Stig Dagerman

Stig Dagerman Autunno tedesco


Iperborea, 2018 Narrativa Straniera | Romanzo

30/03/2018 di Corrado Ori Tanzi
Nell’immediato dopoguerra furono molti, tra scrittori e cronisti, a soggiornare per qualche tempo in Germania per raccontare la lotta per la sopravvivenza del popolo tedesco dopo la caduta del regime nazionalsocialista. Tra questi Stig Dagerman, romanziere, antinazista, coniugato a un’esule anarchica tedesca, Annemarie.

Vi arrivò il 15 ottobre 1946 e ripartì per la Svezia il 10 dicembre, quasi due mesi nei quali si immerse in autentico tour toccando nell’ordine Amburgo, Berlino, Hannover, Düsseldorf, Essen, Colonia, Francoforte, Heidelberg, Stoccarda, Monaco, Norimberga e Dramstadt. Le sue cronache vennero pubblicate dall’Expressen e presto raccolte in un volume ora a disposizione del lettore italiano grazie a Iperborea, che le propone con il titolo Autunno tedesco.

Scritti giornalisti dunque, di un non giornalista. Testi che colpirono per la loro asciuttezza, la descrizione profonda e mai sentimentale, il giudizio acuto e mai scontato. Dagerman racconta dei treni che trasportano i profughi dall’Est verso l’occidente, straccioni indesiderati che si accalcano nelle stazioni ferroviarie dentro le quali si aprono varchi maleodoranti in cui ripararsi, portatori di fame e delinquenza al dettaglio e, per il rovescio della medaglia, strumenti esemplari per avere a buon mercato nuovi poli a cui destinare il sospetto e la diffidenza di chi, nella scala sociale, si era accomodato giusto un gradino più in alto.

Dagerman, tra una popolazione che cammina nell’acqua alta, dorme gelata su letti senza coperte e cerca di accendersi un fuoco con rami umidicci tolti agli alberi bombardati, ci dice che il nazismo in quella realtà è più vivo che mai in quanto mai associato con il concetto di fame, orco che si sta divorando un’intera nazione. E ci dice che, al contempo e al rovescio, i cinema e i teatri sono strapieni, e i dancing invece pure. E che se non si riesce ad andare a teatro, la recita la si ricrea attraverso gli Spruchkammer, i processi di denazificazione affollati di pubblico in cui il singolo imputato è sempre il personaggio principale con giudice e avvocati come coprotagonisti.

Il resto è la rovina di una generazione che a diciott’anni ha conquistato tutti e a ventidue ha perduto tutto, immoralità etica e sociale a cui si dedica con la benedizione degli uomini di chiesa perché permette di portare la pellaccia nel proprio rifugio e tornar fuori con la nascita del nuovo giorno. Ex prigioni della Gestapo occupate come alberghi a cinque stelle perché sicure e abbastanza spaziose per famiglie di nove persone dipendenti dal mestolo della donna che gira e gira la sbobba che un minimo di fuoco permette di cuocere in un pentolone.

La Germania presto sarà nuovo esempio di ricchezza, senza piani Marshall con cui farla partire. Ma rimettersi in piedi e camminare sui propri piedi fu decisamente un atto di un popolo che sì in quel caso seppe essere eroico. L’eroicità dei gesti normali che il Terzo Reich aveva cancellato, ossessionato a forgiare un uomo super che, grazie a Dio, non ebbe lunga cittadinanza in Europa.

 

Stig Dagerman, Autunno tedesco, Iperborea, pagg. 160, 16 euro