Stefano Solventi

Stefano Solventi the Gloaming. I Radiohead e il crepuscolo del rock


Odoya, 2018, pp. 332, euro 20 Musica

03/03/2019 di Tiberio Snaidero
A Stefano Solventi il coraggio non manca. Scrivere la biografia musicale dei Radiohead, uno dei gruppi più significativi degli ultimi decenni, suona come un progetto che richiede conoscenze, impegno ed energia, non vi pare?  Non molto meno di quelli che si impongono a chi abbia l'ambizione di dar conto e di far l'esegesi della musica popolare degli ultimi venticinque anni, quella che va dal 1993 al 2018. Solventi deve essere un tipo ansioso: attanagliato dall'angoscia di non riuscire, per qualsivoglia ragione, a portare a termine entrambi i progetti - magari mentre lui scriveva dei Radiohead, qualcun altro si occupava del rock del nuovo millennio, o viceversa - ha concepito e realizzato la pazza idea di trattare entrambi i temi in un unico tomo. I rischi di produrre un pastrocchio c'erano eccome, a partire dall'impianto da dare all'opera, che avrebbe potuto suddividere gli argomenti in modo dicotomico, lasciando l'impressione di due grandi temi affiancati nel medesimo volume senza una connessione diversa da quella pretestuale. O, al contrario, di ostacolarsi l'uno l'altro, frustrando sia l'appassionato della band di Thom Yorke che il lettore in cerca di aggiornamento sugli sviluppi recenti del genere più amato. Possiamo affermare con cognizione di causa che Solventi è riuscito a evitare entrambe le trappole grazie a un artifizio che ne conferma il talento di critico musicale e di affabulatore: il dialogo continuo con il lettore implicito. Questi è idealmente una persona che sa di che cosa si parla, sia quando l'argomento sono i Radiohead, sia quando si menzionano generi o sottogeneri, poetiche ed estetiche. Che non strabuzza gli occhi se essi inquadrano parole come indie, post-rock, unplugged, lo-fi o auto-tune. Nè si blocca al cospetto di pagine che disquisiscano di masterizzatori, informatizzazione e Business Processing Reengineering. Questo lettore ideale non è tuttavia un saputello nè un tuttologo, ma una persona che ama ascoltare la musica pop e rock, elettronica e rap, che vuole saperne e capirne di più,  e a cui piace leggere di musica. È qualcuno che sa, inoltre, che scrivere di musica non è, al contrario di quello che provocatoriamente sosteneva l'immenso Frank Zappa, un'attività insensata, paragonabile al "danzare d'architettura", visto che già la recensione di un disco richiede conoscenze, occhio, orecchio e stile. Che infine è bene affidarsi a chi tali competenze le possiede. 


Stefano Solventi le possiede senz'altro, le competenze menzionate, come ne è consapevole - limitandosi alla produzione musicologica -, chi abbia già avuto modo di apprezzare la sua biografia su P.J. Harvey o legga i pezzi che negli anni hanno arricchito testate prestigiose come Il Mucchio selvaggio o Sentireascoltare. Oltre alle competenze ha poi pure garbo, l'autore di the Gloaming, e l'umiltà dell'artigiano. Il suo libro, pur enciclopedico nella messe di dati che contiene, conserva lungo l'intero arco della trattazione un tono medio, amichevole, peer-to-peer. Ti fa credere, il sedicente "scribacchino musicale", di non avere le stimmate del critico. Ciò non è vero, e bastano poche pagine per rendersene conto. Di vera c'è tuttavia la passione per la materia trattata, che non inficia l'indipendenza di giudizio ma al contrario la corrobora. Se per mestiere scrivi di musica, se da decenni non fai quasi altro che ascoltare tutto quello che è possibile ascoltare, se ami quello che fai, allora le tue righe rifletteranno la luce delle epifanie, riverbereranno dei brividi che ti hanno fatto tremare, trasuderanno le lacrime che hai versato.

Solventi ha la capacità di coagulare valutazioni illuminanti in poche parole, che a loro volta vengono selezionate in funzione della loro forza evocativa. Ecco come compendia il valore del disco pubblicato dagli U2 nel 1991: "Il piglio elettronico che d'improvviso stravolgeva la calligrafia della band di Bono, col non piccolo aiuto di uno specialista della metamorfosi sonora come Brian Eno, rendeva Achtung Baby una sorta di breccia aperta sul crogiolo del presente, provocando uno sdoganamento clamoroso dell'underground sintetico in chiave rock" (p. 34). O come rende la pregnanza dell'uso delle sei corde in Airbag, il brano che apre il disco fatto uscire dai Radiohead nel 1997, Ok Computer: "Anche il trillo di chitarre (sorta di mandolini cyberpunk) sprimacciano un riff molto melodioso, quasi da romanza, ma hanno l'aspetto di qualcosa che incombe luttuoso, una perdita, una sigla iniziale che contiene già l'epilogo" (p. 106)".

  La prima delle cose importanti che Stefano Solventi  riesce a fare in questo libro è tenere insieme l'evoluzione del percorso artistico dei Radiohead con le novità tecnologiche che negli ultimi anni hanno stravolto il modo di ascoltare e collezionare i dischi e le canzoni. Leggiamo ad esempio il passaggio che commenta la decisione della band dei fratelli Greenwood di commercializzare in una prima fase l'album In Rainbows (2007) soltanto attraverso uno streaming a offerta libera: "Pragmatico o dimostrativo che fosse, l'evento sortì un clamoroso effetto collaterale: la possibilità di ottenere i file MP3 gratis (e liberi da protezioni DRM) depotenziò l'illegalità fisiologica del file sharing, rendendo concreta la possibilità di un modello distributivo che non prevedesse il pagamento del loro possesso" (p. 223).

Tale evento epocale influenzerà sia la fruizione che la produzione, come viene messo bene in evidenza negli ultimi capitoli dell'opera; e questa è la seconda delle cose importanti di cui a questo libro va dato merito: illustrare in modo meditato e convincente le ragioni di quel "crepuscolo del rock" di cui al titolo. Se infatti, per le vecchie generazioni di appassionati di musica rock, anche negli anni Dieci del nuovo millennio l'attesa e il possesso di un supporto fisico di un album, o comunque il bisogno che un disco racchiudesse una serie di brani in base a criteri poetici omogenei, hanno continuato a costituire un'esigenza estetica condivisa, non è stato più così per i millennials. "Ma bisognava essere ciechi per non vedere che attorno a noi si era ormai consumato un trapasso di portata storica: gli adolescenti, cresciuti senza la ginnastica mentale delle uscite discografiche su supporto fisico, faticavano a concepire che le loro canzoni preferite facessero parte di un discorso più ampio, strutturato su otto, dieci, dodici canzoni. Non ne vedevano i motivi, la necessità, il senso. Benvenuti nell'epoca delle playlist" (p. 253). Il 'playlist-pop' che ne deriva viene confezionato da ensemble di compositori, produttori e arrangiatori che mettono a disposizione dei vari Beyoncè, Adele e Bruno Mars pezzi che vanno incontro ai gusti prevedibili di ascoltatori sempre meno disponibili alla complessità. Il rock continua a esistere, ma riguarda un 10% della produzione discografica, mai comunque così accessibile e ricca di offerte e novità per le masse. 

La terza cosa importante del libro di Stefano Solventi risiede nel suo essere un compendio di quanto di buono - talvolta eccellente -, di meritevole e di innovativo ha inondato la scena della musica popolare del mondo occidentale negli ultimi venticinque anni. È infatti complicato tenersi aggiornati sulle nuove tendenze e sugli artisti emergenti, o non perdere di vista quelli conosciuti e tuttora attivi. Ci si deve per forza di cose affidare a chi ne sa più di noi, meglio se questi non dà giudizi morali e soprattutto se non crede di avere la verità in tasca. Il libro di Soventi, per questa e per le altre ragioni elencate, è la guida che andavamo cercando.

 

 


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