È ormai chiaro e risaputo che il mondo è dominato dalle leggi del mercato e, purtroppo, anche ogni ambito della cultura deve chinare il capo di fronte all'intransigente principio promozione / vendita.
Eppure c'è ancora chi, ingenuamente e caparbiamente, continua a guardare libri, dischi e quantaltro porti con sè tracce di creatività non come prodotti, ma come oggetti carichi di fascino, magie, stimoli, crescite.
Così mi capita che vado a una Fiera del Libro, addocchio un testo tra i tanti che non conosco (ne escono sempre di più, troppi), bella copertina, striscia di presentazione da parte di un media autorevole come Die Zeit, trama intrigante e ricca di spunti.
Il libro in questione è "Agnes" di Peter Stamm, che il rivenditore mi consiglia con viva convinzione mettendomi sotto gli occhi nuovamente la striscia del quotidiano tedesco: "una delle più belle storie degli ultimi tempi".
Lo so, non bisogna mai fidarsi, ma, oltre ad essere affetto di bontà di cuore, male alquanto raro e pericoloso di questi tempi, soffro anche di astinenza da vere letture e questo è un cocktail micidiale che non perdona, soprattutto se assunto in dosi massicce.
Finisce così che mi accingo a leggere "Agnes" tutto d'un fiato, ma in breve mi rendo conto che lo sguardo rallenta sulle righe, non riesco a entrarci; incurante, continuo la lettura nella testarda speranza di qualche punto di svolta, ma niente.
L'idea di partenza è sì ottima, una ragazza uccisa da un racconto, ma la vicenda poi si sviluppa sul più classico dei "m'ama, non m'ama", anzi "torna o non torna".
La scrittura di Peter Stamm è piuttosto anonima, accenna caratteri e spunti interessanti come il rapporto culturale tra Europa (il protagonista è svizzero) e Stati Uniti (lei è di Chicago), ma non va a fondo, lasciando galleggiare le immagini su una superficie incerta in cui gli stessi personaggi vivono, vittime di un'incertezza troppo comune.
Tra le righe del romanzo ne rimangono molti potenzialmente migliori, centrati sulla vitalità della parola scritta, sul rapporto asimmetrico tra uomo e donna, tra desiderio e realtà.
L'assenza di Agnes si materializza proprio con la fine del racconto allo stesso modo in cui la sua presenza si era manifestata nelle prime pagine, e dispiace sinceramente che il suo sia solo un passaggio nella mente del protagonista.
Intendiamoci, non è un brutto libro, ma nemmeno "uno dei migliori degli ultimi tempi": è piuttosto un romanzo come ne trovate tanti ultimamente, difettoso di profondità. Si lascia leggere volentieri, soprattutto se vi piacciono gli intrighi d'amore, ma, se volete essere voi a leggere, vi raccomanderei ben altro.