Sarah Pinborough

Sarah Pinborough Omicidio a Whitehall


Fanucci, 2014 Narrativa Straniera | Giallo | fantasy

03/09/2014 di Corrado Ori Tanzi
Una qualche ragione a non schierare la calma e la tranquillità tra le loro qualità più evidenti, gli abitanti di Londra nel 1888 ce la avevano. Soprattutto le abitanti. E in particolare quelle che facevano la vita. No, dico. Non so se avete presente cosa successe nella zona di Brick Lane in quegli anni. Non vi si torcono le budella a leggere solo il nome di Mister Jack the Ripper? Sì, vero? Ecco, ora i/le londinesi quell’anno scoprono che lo Squartatore mica è da solo. Proprio così, ha un segreto ammiratore. Che uccide, squarta, taglia, smembra e non ricompone. E in più filosofeggia.

Lo stesso Jack fa giungere a Scotland Yard una lettera. Ma chi si crede di essere? Io quello ve lo consegno impacchettato. Ci pensasse davvero lui pensa segretamente il quartiere generale perché loro, i poliziotti, brancolano nel buio. Anzi, neanche brancolano, impegnati come sono a cercare di ricomporre le identità delle vittime con l’unica sezione del corpo che il brutale assassino fa loro trovare. E mai che si peschi nel Tamigi una testa o un braccio o una gamba. Eccovi il tronco e buon lavoro, sembra firmare il serial killer.

Per fortuna tra le stanze di SY opera un certo dottor Thomas Bond, il medico legale. Che capisce che solo facendosi ossessionare dall’omicida può incominciare a tratteggiare una sua psicologia criminale in testa e così muovere qualche passo per smascherarlo. Il delitto perfetto è un falso letterario, no?

Membro della British Fantasy Society e della Horror Writers’ Association, Sara Pinborough ci consegna con Omicidio a Whitehall (Mayhem nel titolo originale) un romanzo tesissimo, a tratti brutale, che odora di oppio e intreccia nervi e psiche col sovrannaturale. Intreccio narrativo congegnato come nonna Agatha ha insegnato e poi via, libera discesa negli inferi dell’inimmaginabile, senza pietà per chi, sfortuna sua, si intromette in un disegno distruttivo che tracima tutto e tutti.

Piace la scrittura, la fisicità materica dell’ambientazione, la cupezza dello spirito vittoriano, che di bianco seppe vestire solo le magnifiche case bipianiche che ancor oggi possiamo farci scorrere a fianco quando camminiamo per la città. Per il resto fu il nero il colore dominante. Senza bisogno di scomodare Charles Dickens.

E il nero s’annerisce tra le pagine di questo libro. Blood on the pages e che Dylan mi perdoni. A tratti superba, la narrazione vi prende per manina e vi trascina dentro un quadro gotico da cui risulta impossibile uscire. E la pluralità dei punti di vista di chi si prende la briga di raccontare la storia vi dà la sensazione di essere capitati in un vero e proprio ginepraio fuori dal quale non volete andare finché non sarà vergata l’ultima riga.

È pericolosa Sarah Pinborough. Io vi ho avvertito.

Sarah Pinborough, Omicidio a Whitehall, Fanucci Editore, 336 pagg., 14 euro.

 

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