Rosario Ferré Maldito amor
E/O, pp.109, lire 24.000
di Danilo Manera
Le patrie lettere portoricane del passato si sono spesso nutrite dell'esaltazione nostalgica di tale presunto eden coloniale. La Ferré mostra il fondo reazionario di questo rimpianto, parodiando in "Maldito Amor" le romanticheggianti intenzioni celebrative del notaio Don Hermenegildo, intento a redigere la biografia del suo defunto amico Ubaldino De la Valle, proprietario di uno zuccherificio e statista specchio d'ogni virtù.
A distrarre il cronista e ribaltare la sua versione degli eventi irrompono però le voci di altri personaggi e la narrazione si accende di contrasti, in un crescendo di rancori, passioni, calunnie, inganni, eredità contese e sabotaggi. Dietro la pomposa megalomania razzista dei De la Valle c'è la coda di paglia del padre negro di Ubaldino e costui si rivela un sifilitico politicante corrotto e antidemocratico.
Sono soprattutto le parole delle donne a rivalutare la trasformazione venuta dagli USA rispetto alla miseria precedente, con epidemie, analfabetismo e l'inferno delle piantagioni di canna. Alla mentalità latifondista degli uomini esse oppongono (e qui traspaiono le idee dell'autrice) una nuova identità "portuale" dell'isola, pontile d'immigrazione e d'emigrazione, scalo di rifugiati e zona di contatto tra le razze e le lingue, tra il nord e il sud del continente, che vi potrebbero trovare un laboratorio di dialogo e intesa. Non a caso è la mulatta Gloria, infermiera-prostituta del porto e profetessa del passaggio dalla divisione e dall'arretratezza a un futuro di mescolanza e cambiamento, a porre fine alle menzogne dando fuoco alla casa dei De la Valle e al romanzo di Don Hermenegildo.
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