
Simone Carella, Paola Febbraro, Simona Barberini Il romanzo di Castel Porziano - Tre giorni di pace, amore e Poesia
Stampa Alternativa Letteratura Italiana | Poesie
07/08/2015 di Giuseppe Catani
Tra il 28 e il 30 giugno di quel 1979, sulla spiaggia libera di Castel Porziano, nei pressi di Roma, accade qualcosa di formidabile, di inaspettato. Su di un palco pericolante e mal messo, parte il primo Festival Internazionale dei Poeti. Un richiamo per 30.000 persone, una Woodstock della poesia contemporanea. Il Festival si prefigge un solo scopo: lasciare esprimere tutti, dal dilettante al guru di turno. Una sorta di socialismo egualitario grazie al quale chi recita “Cacate sul mare” (componimento realmente declamato in quei giorni) può vantare lo stesso diritto di cittadinanza di una lirica di un Sebastiano Vassalli o di un William Burroughs.
Il romanzo di Castel Porziano è la trascrizione dei nastri audio di tre giorni e tre notti movimentati, la fotografia di una generazione che sceglie di aggrapparsi alla poesia quasi volesse evitare il naufragio. Protagonisti i poeti, quelli improvvisati e i mostri sacri: il nervoso Dario Bellezza, l’evocativo Ignazio Buttitta, la stizzita Dacia Maraini, che taglia la corda senza recitare. E poi le superstar: il sovietico assai fedele alla linea Evgenij Evtusenko, Allen Ginsberg assieme ai compagni di merende beat Gregory Corso, John Giorno, Lawrence Ferlinghetti e Peter Orlovsky. E l’elenco sarebbe lungo. In realtà sul palco sale chiunque: l’imitatore di Corrado Mantoni, i ragazzi della comune dell’Acqua Cheta, Mario Appignani, meglio conosciuto come Cavallo Pazzo… Follia allo stato puro (esilarante il siparietto tra la “ragazza cioè” e il gran cerimoniere Victor Cavallo), tra fischi, invettive, proclami in arrivo da una platea che non fa sconti a nessuno.
La stampa non capisce. Paese Sera, quotidiano di provata fede sinistrorsa, titola: “Un happening un po’ torvo, molto caos e poca gioia”. Ecco, il merito di questo libro è proprio quello di dimostrare la gioia e la vivacità di una comunità di freakkettoni, marxisti, cani sciolti, libertari accomunati dalla volontà di confrontarsi, esprimere il proprio dissenso, ma anche di applaudire, di perdersi in estasi tra i versi di una poesia. Un pubblico pacifico, che non batte le mani a comando, scaraventato in un Festival senza sponsor o padroni da ossequiare. Il romanzo di Castel Porziano, a quasi 40 anni di distanza, restituisce luce su di una manifestazione non totalmente compresa all’epoca, che oggi sarebbe difficile solo da immaginare. Unico difetto dell’operazione: non aver abbinato al libro un documento sonoro. In compenso, basta qualche click sul computer per potersi immergere in quei tre giorni di pace, amore e poesia.