Roberto Colombari Tempi Selvaggi. Storia di punk e anarchia
Fotografie di Cesare Ferioli, Biblioteca Clueb, 2021, 324 pp., 19 euro Romanzo | Musica
14/07/2021 di Laura Bianchi
Tempi selvaggi, quelli degli anni Ottanta bolognesi (anzi, dal 1980 al 1983), e Roberto Colombari li ha vissuti tutti, intensamente, con una consapevolezza lucida, che ora trasferisce nel romanzo intitolato proprio Tempi selvaggi: seguiamo così la storia di nove ("Potevano esserci 1000mila motivi per quel nome uscito senza nemmeno la maiuscola, ma non ne sapeva nemmeno uno"), sintesi finzionale di tanti personaggi reali, uno skinhead che si trova a vivere il concerto dei Clash in Piazza Maggiore (organizzato dall'allora assessore alla Cultura, padre dell'autore), quello dei Ramones a Reggio, quello, violento, degli Exploited, il raduno Oi! a Certaldo, con le provocazioni di stampo fascista dei Rip Off, oltre alle esperienze a Londra, a stretto contatto con la scena punk, fra occupazioni, scontri razziali e amori, ma anche con la strage della stazione e le lotte anarchiche.
Non mancano le presenze musicali, come i Nabat e i Raf Punk, che costituiscono i riferimenti principali di quei tempi; suoni selvaggi, come chi li crea e chi li ascolta, liberi da convenzioni, tesi non solo e non tanto a scandalizzare i perbenisti (anche se "Skin e punk saranno uniti, gli obiettivi son comuni, questi fottuti perbenisti..." cantano i Nabat), quanto a costruire una scena alternativa, dando ai suoi protagonisti una possibilità, una via di uscita, stretti come sono fra il conformismo e la tossicodipendenza ("L'ero - era dappertutto...", ricorda il protagonista). Lo scrive con chiarezza Steno, il leader dei Nabat, nella prefazione: "erano i Damned era il 1978, rimasi folgorato...quei suoni cattivi erano la colonna sonora della nostra vita di merda".
Quello di Colombari è un volume non solo da leggere, ma anche da guardare, grazie alle soluzioni grafiche con disegni, interventi tipografici, illustrazioni di Cesare Ferioli, che ricordano molto alcune intuizioni futuriste, con la ricerca incessante di spingere il lettore a sovrapporre più punti di vista, più piani temporali, più stimoli acustici e visivi. Un esempio (molto riduttivo, a causa della smaccata inferiorità grafica della nostra impaginazione...) può essere il seguente: "Appena sceso immagino se ne andò subito a casâ’¶ccupata senza preoccuparsi di controllare se le 2 TORRI fossero ancora al loro posto e ti stupirà sco-prire che avesse comprato un regalo a Pantera: proprio così → da una sportina color ciano di THE LAST RESORT spuntò la t-shirt bianca del tour europeo di Hitler (la pensavano entrambi nello stesso modo NO politica SÌ a una risata: più importante una riduzione di 100 lire nel prezzo della birra alla spina [o di un flacone di colla] che un cambio di governo)."
Dalle introduzioni (oltre a Steno, ci sono Laura Carroli (RAF Punk), Oddone Ricci, Marina Zoni), alla postfazione di Riccardo Pedrini, il libro è costruito in modo da avvincere il lettore e farlo riflettere sulla portata non solo emotiva, ma anche culturale di quei tempi; selvaggi, sì, ma tanto più ricchi della "disperata vitalità" di pasoliniana memoria.