Robert Gordon

Robert Gordon Muddy Waters Dal Mississippi Delta al Blues di Chicago


Shake Edizioni - Pagine 438 - 20 Euro Biografie | Musica

22/03/2022 di Marcello Matranga
 Mi piacciono i libri della Shake Ediizioni, gente che lavora per pura passione senza curarsi di quale appeal commerciale possa avere un titolo che possa essere pubblicato. Lo avevano fatto in passato con il bellissimi volumi di Chris Salewicz (Bob Marley, Joe Strummer e Jimmy Page), come anche in tempi recenti con l'illuminante storia di Leadbelly arrivando allo splendido volume sulla Allman Brothers Band scritto da Mauro Zambellini. E non poteva quindi essere da meno questo ponderoso tomo su un'altra delle figure cardinali della storia del Blues, ovvero Muddy Waters. Personaggio intrigante con una storia comune a molti musicisti neri, cui l'incontro con il musicologo folk Alan Lomax non può essere sopravvalutata il vero riferimento  con la fonte del blues del delta del Mississippi.

Negli anni prima e dopo la seconda guerra mondiale, Lomax ha attraversato le chiese, i campi di cotone e i penitenziari del Sud americano, raccogliendo autentici canti di lavoro, canti di prigione, spirituals e folk-blues per l'archivio registrato della Biblioteca del Congresso. Furono gli sforzi pionieristici di Lomax e del suo socio, John Work, a preservare le canzoni e le voci di Blind Willie McTell, Son House e Huddie "Leadbelly" Ledbetter, tra molti altri. Anche se Lomax fallì nella sua ricerca di rintracciare il leggendario Robert Johnson prima che il cantante soccombesse a una dose di whisky avvelenato, fu indirizzato verso il più compiuto erede dello stile di Johnson, ovvero McKinley Morganfield, noto come Muddy Waters. Pensate cosa sarebbe stata la storia della musica se Lomax non avesse mai registrato Leadbelly, l'allora il re dello skiffle Lonnie Donegan non avrebbe potuto appropriarsi di Rock Island Line (per l'appunto di Leadbelly), che a sua volta ispirò John Lennon a formare i Quarrymen. Oppure se Mick Jagger non avesse avuto con sé una copia di The Best of Muddy Waters quando si imbatté in Keith Richards su un treno, la coppia non sarebbe stata spinta a suonare insieme, adottando la canzone di Muddy Rollin' Stone come nome della loro band. Pensate ad un gruppo come i Manish Boys che ai più non diranno nulla, ma che avevano nelle loro file un signore che rispondeva al nome di David Bowie. 

Non son poche poi le analogie che possono riscontrarsi con altri musicistie che del Rock hanno tracciato le coordinate. Pensate al passaggio dal suono acustico quando incontra finalmente un amplificatore, quando Waters ,partendo dalle radici rurali e meridionali del Blues le porta ad approdare ad un sound evoluto fatto di percezioni urbane e industriali. "La prima cosa che volevo quando entravo nei club era un amplificatore", disse. "Si ottiene una cosa più pura da un'acustica, ma si ottiene più rumore da un amplificatore". E poi l'incontro con il discografico ebreo polacco Leonard Chess. A differenza di Lomax, Chess non era né un filantropo né uno studioso, ma un intransigente ex proprietario di nightclub, e non si può certo dire che aveesse una comprensione di quanto volesse significare il blues: "Cos'è questo rumore - di che cazzo dovrebbe cantare?" esplose quando Muddy e la sua band suonarono per la prima volta in studio. Ma questo non impedì ai due di instaurare un rapporto molto intenso che andò avanti per quasi trent'anni.

Un volume ponderoso, mai noioso, che mette in mostra anche aspetti non necessariamente noti sulla figura di Waters, che assunse anche posizioni opinabili nei confronti dei suoi musicisti, rifiutando di concedere loro l'uso di uno dei suoi furgoni per effettuare un tour. Il tentativo, fallito per fortuna, di escluderlo dalle riprese di The Last Waltz, le passioni per il sesso e lo champagne. Questi, insieme a tutta una serie di racconti provenienti dai musicisti che suonarono con lui, dipingono una delle più grandi icone della musica Blues. Accurata la discografia selezionata, e notevole la blbliografia allegata.

Un libro fondamentale per comprendere l'importanza del musicista e la sua influenza su tutta una serie di musicisti che a lui devono tantissimo.