di come ha vissuto quegli anni è uno spaccato di un mondo che appare lontanissimo dal calcio moderno, a dispetto di un gap temporale che in realtà è racchiuso in pochi decenni, visto che i tacchetti sotto le scarpe li teneva avvitati (allora funzionava così) a metà anni ’80. Ma il racconto non si limita al rettangolo di gioco, tutt’altro. Parte da quando il suo mondo era “la piazzetta” del quartiere popolare di quella Torino che scopriva da adolescente a fianco degli amici di sempre. Una città che viene descritta nella sua essenzialità, con cenni storici e analisi sociologiche che a tratti trasformano il libro in un saggio, punteggiato di (auto)ironia e leggerezza; anche nel presentare temi importanti che rendono bene l’idea dell’animo di chi vive nel capoluogo piemontese, col suo carico di storia (meravigliosi gli aneddoti su genesi e tipologia dei monumenti sabaudi), tradizioni, abitudini dure a morire. Il lavoro duro di chi è una rotella dentro il grande meccanismo dell’industrializzazione made in FIAT, i palazzi che trasformano la periferia mangiando spazi alla campagna fino a inglobarla nella città, la scoperta del mondo da parte di un ragazzino che sta per diventare uomo e conosce un “secondo padre”, quello che non ritroverà più quando il pallone si trasformerà in calcio.
Ed ecco allora Lorenzo discernere sulla differenza tra Pelé (che giocava a calcio) e Maradona (che giocava a pallone), aprendo e chiudendo immediatamente una discussione su chi dei due possa essere considerato il migliore. Non c’è paragone, siamo su due piani totalmente disassati. Chi sta su uno non può stare anche sull’altro. Così come Mario Pedrale è megli’ e Arrigo Sacchi.
Poi ci sono i “rimpalli” del fato, a stabilire come va a finire la storia. Ma i princìpi sono ben chiari e rimangono. Con l’accento sulla seconda “i”, altrimenti crolla tutto.
Teodoro Lorenzo, nato a Torino 4 marzo 1962, prima di diventare avvocato ha militato nell’Alessandria Calcio, dopo la trafila nelle giovanili della Juventus. Ha scritto: De vita beata, Campus Marie Curie, Pensieri di carta (Edizioni Progetto Cultura); Saluti da Buenos Aires, Le streghe di Atripalda (Bradipolibri). Con il romanzo Il diavolo suricilllo (non ancora pubblicato) ha vinto il secondo premio del 52° Concorso Nazionale per il Racconto Sportivo del CONI.